Ci sono automobili che "passano", come passa una meteora, e nessuno se ne accorge. Ci sono automobili "di tendenza" che sono sulla cresta dell'onda per qualche anno e poi, inesorabilmente, lasciano il tempo che trovano. Ci sono auto in perenne ricerca di un successo, che non troveranno mai... e c'è o, meglio, c'è stata la Delta. Nata venticinque anni fa, come ennesima idea innovativa Lancia, casa automobilistica che della "innovazione" ne aveva fatto una bandiera, ha lasciato un segno indelebile nell'automobilismo europeo al punto che, ancora oggi, ci sono schiere di appassionati che l'adorano, quasi fosse una divinità... e non mi riferisco alle "solite" pompatissime versioni Integrale, ma anche ad allestimenti ben più borghesi e gestibili. Il perché quest'auto che, a conti fatti, sembra non avesse niente per emergere - era una semplicissima berlina media, neanche tanto "infallibile" - si sia radicata nella mente di tutti, cercheremo di capirlo di seguito.

La Lancia­­ Delta, con "delta" scritto in greco, esordì al Salone di Francoforte, nell'autunno del 1979, in un periodo molto particolare per la Casa, e per l'automobilismo italiano in genere, che doveva affrontare l'ostilità dei lavoratori negli ambienti produttivi e il generale scarso appeal dei prodotti nazionali, tutti mediamente "vecchi", escluse la Fiat Ritmo e l'Alfa Romeo Giulietta, e afflitti da più di un problema quanto a "qualità globale".
In casa Lancia, la situazione era particolarmente grave: il marchio godeva di una certa notorietà soltanto grazie alla splendida Stratos, la supercar divoratrice di rally che faceva da traino a modelli particolari, coma la Beta Montecarlo, ma che pare non avesse niente da condividere con le altre vetture della famiglia Beta, la berlina, la coupè, la spider Zagato e la HPE, nate a partire dal 1972, che da sole riempivano il listino. C'era, poi, un'autentica out-sider, l'ammiraglia Gamma, insieme alla Ro80 NSU, una delle automobili peggio comprese della storia.
Insomma, il listino Lancia era praticamente "monomodello", occupava un solo segmento di mercato (i numeri della Lancia Gamma, erano trascurabili) ed era necessario, quasi indispensabile, ampliarlo senza sbagliare.

La Fiat, già proprietaria di Lancia da quasi dieci anni, a metà anni '70 aveva già una base meccanica allineata alla filosofia innovativa del marchio: avantreno McPherson, retrotreno con schema a bracci trasversali, puntone di reazione e montante telescopico con molla coassiale all'ammortizzatore (quindi assimilabile quasi ad un McPherson), e motore trasversale con cambio in linea (le unità che verranno installate sulla Ritmo). Il progetto, denominato "Y5", trovò la sua realizzazione nel momento in cui Giugiaro presentò i modelli per la carrozzeria: in meno di 3,90 metri, il designer piemontese realizzò un'automobile dalle linee squadrate, ma dalle proporzioni quasi "ortodosse". La Delta del '79, all'esordio, non colpì: per molti ricordava già altre proposte dello stesso designer (come la Scirocco Volkswagen o, addirittura, l'Alfasud) ma, frutto d'autentica maestria, da qualsiasi angolazione la si osservasse appariva, e appare ancora oggi, sempre e oggettivamente, ben proporzionata e gradevole. La rifinitura cromata di alcuni particolari, conferiva quel tocco d'eleganza tipico della produzione Lancia, che si fondeva perfettamente con la linea moderna e con particolari quasi "hi-tech", come i grandi paraurti in resina sintetica (denominata SMC), in tinta con la carrozzeria e dotati di un inserto paracolpi in gomma nera.

I propulsori, da 1,3 e 1,5 litri, erano gli stessi della Ritmo (che esordì nel '78), rivisti nei condotti di scarico e nell'alimentazione: il 1300 (1301cc) erogava 75 cv mentre il 1,5 (1498cc) ne erogava 85. Sulla contemporanea Ritmo, le stesse unità erogavano entrambe 10 cv in meno oltre che avere curve caratteristiche meno favorevoli. Le ottime qualità dei propulsori e del telaio avevano dirette ripercussioni sulle caratteristiche dinamiche: la Delta era una vettura agile, sicura e gradevole da condurre, oltre che discretamente brillante in accelerazione (nel passaggio 0-100 le versioni 1,3 e 1,5 erano rispettivamente sotto i 13" e i 12") e in ripresa, dove la versione di maggior cilindrata teneva testa anche alla più blasonata Alfa Romeo Giulietta 1,8.

