Inserita di recente dall'Aci nella lista delle auto d'epoca di interesse storico, la Fiat Duna è ritornata alla ribalta delle cronache rivitalizzando un'arguzia ormai sopita. Humour che ha avuto come primo bersaglio il presidente dell’Automobile Club, Angelo Sticchi Damiani, reo di avere giustificato la riabilitazione della vettura dichiarando “in Italia ne sono rimaste pochissime”. “Forse perché ne hanno vendute pochissime e rottamate tantissime” è stata la pronta replica di chi la considera l'auto più brutta della storia. Un'opinione condivisa da molti, compreso il rampollo della famiglia Agnelli Lapo Elkann, ma che ha concorrenti agguerrite che ne minano il primato. Di certo il modello italiano merita l'alloro per l'ironia scatenata dallo stile poco ortodosso al debutto sul mercato europeo.

DI ORIGINE BRASILIANA

Le sorti di quella che diventerà l'auto più soggetta dileggio degli appassionati ha origine in Brasile, dove il Lingotto ha fondato nel 1976 la Fiat Automoveis, società con sede a Betim, nello Stato di Minas Gerais, che diviene il quartier generale del marchio per il mercato del Mercosur. Qui all'inizio degli anni Ottanta parte il progetto per sostituire la 147, ossia la variante della 127 prodotta in Argentina e Brasile. La scelta dei responsabili è di seguire la produzione europea introducendo sul mercato la Uno. Oltre alla versione classica, è in programma lo sviluppo di una variante a tre volumi, configurazione che tutti i costruttori prevedono nei paesi a basso reddito. Le versioni con la “coda” derivate da vetture del segmento B, infatti, rappresentano i modelli preferiti dalla piccola borghesia locale analogamente a quanto accade in Europa con le berline del segmento C o D. Non a caso, la futura vettura, avrà il compito di sostituire la Oggi, il modello a tre volumi della 147.

UN MIX MECCANICO

Per la realizzazione della berlina i tecnici della Fiat Automoveis prendono come riferimento la Uno, anche se buona parte della meccanica deriva dalla stessa 147 e dalla Ritmo. Una miscela meccanica che prevede una carrozzeria a due porte, due unità a benzina (1.3 da 60 CV e 1.5 da 82 CV) e una a gasolio (1.3 da 42 CV, poi sostituito da un 1.7 da 60 CV) e sospensioni, scocca e pianale rinforzati per supportare al maggiore carico previsto e, soprattutto, per resistere alle accidentate strade del Sud America. Presentata nel 1985 in Argentina come Duna, dove è prodotta dalla Sevel a El Palomar, nei pressi di Buenos Aires, e in Brasile e in altri paesi confinanti con il nome di Premio, la nuova Fiat riscuote un buon successo di critica tanto da essere eletta nel 1986 Carro do Ano, ossia auto dell'anno, dalla rivista paulista Autoesporte.

IL SUCCESSO ARGENTINO

Ad apprezzare il nuovo modello sono pure gli gli automobilisti che consentono a Premio e Duna di ottenere ottimi risultati di vendita. Consegne destinate a crescere con l'arrivo delle versioni a 4 porte, pick-up e furgone, nonché di quella sportiva con unità 1.5 da 90 CV e delle ecologiche ad alcool in Brasile e a metano in Argentina. Un elenco al quale si aggiunge presto pure la “perua”, ossia la familiare ribattezzata Elba nel paese di Pele e Weekend in quello di Maradona. A piacere sono soprattutto la robustezza costruttiva e l'affidabilità rimarcata da numerosi test, come quello che consente di concludere senza problemi la prova di 25.000 miglia (circa 40.000 km) percorsi in 170 ore, 44 minuti e 34 secondi a una velocità media di 146 km/h. Altre attrattive sono la tecnologie evoluta per gli standard sudamericani, i consumi contenuti grazie pure a un Cx di 0,34 e la buona dotazione di serie che, nella versioni top, prevede aria condizionata, chiusura centralizzata e alzacristalli elettrici. Fattori che decretano il successo di Premio e Duna, in particolare in Argentina dove sarà prodotta fino al 2000 (in Brasile la produzione si conclude nel 1996) conquistando per cinque volte la leadership del mercato.

LO SBARCO IN EUROPA

L'ottimo successo riscontrato in Sud America induce i responsabili del Lingotto a valutare l'importazione del modello in Europa. Un arrivo che consentirebbe di allargare verso l'alto la gamma della Uno per andare incontro a coloro che desiderano una berlina robusta a un prezzo accessibile. D'altronde con l'uscita di scena della 128, sostituita nel 1983 dalla Ritmo, manca nell'offerta del marchio italiano una piccola tre volumi economica. L'idea, dunque, sembra buona, anche perché negli anni Ottanta è una consuetudine proporre modelli a tre volumi derivati da auto prive di “coda”, come la Opel Corsa TR, la Renault Megane Classic o la Lancia Prisma realizzata sulla base della Delta. Inoltre, insieme alla berlina arriverebbe pure la station wagon che potrebbe prendere il posto della 127 Panorama, prossima a lasciare il mercato, per andare incontro alle esigenze degli artigiani e delle giovani famiglie. Non ultimo, i più bassi costi di produzione brasiliani consentono di avere un listino competitivo pur mantenendo buoni margini di profitto.

