Da sempre amata da regnanti e magnati della finanza e dell'industria, negli anni Sessanta la Rolls-Royce inizia a diffondersi tra le star del cinema e dello spettacolo, come gli attori Ingrid Bergman e Omar Sharif o il baronetto della musica John Lennon dei Beatles. Nuovi divi alla ricerca del comfort incommensurabile offerti dalle austere Phantom V e VI, esemplari dalle linee classiche ereditate dal primo esemplare presentato nel 1925. Uno stile antico in parte rinnovato dal debutto della Silver Shadow del 1965, prima Rolls pensata per gentleman driver (ossia guidata direttamente dal proprietario e non dal chauffeur) e con telaio monoscocca. Un modello certamente innovativo rispetto alla produzione precedente, ma che mantiene le forme arrotondate tipiche del passato che saranno utilizzate pure per la coupé di derivazione, la Corniche del 1971.

LA SCELTA DI PININFARINA

Malgrado l'accoglienza positiva di Silver Shadow e Corniche, il vertice di Crewe è deciso a dare un'immagine più moderna alle vetture firmate con la doppia “R” di Charles Rolls ed Henry Royce. Compito non semplice per un'azienda che ha fatto della tradizione la propria filosofia costruttiva. L'idea è di affidare per la prima volta lo sviluppo dello stile a designer esterni all'azienda o alle carrozzerie che avevano collaborato in passato, come la Mulliner Park Ward. Il problema, però, è a chi lasciare l'onere di definire uno stile nuovo senza stravolgere il Dna del marchio. Dopo lunghe consultazioni tra la dirigenza la scelta cade su una carrozzeria nostrana, la Pininfarina.

UNA CARROZZERIA ALL'AVANGUARDIA

La preferenza per l'atelier fondato da Battista Farina è certo frutto della fama delle creature nate a Torino ed entrate nella storia dell'automobile, come la Cisitalia 202 esposta al Moma di New York o l'Alfa Romeo Spider “Duetto” divenuta star del cinema dopo il film “Il Laureato” interpretato da Dustin Hoffman nel 1967. A convincere i responsabili di Crewe è, però, il nuovo stabilimento di Grugliasco con il Centro di Calcolo e Disegno e la galleria del vento in scala naturale che consente il perfezionamento delle linee aerodinamiche. Una struttura all'avanguardia dal quale sono usciti capolavori come la Ferrari 365 Daytona e che sono in grado di fornire il rinnovo voluto dalla dirigenza Rolls-Royce nel pieno rispetto della storia del marchio.

L'INCARICO A PAOLO MARTIN

Ricevuta la prestigiosa commessa Franco Martinengo, allora direttore del Centro Stile Pininfarina, assegna l'incarico di creare lo stile della futura Rolls-Royce a Paolo Martin. Un designer torinese di appena 26 anni, ma con una lunga esperienza maturata alla corte di Giovanni Michelotti e Nuccio Bertone prima dell'approdo a Grugliasco dove assume fama internazionale per un prototipo avveniristico, la Ferrari Modulo. E' il 1969 e il giovane sta lavorando sulle linee tese della Fiat 130 Coupé che debutterà sul mercato due anni più tardi. Uno studio che, per ammissione dello stesso Martin, influenzerà il design del modello con la “Spirit of Esctasy” sul radiatore.

LA TECNICA DEL “COLLAGE”

Il compito del giovane design si rileva subito arduo. Le disposizioni arrivate dall'Inghilterra sono poche e confuse. Le uniche certezze riguardano la meccanica basata sulla piattaforma e il motore, un V8 da 6,75 litri abbinato a un cambio automatico a tre velocità, di Corniche e Silver Shadow. Il problema è che mancano disegni esplicativi e le uniche specifiche rilasciate sono elenchi di funzioni, strumenti e caratteristiche generali della vettura, per altro scritte in inglese e con misurazioni in pollici. Situazione che si rileva gravosa soprattutto per la realizzazione degli interni. “La parte più difficile”, racconta Martin, “fu l’interpretazione delle funzioni degli strumenti e degli equipaggiamenti richiesti: tutto era in pollici, le funzioni estremamente complesse e inusuali per noi, nessuno conosceva l’inglese o tanto meno i termini tecnici e naturalmente nessuno voleva prendersi l’impegno oltre misura”. Per fortuna Paolo è ostinato e creativo e si mette a realizzare figurini con la tecnica del “collage” dal quale derivano “due versioni in scala 1:1 del cockpit con strumenti posizionati alternativamente in orizzontale e verticale”.