La vettura mostrava tutte le sue debolezze, purtroppo, all'interno: l'abitabilità era globalmente discreta, equiparabile a quella della contemporanea Ritmo, in altezza, però, a causa del particolare design della carrozzeria, non era propriamente definibile "soddisfacente" e diventava, posteriormente, quasi "imbarazzante".
Dal punto di vista delle rifiniture, ferma restando la buona qualità dei materiali, sfoggiava rivestimenti appariscenti, il cui colpo d'occhio era più che discutibile. A questo proposito, molti sicuramente ricorderanno il velluto quadrettato in contrasto grigio-bianco o marrone-avorio dei sedili e dei pannelli porta, utilizzato (ahimè...) anche per rivestire il padiglione, con conseguente riduzione del senso di spaziosità. La plancia, dal canto suo, era giustamente complessa. "Giustamente", perché, un'auto dei primi anni '80 non era definibile moderna se non vantava un cruscotto zeppo di comandi e dal design futurista e, la plancia della prima Delta, non fu un'eccezione, anzi...

I primi anni furono caratterizzati da una continua crescita della gamma: dalle iniziali tre versioni del '79 (1300 economica con cambio a 4 velocità, 1300 e 1500), si passò a cinque nel'82 (con l'aggiunta delle versioni LX 1.3 e 1.5). Il primo aggiornamento arrivò nel 1983, quando fu reimpostata la gamma con nuovi allestimenti, piccole modifiche estetiche e, soprattutto, con l'adozione del nuovo bialbero 1585cc da 105 cv. Il vecchio 1500 fu relegato alla sola versione con cambio automatico. Della vecchia gamma rimase, quindi, soltanto il 1.3 a 5 velocità, seguito dalla 1.5 automatica, dalla 1.6 denominata GT e dalla capostipite delle Delta turbocompresse, ovvero la 1.6 HF Turbo da 130 cv. Inoltre venne realizzata una particolare versione da 1,1 litri, destinata ad alcuni mercati d'esportazione come la Grecia, dove erano favorite vetture di piccola cilindrata.

Intanto, procedeva lo studio, aperto nel '81, di una versione a trazione permanente sulle quattro ruote motorizzata col 1.6 turbo e con nuovi propulsori 2 litri. Da tale progetto, vide la luce nell'autunno del 1986 - ben sette anni dopo l'esordio del modello originario - la Delta HF 4WD dotata dello stesso due litri turbo da 165 cv che spingeva le Thema e Croma Turbo i.e. e forte di una modernissima trazione integrale con giunto viscoso centrale e differenziale autobloccante Torsen posteriore.
Contemporaneamente, il modello perse la denominazione greca per il latino "Delta", le 1600 furono dotate di iniezione elettronica multipoint, che regalò 3 cv alla GT e 10 alla HF Turbo, ed esordì la Turbodiesel dotata dell'instancabile motore Fiat 1929cc da 80 cv.
La nascita di queste nuove versioni, fu l'occasione per consistente maquillage. All'esterno furono adottati paracolpi di foggia più avvolgente, gruppi ottici dal profilo arrotondato (non più piatto come le prime versioni) per gli allestimenti "borghesi", fari tondi e sdoppiati per la 4WD HF e nuove rifiniture dei particolari, come le grondaie brunite o il profilo aerodinamico degli specchi retrovisori. All'interno la complicata plancia del '79 lasciò il posto ad un cruscotto derivato dalla Prisma, ben più razionale ed ergonomico, ma anche meno personale.
Dopo questi interventi, il modello parve rinascere: furono poste le basi su cui crescerà il "mito".

Per tutti gli anni '80 la Delta difese benissimo le proprie qualità, la linea, grazie alle ottime caratteristiche, sembrava non invecchiare mai e le versioni a trazione integrale iniziarono a mietere vittime sulle piste da rally di tutto il mondo: il ritorno in termini d'immagine fu tale e tanto da suggerire al management Fiat di rimandare (di molto...) l'esordio del nuovo modello, il cui sviluppo correva parallelamente a quello della berlina Dedra, già pronta nel 1989.

