La scommessa era - ed è - riuscire a percorrere almeno qualche migliaio di chilometri senza portarla in officina per un guasto. Se fosse una donna, la Ghibli del 1992 (come del resto la Biturbo da cui deriva e rispetto alla quale comunque rappresenta un bel passo avanti in termini di affidabilità) si meriterebbe la definizione di bella, cattiva e dannata. E irresistibile. Se ci si mette l’anima in pace sul fatto che si tratta di un oggetto molto particolare sul quale è meglio non fare affidamento ogni giorno, la coupé italiana regala delle gran belle soddisfazioni; per tornare al paragone di prima, non è che una donna (e un uomo) attraente sia per forza da sposare… Non è un caso del resto se il successo sia piuttosto limitato - 2.380 esemplari venduti dal 1992 al 1997 - e se De Tomaso è costretto a cedere il controllo dell’azienda alla Ferrari, che prima della fine della carriera della Ghibli ha già praticamente terminato il progetto di un’auto completamente nuova, la 3.200 GT. Inizia qui una nuova era, che da quasi tutti (a cominciare dai dipendenti della Maserati) è vista come una manna dal cielo, ma che qualche nostalgico non apprezza per niente.


Un motore da record


I nostalgici di cui sopra sono quelli che ben presto realizzano che il travaso tecnologico da Maranello è destinato ad aumentare (cosa che puntualmente accade), ma forse non immaginano nemmeno che la Ghibli diventerà addirittura una berlina a quattro porte, con tanto di motore turbodiesel. Sì perché lei, la Ghibli dell’era De Tomaso - negli anni Sessanta ce n’era stata un’altra e un’altra ancora, l’attuale, ci sarà appunto in epoca Ferrari - è puro genio, come dimostrano i 306 CV (per 260 km/h di velocità massima) spremuti da un piccolo 2 litri sovralimentato mediante 2 turbocompressori IHI raffreddati ad acqua. Numeri che ne fanno di questo V6, all’epoca, il motore con la più alta potenza specifica in commercio. La Ghibli è anche sregolatezza di un’affidabilità precaria, causata da una meccanica portata troppo vicina ai limiti della resistenza strutturale. Ok, oggi i 150 CV/litro sono (quasi) la regola per motori a benzina e persino a gasolio, ma nel frattempo sono passati oltre vent’anni e, soprattutto, le risorse finanziarie e tecniche di chi osa così tanto (vedi BMW e Mercedes, per citarne due) sono ben diverse da quelle di De Tomaso a inizio anni Novanta.


Dubbio amletico


Il dubbio che sorge di fronte alla Ghibli è questo: ci si trova davanti ad un mostro di prestazioni con la qualità costruttiva di una Lada anni Ottanta o piuttosto a una coupé che rappresenta il punto di riferimento tra le sportive? Chiedetelo a qualcuno che l’ha venduta per disperazione e avrete una sola risposta. Però è anche vero che la carrozzeria, per esempio, non subisce più pioggia e umidità come quella della Biturbo. Non solo: detto che il motore è comunque un monumento alla complessità e alla delicatezza meccanica, se trattato con cura non si rompe con la stessa facilità degli anni precedenti. Detto questo, la scelta di Maserati di esportare la Ghibli solo con il ben più tranquillo 2.8 - sempre con doppia turbina, ma da “soli” 284 CV - la dice lunga sulla fiducia che gli ingegneri stessi avevano nel proprio motore. Insomma, una risposta univoca non esiste e mai esisterà. Diciamo che la Ghibli non è esattamente indistruttibile (oltre al motore, fonte di problemi sono anche l’impianto elettrico, a partire dall’alternatore, e i dischi anteriori soggetti a usura precoce e corrosione), ma su di lei pesa anche la cattiva eredità della Biturbo.


Quattro posti e sospensioni regolabili


Da brava granturismo, la Ghibli non solo accoglie a bordo con materiali ricercati (Alcantara e radica, tra gli altri), ma offre anche un discreto spazio sui due sedili posteriori. Grazie alle sospensioni regolabili, inoltre, la taratura non è mai morbida come quella di una berlinona ma in modalità comfort permette di viaggiare per parecchi km senza problemi. Anche la dotazione di serie è abbastanza generosa, con climatizzatore, specchietti e sedili a regolazione elettrica compresi nel prezzo. Quanto agli aggiornamenti, il più importante è del 1995, quando viene introdotto l’ABS e i cerchi passano da 16 a 17”.

Fotogallery: Maserati Ghibli, quella di De Tomaso