UNA COUPE' DALLA LINEE TESE

Se lo sviluppo degli interni è complicato, disegnare gli esterni non è più semplice. Ad aiutare Martin è l'arrivo alla Pininfarina di una Corniche, modello che viene smontato, sezionato, misurato e studiato nei dettagli. Paolo recupera gli elementi riutilizzabili per la realizzazione della futura maquette in scala 1:1 e si mette al tecnigrafo a tracciare i tratti di quella che sarebbe diventata la Camargue, nome scelto in omaggio alla razza di cavalli allevata nell'omonima regione del sud della Francia. Il lavoro procede veloce e in breve tempo lo stile è definito. Le linee della nuova coupé di Crewe sono tese e marcate in netto contrasto con la tradizione del marchio. Il risultato, però, ha il pregio di conservare la personalità “Rolls” reinterpretata in chiave moderna, fattore che piace agli inglesi che danno il via libera alla realizzazione del prototipo in scala reale. In appena tre mesi Martin, con il contributo morale di Martinengo, definisce ogni dettaglio della Rolls-Royce dell'era moderna.

IL FALLIMENTO DI ROLLS-ROYCE

Se nei primi mesi del 1970 la Pininfarina è pronta per la costruzione del prototipo da destinare ai test drive necessari per la messa a punto ottimale, a rallentare lo sviluppo della vettura è la crisi finanziaria che inizia a colpire la Rolls-Royce. A svuotare le casse dell'azienda è soprattutto il progetto RB-211, un motore per aerei che nel corso degli anni si sarebbe rilevato un successo commerciale, ma che a quell'epoca richiede forti investimenti poco sostenibili per i bilanci di Crewe. In breve la Rolls-Royce è costretta a dichiarare fallimento, evento che sospende il progetto della nuova coupé e sconvolge l'opinione pubblica inglese che vede scomparire uno dei suoi simboli nel mondo. Lo shock non lascia inerme il Governo che emana un provvedimento per salvare l'impresa accollandosi gli onerosi debiti. Una decisione provvidenziale che segna pure un nuovo assetto societario. Il 4 febbraio 1971 il primo ministro Edward Heath, tristemente noto per la sanguinosa repressione di una manifestazione in Irlanda del Nord che costa la vita a 14 persone passando alla storia come Bloody Sunday (domenica di sangue), annuncia la divisione dei due rami di azienda creando la Rolls Royce Motor Cars (auto) e la Rolls Royce Plc (motori aerei).

IL DEBUTTO A GINEVRA

Con il riassetto societario il progetto Camargue può ripartire, anche se per il debutto ufficiale si deve aspettare il Salone di Ginevra del 1975. Una lunga attesa che si conclude con lo sconcerto dei visitatori della rassegna svizzera, in particolare tra gli estimatori tradizionalisti del marchio che ancora oggi faticano a digerire una linea considerata troppo rivoluzionaria. Conservatori a parte, l'imponente silhouette disegnata da Martin piace per l'equilibrata miscela di tratti moderni ed elementi classici, come il radiatore a forma di tempio greco con all'apice la celebre statuetta alata. Commenti positivi suscitano pure la linea filante che rende meno evidente le dimensioni extra della Camargue (è lunga 517 cm, larga 192 e con un passo di 305 cm) e gli interni. Questi ultimi stupiscono per la raffinatezza delle finiture, per l'ampio uso di pelli e legni pregiati e per una dotazione esclusiva che, tra l'altro, ospita per la prima volta su un modello di serie il condizionatore automatico. Unanimi consensi ha la meccanica con il V8 di 90 gradi con due valvole per cilindro e una cubatura di da 6.750 cc reso ancora più potente (il dato ufficiale non è stato mai diffuso) e morbido nell'erogazione dei “cavalli”. Una serie di eccellenze che rendono la Camargue una delle auto più desiderabili del pianeta e, sicuramente, la più costosa. Limite, quest'ultimo, che non impedisce a oltre 525 facoltosi clienti di acquistarla nel corso degli undici anni di produzione, cessata nel 1986.

Fotogallery: Camargue, la Rolls-Royce italiana