IL DEBUTTO NEL 1987

Nel 1986 i vertici di Torino decidono l'importazione del modello con il nome di Duna in tutta Europa, ad esclusione della Gran Bretagna poiché negli stabilimenti sudamericani non è prevista una linea per la produzione di vetture con la guida a destra. Il debutto sul mercato italiano avviene nel gennaio del 1987 nelle varianti berlina a 4 porte e familiare, con denominazione Weekend. I motori sono il 1.116 cc da 60 CV della Duna 60, il 1.301 cc da 70 CV della “70” e il diesel di 1.697 cc da 60 CV della DS. Per tutte è disponibile un unico allestimento piuttosto spartano che comprende poggiatesta, orologio e, per la wagon, il tergilunotto. Da notare che il modello europeo differisce per alcuni particolari da quello sudamericano, come il tergicristallo doppio al porto di quello singolo presente sui modelli brasiliani e argentini.

L'IRONIA DEGLI APPASSIONATI

L'accoglienza per la nuova Fiat non è dei più euforici. La critica ne sottolinea la convenienza economica e la solidità, ma gli elogi sono pochi in confronto alle perplessità. Più deciso il giudizio del pubblico che rimane spiazzato dal design sgraziato della tre volumi generato da quel baule troppo promunciato che rompe gli equilibri estetici pensati dall'Italdesign di Giorgetto Giugiaro per l'utilitaria Uno. Il risultato è che la Duna diventa subito oggetto di scherno dando origine a una sferzante satira che supera quella già intensa riservata all'Arna dell'Alfa Romeo appena ritirata dal mercato. A contribuire al dileggio è una campagna pubblicitaria poco convincente e con un protagonista che ricorda il ragionier Filini della celebre serie cinematografica di Fantozzi...



Questo spot subisce subito delle parodie più o meno riuscite. Ma a deridere la Duna sono pure calendari ironici, come quello del 1993 proposto della rivista Cuore e numerose freddure come “La Fiat Duna è l'antifurto di sé stessa”, “Se la Duna non va da Maometto, Maometto è più contento”, “La Duna è un'auto di dubbio gusto ricavata da una lattina di birra abbandonata”, “Come si chiama una Duna con il tetto apribile? Cassonetto” o “Perché le Duna avevano il lunotto termico? Per riscaldarsi le mani quando le si spingeva”.

IL RESTYLING DEL 1989

L'ironia sulla Duna pesa sulle vendite, già poco sostenute per la concorrenza di modelli più appetibili anche in casa Fiat, come la stessa Uno o la Regata e la Tipo che sta per debuttare. Un discredito diffuso sulla berlina che coinvolge pure la Weekend, più versatile e con un design più sobrio che suscita meno ilarità. Il risultato è che la tre volumi fatica a trovare acquirenti e la familiare vede ridurre il suo potenziale ottenendo, comunque, numeri di molto superiori a quelli della berlina. A complicare la situazione sono le critiche verso le finiture, un po' approssimative rispetto agli standard europei, e l'emergere di alcuni difetti, in particolare all'impianto elettrico. Comprese le difficoltà, la dirigenza prova a rimediare intervenendo sulle problematiche tecniche e cercando di abbellire la Duna con il restyling del 1989. A cambiare sono il disegno di calandra, paraurti e copriruota, mentre la fiancata è “alleggerita” con l'aggiunta di paracolpi neri, stesso colore utilizzato per i montanti. Piccole migliorie riguardano pure l'abitacolo, per la verità già piuttosto pratico e privo di difetti evidenti. Il lifting non ha l'effetto desiderato, soprattutto sugli ordini della berlina che continua ad essere poco amata, tanto da uscire definitivamente dai listini Fiat nel 1991, appena quattro anni dopo il debutto.

LA INNOCENTI ELBA

Se la berlina è ritirata dai mercati europei per “tornare” in Sud America, la familiare trova nuova vita come Innocenti. Un marchio da poco acquisito da Fiat e utilizzato per la commercializzazione di alcune vetture prodotte all'estero, come la Koral in Serbia, la Mille in Polonia e, appunto, la brasiliana Duna Weekend. Sottoposta a lievi ritocchi che riguardano soprattutto il frontale, viene venduta con il nome di Elba e mossa con i motori della Ritmo, i benzina 1.3 a carburatore da 70 CV e 1.5 a iniezione da 75 CV con marmitta catalitica, nonché il diesel 1.7 da 60 CV che dal 1992 diventa “Ecodiesel”. Unità che sono sostituite nel 1993 con i propulsori benzina a iniezione (quello a gasolio rimane invariato) della Tipo: il 1.372 cc da 69 CV e il 1.581 cc da 75 CV. Altre novità sono rappresentate dagli interni, che ora adottano la plancia della Uno seconda serie, e da una variante con carrozzeria a 3 porte che sarà utilizzata anche per la versione commerciale Elba Van con zona posteriore in lamiera.

IL BRUTTO ANATROCCOLO

La nuova configurazione del modello nato nel 1985 consente di prolungarne la vita per alcuni anni, anche se la domanda rimane piuttosto modesta. In ogni caso, il prezzo contenuto, la solidità costruttiva e la versatilità attirano l'attenzione di coloro che hanno bisogno, soprattutto per lavoro, di un'auto a basso costo che non dia troppi grattacapi. L'Innocenti Elba esce dai listini nel 1997 decretando, di fatto, la fine dell'esistenza della Duna in Europa, mentre in Sud America, come anticipato, la produzione arriva fino al nuovo millennio. A ereditare il ruolo della Duna nel Vecchio Continente sono la Siena e la Palio, due modelli che riscuotono maggiore consenso, ma non riescono a rimanere nell'immaginario collettivo come l'antenata. Perché a volte è più facile entrare nella storia se si è un brutto anatroccolo.

Fotogallery: Fiat Duna, è lei la più brutta del reame?