Chi ricorda le prime auto a batteria vendute in Italia, come la Fiat Panda e la Cinquecento Elettra, potrebbe esser tentato di pensare che queste non siano troppo diverse dalle altre. In effetti, per lungo tempo quelle che abbiamo visto circolare su strada non erano altro che vetture di serie trasformate cambiando il motore e stipando dove si poteva ingombranti e pesanti pacchi di batterie al piombo o al nichel. Ma se la tecnologia da allora ha fatto molti passi avanti, essenzialmente il funzionamento è ancora quello di allora.

La potenza è nella batteria

Guardando all’essenziale, i componenti base di una propulsione elettrica sono tre: il motore (alcuni modelli come le Tesla Model S e Model X ne offrono in opzione due, uno per asse, realizzando quindi anche una trazione integrale), la batteria e l’unità di gestione della potenza (nota anche come inverter) ovvero il dispositivo che gestisce i flussi di energia e trasforma la corrente continua in alternata e viceversa secondo le esigenze di motore e batteria. Paragonandola ad un sistema di propulsione tradizionale, potremmo dire che la batteria sostituisce il serbatoio e l’unità di potenza svolge il ruolo di pompa del carburante ma non sarebbe del tutto esatto. La differenza principale sta nel fatto che in un sistema elettrico il vero motore è in realtà… la batteria stessa. Da questa, e dalla sua capacità di erogare l’energia poi convertita in movimento dal motore, dipendono infatti le prestazioni finali della vettura. Per questo motivo, sostituendo la batteria con una più potente non aumenta soltanto l’autonomia ma anche le performance. A titolo di paragone, è come se un’auto con motore a scoppio potesse diventare più veloce montando solamente un serbatoio più grande.

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Automatica, ma senza cambio

Altra caratteristica di spicco di un’auto elettrica è l’assenza di trasmissione: il motore elettrico, infatti, ha il vantaggio di fornire tutta la coppia motrice di cui è capace nel momento stesso in cui si mette in movimento, e potendo raggiungere regimi anche superiori ai 10.000 giri, è in grado di assicurare un range di velocità adeguato senza bisogno di un cambio con più rapporti. Dunque, è collegato alle ruote tramite un riduttore a ingranaggi dal rapporto fisso, eccezion fatta per le auto da competizione che per estremizzare le prestazioni e raggiungere velocità superiori possono essere dotate di cambi a più rapporti. Naturalmente, si fa a meno anche della retromarcia, perché è sufficiente invertire la polarità per azionare il motore in senso contrario, con il vantaggio teorico di poter avere la stessa velocità e accelerazione anche a marcia indietro. Cosa che non succede unicamente perché le auto sono dotate di un apposito limitatore. In aggiunta, siccome per fermare un motore elettrico basta interrompere il flusso di corrente, non c’è nemmeno bisogno di una frizione che scolleghi la trasmissione. Per questo, i comandi a bordo sono in tutto e per tutto simili a quelli di un cambio automatico semplice: due pedali (acceleratore e freno) e un comando a leva (o pulsanti) per selezionare la marcia avanti o indietro, la posizione di “folle” e quella di parcheggio che blocca la trasmissione impedendo all’auto di muoversi, in aggiunta al freno di stazionamento. Anche la strumentazione, oggi interamente digitale, è diversa: accanto alla velocità non c’è il classico contagiri ma uno strumento tipo voltmetro che raffigura graficamente l’energia erogata. L’indicatore di stato della batteria invece non differisce troppo dall’indicatore di livello del serbatoio. Poche le differenze estetiche, fatti salvi i badge e le sigle che mettono in evidenza lo status di vettura ecologica: la più vistosa è la totale assenza di tubi di scappamento.

