La Maserati ha celebrato il secolo di storia esponendo al Salone di Ginevra la Alfieri, prototipo omaggio al fratello che più ha contribuito alla nascita del Tridente. Una sportiva dallo stile moderno ispirato al fascino di un passato glorioso, quello della Maserati A6GCS/53 firmata da Pinin Farina, come si scriveva allora. Una “berlinetta” assemblata in appena quattro esemplari, ma rimasta negli annali dell'automobile per gli aneddoti che la riguardano e per la bellezza della linea che l'ha resa una delle auto più desiderabili di tutti i tempi.

LA TEMPESTA ALLA MILLE MIGLIA

Il 3 maggio 1952 è fissato il via da Brescia della XIX edizione della Mille Miglia, corsa nata nel 1927 ed entrata nella leggenda con i suoi oltre 1.500 km da percorrere alla massima velocità. Un tragitto che negli anni Cinquanta prevede una tratto veloce fino a Pesaro, uno tortuoso sulle strade appenniniche che passano da L'Aquila e portano a Roma per poi fare ritorno alla città lombarda attraverso la difficile via Cassia e il Passo della Futa dopo i passaggi da Viterbo, Siena e Firenze. Una gara dura resa ancora più difficile dalla pioggia battente che accoglie gli equipaggi alla punzonatura in Piazza della Vittoria. Un acquazzone che non abbandona i concorrenti per i due giorni di gara provocando pericolose uscite di strada e stremando pilota e navigatore. Alla fine i primi a rientrare a Brescia dopo 12h09'45" sono Giovanni Bracco e Alfonso Rolfo al volante della Ferrari 250 S coupé Vignale che hanno condotto alla media di 128,6 km/h. A completare il podio sono altre due coupé, la Mercedes 300 SL di Karl Kling e la Lancia Aurelia B20 Pinin Farina di Luigi Fagioli.

BARCHETTE NELLA PIOGGIA

Malgrado il tempo inclemente, la Mille Miglia del 1952 conferma il proprio fascino e attira a bordo strada migliaia di appassionati. A rimanere delusi dalla competizione sono i piloti Maserati al volante delle performanti A6 GCS, sigla identificativa di progettista, meccanica e destinazione d'uso: “Alfieri”, “6 cilindri”, “ghisa” (materiale del basamento), “corsa” e “sport”. Modelli concepiti nel dopoguerra da Gioacchino Colombo, firma dell'Alfa Romeo 158 e del V12 della Ferrari 166 F2, e che ottengono diversi successi tra le sport prototipi e in altre categorie. Gioielli della meccanica che, però, con la loro carrozzeria barchetta non possono competere con le sportive chiuse sotto i temporali della primavera del 1952.

L'INGANNO AL DRAKE

La tripletta di coupé al traguardo bresciano induce alcuni clienti del Tridente, capeggiati dal conte Paolo Gravina di Catania, a chiedere ai responsabili del marchio modenese di costruire degli esemplari con abitacolo coperto per proteggersi dalle intemperie e poter competere con le accreditate coupé della concorrenza che si sono imposte anche nelle edizioni del 1950 e del 1951 della corsa italiana. L'appello dei facoltosi piloti del Tridente viene accolto con favore dalla dirigenza che vorrebbe affidare l'incarico di “coprire” l'A6GCS all'atelier di Battista “Pinin” Farina, matita che ha già firmato alcuni modelli Maserati del dopoguerra, dalla prima vettura di serie A6 1500 Coupé alla sua evoluzione A6 G 2000. Alla Pinin Farina sarebbero felici di soddisfare le richieste di Maserati, ma c'è un problema. La carrozzeria di Torino ha da poco firmato un accordo con Enzo Ferrari per “vestire” le sue sportive e, sapendo della rivalità tra i due marchi, accettare l'incarico del Tridente significherebbe suscitare l'ira del Drake. Per non indispettire il patron di Maranello viene escogitato uno stratagemma per nascondere il rapporto diretto tra Maserati e Pinin Farina. I sei telai della A6 GCS vengono acquistati da Guglielmo Dei, concessionario romano delle auto di Modena, che provvede a commissionare a Battista la realizzazione delle vetture.

