Diego Armando Maradona e Miami Vice. E' difficile pensare a qualcosa di più lontano, per stile e mentalità, tra il leggendario calciatore argentino nel suo periodo al Napoli e la serie TV americana; eppure, a legarli ci sono ben due fattori. Il primo sono gli anni Ottanta, d'oro per entrambi. Il secondo, quello che ci interessa, è la Ferrari Testarossa. Bianca nel caso di Miami Vice, nera in quello di Maradona, utilizzata per andare a caccia di criminali la prima, per "cacciare" bellezze femminili la seconda. Tutto questo per meglio inquadrare la Testarossa, che è il classico modello che va oltre il perimetro dell'automobile ed entra in quello dell'icona, riconoscibile e riconosciuta da tutti, anche da chi non è appassionato delle quattro ruote ma legge i giornali e guarda la TV. Del resto, con un design così "spaziale", con quella carrozzeria larga e schiacciata verso il basso, gli spigoli vivi e le prese d'aria a tutta fiancata (senza dimenticare il monodado dei primi anni di produzione per fissare le ruote e lo specchietto retrovisore singolo) non poteva andare diversamente.


Testarossa di nome e di fatto


Nata per sostituire la 512 BB, la Testarossa è il primo modello al top di gamma della Ferrari a utilizzare un nome e non una sigla. Nome peraltro ben radicato nella storia del Cavallino Rampante: la prima volta fu utilizzato nel 1957 per la 250 Testa Rossa - scritto proprio così, staccato - per indicare il fatto che le testate del motore fossero verniciate di rosso. Leggenda vuole che a un meccanico avanzasse della vernice rossa e la utilizzò per dare un tocco di colore al motore. Come andarono veramente le cose non lo sapremo mai, di sicuro questo nome porta parecchia fortuna al modello originale, vittorioso in tutto il mondo, ma anche alla sua "discendente" di 27 anni dopo, apprezzata e amata ovunque.


Debutto francese 32 anni fa



Per presentare il suo nuovo modello, nel 1984 la Ferrari sceglie il Salone di Parigi. Come anticipato, la missione della Testarossa è quella di rimpiazzare la 512 BB. In comune con quest'ultima c'è l'architettura del motore a 12 cilindri a V di 180°, pensata per abbassare il centro di gravità e figlia dei successi in F1 di metà e fine anni Settanta, con Niki Lauda e Jody Scheckter. Rispetto all'unità della 512 BB, quella della Testarossa viene rivista a fondo: forte di 5 litri di cilindrata e di quattro valvole per cilindro, eroga 390 CV a 6.800 giri. I numeri sono impressionanti, per l'epoca: 290 km/h di velocità massima, 5,8 secondi per scattare da 0 a 100 km/h e 24,1 secondi per coprire il km con partenza da fermo ne fanno l'auto stradale più veloce in assoluto. 32 anni fa.


Il tocco da maestro di Pininfarina



Qualsiasi meraviglia tecnologica non avrebbe senso senza un design capace di valorizzarla. Ferrari sceglie dunque il meglio su piazza: Pininfarina, che ha l'intuizione di esaltare quelle che sono le caratteristiche tecniche della vettura, invece di "camuffarle". La fiancata è un perfetto esempio di questa impostazione: le vistosissime griglie che la caratterizzano sono quasi un omaggio ai radiatori posizionati ai lati dell'abitacolo, davanti alle ruote posteriori. Si poteva studiare il modo di convogliare aria in quella zona in modo meno appariscente, ma per quale motivo? Un'altra peculiarità della Testarossa è la sua forma, anche se in questo caso, Pininfarina o no, non ci sarebbero state molte alternative: la carreggiata posteriore è nettamente più larga di quella anteriore perché deve lasciare spazio al motore, che a causa della sua V di 180° ha un ingombro laterale immenso. Sta di fatto che la Testarossa stupisce, magari non piace a tutti, ma uno sguardo lo ruba a chiunque. Ed è questo che conta.


Cambio sotto al motore: guidare con cautela


Si diceva prima del baricentro basso garantito dal motore a V di 180°. Peccato che una simile architettura costituisca un bel problema dal punto di vista dell'ingombro: dove si può mettere il cambio, per evitare che l'ingombro sia eccessivo? Gli ingegneri decidono di piazzarlo sotto al motore. Così facendo, però, l'abbassamento del centro di gravità va a farsi benedire. E infatti la Testarossa non è proprio un'auto per tutti: molto sensibile al rilascio del gas in curva, richiede anche molta sensibilità nel dosaggio della potenza. Andare in testacoda è questione di attimi e le gomme 255/50-16 posteriori non è che diano una grossa mano nel contenere i sovrasterzi di potenza né quelli di "inerzia" (per la cronaca, all'avantreno ci sono dei 225/50-16).


Prodotta fino al 1996, prima come 512 TR, poi come 512 M


Nel 1992 la Testarossa viene sostituita: o meglio, in Ferrari parlano di un nuovo modello, ma in realtà si tratta di un restyling, per quanto pesante. La 512 TR (5 come i litri di cilindrata e 12 come il numero di cilindri, TR per omaggiare la Testarossa) è infatti una "replica" del modello originario, con lievi modifiche al muso, ora ispirato a quello della 348. La modifica estetica - ma anche tecnica - più evidente riguarda i cerchi, che passano al diametro di 18" e fanno fare un bel salto verso la modernità alla vettura. Tecnicamente, il motore sale a 428 CV e 491 Nm di coppia, per uno 0-100 km/h in 4,8 secondi e 314 km/h di velocità massima; vengono inoltre rivisti il telaio (più rigido) e le sospensioni. Nel 1994 la TR viene sostituita dalla 512 M, come modificata, che dieci anni dopo la Testarossa debutta sullo stesso palcoscenico di Parigi. Per lei, 440 CV e 500 Nm di coppia, 315 km/h di velocità massima e 4,7 secondi per bruciare lo 0-100 km/h. Il peso rispetto alla TR cala di 20 kg, ma il temperamento di base resta quello un po' selvaggio e indomabile della Testarossa, seppur addolcito e reso più "civile" in dieci anni di sviluppo tecnico. Il 1996 è l'ultimo anno di produzione della Testarossa e delle sue eredi. La Ferrari del resto sta cambiando - proprio nel 1996, la Scuderia di F1 inizia la sua epopea con Schumacher e abbandona il V12 in favore del V10 (per fortuna questo non è ancora avvenuto sulle stradali al top della gamma) - e si sta proiettando verso la modernità.

Fotogallery: Ferrari Testarossa, icona del Cavallino anni '80