Auto elettrica tecnica
Auto elettrica tecnica

Si ricarica mollando il gas

Come ci insegnano le ibride, che condividono con le elettriche pure molte logiche di funzionamento, il segreto per consumare e inquinare meno è ottimizzare l’energia recuperando anche quella che normalmente andrebbe dispersa. Per le elettriche questo diventa addirittura fondamentale per salvaguardare l’autonomia. Dunque, quando si lascia l’acceleratore il motore inverte il suo funzionamento trasformandosi in alternatore e trasforma l’energia cinetica che riceve dal movimento delle ruote in corrente da restituire alla batteria. Questa resistenza determina anche un effetto frenante che rallenta rapidamente l’auto. Se non bastasse tuttavia, le vetture più moderne hanno nel cambio la modalità aggiuntiva siglata “B” (“Brake”), che aumenta ancora la resistenza elettromagnetica offrendo un freno motore più potente utile in discesa che contestualmente accelera la ricarica. Di recente, sulla nuova Nissan Leaf, questa funzione è stata ottimizzata con l’e-Pedal, in sostanza un acceleratore più sensibile che regola anche la forza del freno motore a seconda di quanto si alleggerisce la pressione sul pedale, permettendo di gestire in modo più graduale anche i rallentamenti e, nelle intenzioni della Casa, ridurre al minimo il bisogno di usare i freni. Un elemento importante se consideriamo che sulle auto elettriche tutti quei servomeccanismi normalmente azionati dal motore a scoppio, come appunto il servofreno, sono rimpiazzati da dispositivi anch’essi elettrici e dunque bisognosi loro stessi di energia.

Auto elettrica tecnica
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Una presa, anzi, due

La ricarica della batteria avviene tramite prese di corrente che sulle auto più vecchie a volte poteva essere montata al posto del bocchettone del carburante mentre sulle moderne hanno una posizione più comoda e strategica, solitamente nel frontale, dietro una mascherina. Sotto questa si trovano oggi almeno due diverse prese, una per la ricarica da fonti domestiche che si collega, tramite un caricabatterie fornito con l’auto, a comuni prese di corrente, e una seconda predisposta invece per specifici impianti ad alto voltaggio. Con questi, è possibile ottenere una ricarica più veloce, solitamente l’80% della “capienza utile (un limite imposto per non stressare troppo la batteria stessa e i componenti) in 30 minuti a fronte delle 6-8 ore o più necessarie per una ricarica completa con impianti standard.

Auto elettrica tecnica
Auto elettrica tecnica

Costruite intorno all’energia

Naturalmente, i progressi fatti dalle auto elettriche negli ultimi vent’anni non si devono soltanto allo sviluppo di batterie ma anche della costruzione delle vetture stesse sempre più spesso concepite in funzione del tipo di propulsione. Ormai praticamente tutti i costruttori hanno indicato nell’elettrificazione al via da seguire e per questo negli ultimi anni le nuove piattaforme sono state sviluppate secondo criteri di flessibilità e modularità proprio per poter accogliere tanto le motorizzazioni tradizionali quanto quelle ibride e totalmente elettriche. Lo sviluppo delle batterie, rese più leggere e meno ingombranti, hanno permesso di posizionarle sotto il pavimento (soluzione ideale anche per questioni di sicurezza e di distribuzione dei pesi) liberando spazio sugli assi e nel bagagliaio. Qualcuno tuttavia si è spinto oltre: BMW, con la famiglia “i”, ha concepito un’architettura costruttiva specifica chiamata LifeDrive che prevede due strutture separate per la meccanica e l’abitacolo: quella inferiore (modulo Drive) sostiene motore, sospensioni, batterie, unità di gestione della potenza, in sostanza tutto ciò che fa muovere l’auto. Su questa si monta una cellula/carrozzeria (modulo Life) destinata ai passeggeri. Entrambi utilizzano materiali leggeri come alluminio, carbonio e compositi in abbinamento ad altri ecologici, riciclati ed eco-compatibili, per esaltare lo spirito green anche su modelli premium.

Fotogallery: Auto elettrica, com'è fatta e come funziona