DEBUTTO A TORINO

Con l'ordine che arriva da un privato, la Pinin Farina può lavorare liberamente sui telai del Tridente. Battista si mette subito al lavoro, forse aiutato dal figlio Sergio da poco approdato in azienda dopo avere conseguito la laurea in ingegneria meccanica al Politecnico di Torino. Se l'effettivo contributo di quello che diventerà il presidente della carrozzeria piemontese rimane un mistero, è certo che alla Pinin Farina hanno carta bianca per creare quella che sarà ribattezzata Maserati A6GCS/53. Il lavoro procede rapido, e a pochi mesi dall'incarico la sportiva del Tridente è pronta per debuttare al Salone di Torino nella primavera del 1954. Il risultato è una berlinetta due posti lunga 384 cm, larga 153, ala 86 e con un passo di 231 cm. A piacere è il design filante caratterizzato da forme rotonde e dal frontale con griglia ellittica prominente con al centro l'emblema del marchio destinato a diventare uno stilema del Tridente nei decenni successivi.

L'ANIMA DA CORSA

A stupire i visitatori dell'esposizione della Mole non è solo l'estetica affascinate che rimarrà negli annali del design automobilistico per la perfetta combinazione tra eleganza e impronta sportiva, ma pure la meccanica corsaiola. La base della A6 GCS-53 rimane quella delle barchette da competizione con telaio tubolare con longheroni e traverse, sospensioni anteriori a ruote indipendenti e molle elicoidali e ponte posteriore rigido con balestre longitudinali coadiuvate dalla presenza degli ammortizzatori idraulici. Lo sterzo è a cremagliera, i freni a tamburo con comando idraulico. A muoverla è il motore aspirato 6 cilindri in linea da 1986 cc con tre carburatori Weber, lubrificazione forzata con pompe di mandata e recupero e accensione doppia con due magneti. Un'unità abbinata alla trazione posteriore e al cambio a 4 velocità capace di erogare 170 CV Sae e di spingere l'A6 fino ai 235 km/h grazie anche alla massa a vuoto limitata a 740 kg.

QUATTRO ESEMPLARI SFORTUNATI

Dei sei telai giunti a Torino soltanto quattro si tramutano in A6GCS/53, con la prima (telaio 2056) di colore rosso venduta al più acceso promotore della berlinetta, il conte Gravina. Un esemplare che ha vita breve dato che lo stesso nobile la danneggia seriamente con un'uscita di strada al Giro di Sicilia del 1954 che lo costringe a restituire il rottame a Modena. La seconda (telaio 2057) con carrozzeria blu scuro e tetto azzurro si aggiudica il Concorso internazionale di eleganza di Roma per poi essere utilizzata al Giro dell'Umbria da Piero Palmieri, che conclude settimo lamentandosi del caldo eccessivo dell'abitacolo sotto il solo di giugno. L'esito è che la carrozzeria Pinin è rimossa, ma conservata, a favore di una più ariosa variante barchetta. Non hanno maggiore fortuna gli altri due esemplari. Quella con telaio 2059 di colore rosso con striscia centrale bianca è esposta al Salone di Parigi prima di essere affidata al conte Alberto Magi Diligenti che l'abbandona dopo la deludente Mille Miglia del 1955 dove si classifica al 109° posto. La quarta (telaio 2060), dipinta di rosso con banda blu, ha vita breve prima di assumere le sembianze di una spider.

IL RITORNO ALLO SPLENDORE

La rivincita della Maserati A6GCS/53 arriva con il tempo grazie alla passione di alcuni collezionisti ed estimatori del marchio del Tridente. Tra questi Alessandro De Tomaso che, preso il controllo della Maserati negli anni Settanta, dà l'ordine all'artigiano Onofrio Capanna di Modena di ripristinare il rottame dell'auto del conte Gravina abbandonato nei capannoni di Maserati da decenni. Un altro esemplare è tornato a risplendere ed ora fa parte della preziosa collezione del Museo Panini, mentre le altre due sono di proprietà di privati, uno dei quali americano. Ai quattro modelli originali nel tempo si sono aggiunti altri esemplari (si narra di due o tre auto) costruiti da aziende specializzate nella produzione di repliche.

Fotogallery: Maserati A6GCS/53, il gioiello di Pininfarina