La pioggia e la neve di questi giorni hanno contribuito ad abbassato il livello di smog nelle città, dove negli ultimi giorni si è dovuto ricorrere ripetutamente al blocco del traffico e alle targhe alterne. Il respiro di sollievo ha portato alcune amministrazioni locali a revocare i provvedimenti inizialmente previsti, come a Napoli o a Bergamo; tuttavia, si continua a parlare di smog, per cui la scorsa settimana è stata istituita una task force che nei prossimi anni metterà a punto un piano anti-inquinamento di lunga durata (qui il piano del Governo). Abbiamo quindi cercato di capire quali sono i rischi per la salute legati al Pm10 interpellando Aldo Ferrara, professore di malattie cardiopolmonari dell’Università di Siena, e coordinatore scientifico dell’associazione European Automotive Medicine (ERGAM), nonché autore di “Long Term Driving” (in editing), che ieri ci ha aiutato a capire di che cosa stiamo parlando attraverso grafici e tabelle che trovate qui.
OmniAuto.it: Smog: si può fare uno “schema storico” di come si sia manifestato ed evoluto il problema inquinamento atmosferico?
Aldo Ferrara: “Ogni epoca ha l’inquinamento atmosferico in funzione delle attività umane antropiche. Nello smog tipo Londra, all’incirca dal 1860 al 1945, con le attività industriali pesanti, i guai si chiamano grosse molecole di particolato, anidride solforosa, anidride carbonica e piogge acide erosive del patrimonio artistico. E così, gli uomini devono combattere bronchite cronica e cancro polmonare. In prevalenza il rischio era limitato ai lavoratori delle miniere, dell’industria siderurgica. Era l'epoca fordista delle fabbriche. Il materiale era grossolano con particolato ad alta molecola, paradossalmente il meno mortale. Dopo la guerrra, lo smog tipo Los Angeles (1945-1985): è un inquinamento da traffico auto a benzina, detto blu. Con ossidi di azoto, monossido di carbonio, anidride carbonica, e patologie quali bronchite cronica asmatiforme, asma bronchiale, cancro. La quota dei soggetti a rischio si amplia interessando automobilisti e addetti alla circolazione, Vigili ed esercenti. Ma ecco dal 1990 al 2010 l’inquinamento da polveri sottili: con l’introduzione del post-combustore catalizzato, sparisce il CO, e appaiono le polveri sottili (PM10, PM2,5) del motore a gasolio e, in parallelo, aumentano le malattie cardio-vascolari e le coronariti. A questo si aggiunga l’inquinamento da metalli pesanti, con malattie che vanno a colpire non solo i soggetti più deboli, come bambini e anziani, ma un po’ tutti. Però esiste un grosso guaio che viene spesso dimenticato”.
OmniAuto.it: Cioè?
Aldo Ferrara: “L’inquinamento atmosferico indoor. Al chiuso. Negli ultimi anni la problematica outdoor si è spostata sull’indoor. Per due motivi. Uno: il post fordismo ha portato il terziario, il telelavoro. Due: le sorgenti del ricambio d’aria sono inquinate, ergo anche gli ambienti domestici e di lavoro non godono di un ricambio d’aria efficace. Gli impianti come ospedali, grandi complessi che hanno un circuito chiuso e soprattutto i grattacieli al di sopra dei 25 piani finiscono per subire la ‘sindrome dell’edificio malato’, a causa della cattiva manutenzione dei filtri. Non per nulla, la prima infezione da Legionella è avvenuta in un hotel di Philadelphia. E questa problematica è ancora più drammatica nell’auto”.
OmniAuto.it: Perché?
Aldo Ferrrara: “Perché l’abitacolo dell’auto si rifornisce di aria da fonti inquinate. Oltretutto, è di uso comune il ricorso al finestrino per cambiare aria in macchina. Manovra poco efficace per il ricambio. Senza considerare il disastro combinato da chi fuma in auto: un suicidio”.
OmniAuto.it: Veniamo al disastro di oggi, nelle città italiane: che succede?
Aldo Ferrara: “Il guaio smog si ripete dal 2000. Anzitutto, il catalizzatore non è una panacea. E poi manca l’adeguamento della flotta dei veicoli pesanti che nella misura dell’80% in Italia sono fermi a Euro 1 o 2. Lo sviluppo motoristico, certamente di misura elevata, non è stato seguito da ulteriore controllo nella preparazione e raffinazione dei carburanti. Attenzione: si dimentica la prerogativa del post-combustore di esaurirsi, specie se non trattato, dopo 40.000-50.000 chilometri. Non si tiene conto della necessità di adeguarsi alle disposizioni dell’Unione europea sulla desolforazione del gasolio che deve cetanizzarsi. Il blu-diesel e l’eco-diesel non contengono concentrazioni superiori al 10-15% di cetano. Finché ci sarà solfo, allora esisteranno sempre le polveri sottili che su quella molecola si aggregano”.
OmniAuto.it: Veniamo alle malattie, oggi, legate allo smog...
Aldo Ferrara: “Le patologie da smog si inquadrano nella malattia epiteliale che i vari gas e particolato attivano sull’epitelio respiratorio, il quale va dal naso all’ultimo bronchiolo. Essa coinvolge sia il naso sia i bronchi, contribuendo ad attivare nel giovane le forme iperreattive che sono asma bronchiale e rinite vasomotoria. Ne sono esperte le mamme di bambini e adolescenti perennemente affetti da rinorrea e periodici accessi di tosse e raffreddore: sono i bambini che dormono a bocca aperta e russano. Ma anche la inalazione occasionale di inquinanti come ossidi di azoto e ossidi di zolfo (Nox e SOx) determina una condizione di infiammazione bronchiale con iperreattività spesso precoce. Come testimoniato in vitro, con aumento eccitatorio delle cellule dell’infiammazione (neutrofili) da parte di questi gas. Se a ciò si aggiunge il fumo, il destino verso forme degenerative come bronchite cronica ed enfisema polmonare è d’obbligo ed anticipata rispetto a un soggetto non fumatore o non residente in aree inquinate. Ma tutto questo è stato surclassato dalla capacità delle polveri sottili di raggiungere il torrente circolatorio e attivare il meccanismo dell’aggregazione piastrinica, evocando sempre più patologia coronarica”.
OmniAuto.it: Per quanto riguarda l’Italia, esistono numeri sulla questione smog?
Aldo Ferrara: “Nel decennio 1980-1990, l’incidenza di patologie respiratorie era pari al 5% della popolazione giovanile, nel decennio 1990-2000 e successivamente al 2010 siamo saliti a percentuali che oscillano tra l’8 e il 10%. Il numero degli allergici agli inalanti è aumentato dal 16% degli anni ottanta al 24-25% di quest’ultimo decennio. Per il cancro, nel 1951 avevamo 7 pazienti ogni 100.000 abitanti; oggi sono 125/140 su 100.000. Fino agli anni Settanta, l’incidenza di patologie respiratorie (cancro compreso) variava parecchio a seconda che si facesse vita rurale o cittadina; adesso, questa differenza si è decisamente attenuata. I bambini che vivono e studiano in prossimità di grandi aree di scorrimento veloce presentano, a 10-12 anni, in periodo pre inizio fumo, alterazioni degli indici di funzionalità respiratoria pari al 20-25%, ossia i volumi polmonari sono già a questa età decurtati di un quarto”.