Intanto, già nell'autunno del 1987, la 4WD cedette il posto ad un'ulteriore versione, sviluppata in ossequio alle nuove norme del Mondiale, dotata di carreggiate larghissime al punto da richiedere passaruota "anabolizzanti", e dal 2 litri turbo, in questa veste capace di 185 cv: è la prima Delta Integrale. Contemporaneamente tornò in auge anche l'allestimento LX per la piccola 1300.

Negli anni successivi, la gamma Delta ruotò praticamente intorno all'Integrale.
Purtroppo quest'ultima era per definizione una versione destinata a numeri oggettivamente limitati anche se, relativamente, ha venduto non poco. Il modello, negli allestimenti meno spinti, iniziava a perdere colpi. Ciò era causato non tanto dal design - sempre ottimo e "immortale" - quanto dalle caratteristiche dell'abitacolo (dalla plancia, alla selleria, alla volumetria interna). Soltanto il ritorno in termini d'immagine, che le vittorie nei rally fornivano a tutta la gamma Lancia (dalla piccola Y10, alle Dedra e Thema), consigliava la sopravvivenza di un'auto ormai incapace di contrastare la concorrenza, sempre più agguerrita e forte di modelli dalla recente progettazione.

Gli ultimi aggiornamenti alla gamma avvennero nel 1991, quando l'Integrale toccò quota 210 cv, venne reintrodotta la 1.5 LX e gradualmente scomparvero prima la 1.3 base e poi l'omologa LX. Contemporaneamente, esordirono le versioni catalizzate relative alle motorizzazioni 1.6 aspirata, 1.6 turbo e 2 litri turbo, che perdevano rispettivamente 18, 8 e 33 cv. A fine '92, in previsione dell'adozione delle normative antinquinamento "Euro1", anche la 1500 LX abbandonò la scena e la gamma venne reimpostata con le sole versioni catalizzate denominate 1.6 i.e., 1.6 i.e. Turbo HF e Turbo HF Integrale. Sopravvisse sino a fine anno la vecchia versione Turbo 16V HF Integrale da 210 cv.

Dopo aver galoppato per anni, dal 1991 la Delta era fuori dalle classifiche, con quote di mercato quasi simboliche.
Nella primavera del '93 il nuovo modello, attorno al quale s'era creata un'aspettativa incredibile, soppiantò le versioni borghesi della vecchia Delta del '79, mentre l'Integrale tornò ai vertici, grazie ad un'iniezione di potenza, che le permise di toccare quota 211 cv, e a piccoli ritocchi estetici che la resero ancor più aggressiva. Queste ultime versioni, denominate vox populi "Evoluzione", solcarono le scene per tutto il '94, affiancata da innumerevoli serie speciali che diedero il definitivo addio al mercato soltanto nei primi mesi del 1995.

La storia della Delta finisce qui... da quest'anno in poi le vicissitudini della Lancia seguono una parabola paurosamente discendente: la nuova Delta, esaurì presto la spinta derivata dall'attesa che le si era creata attorno, la Thema lasciò il testimone alla K, anch'essa soggetta allo stesso destino della nuova Delta, la Dedra resisteva a denti stretti e, ben presto, venne a mancare un modello "di prestigio" trainante per l'intera gamma (come lo sono state le Delta Integrale e Thema 8.32 e Turbo 16v LX). In pochi mesi, a far numeri (e quasi a garantire la sopravvivenza del Marchio) rimase la sola piccola Y.

Nonostante i numerosi e, a volte, contradditori proclami, ancora oggi, a dieci anni dall'inizio di questa inaccettabile "crisi" che affligge il marchio torinese, i risultati quasi tardano ad arrivare. La nuova Ypsilon conferma la stabilità che Lancia ha guadagnato nel settore delle piccole, ma nei segmenti più alti del mercato solo la monovolume Phedra ha ottenuto risultati soddisfacenti, mentre Lybra e Thesis sembra siano inesorabilmente impantanate.
L'ammiraglia, che meriterebbe molto, continua a pagare lo scotto di motorizzazioni ridotte, relativamente alla propria mole, mentre le media, dopo quasi cinque anni di carriera, sembra già stanca di correre. Quel che è peggio che le varie indiscrezioni confermano quest'andamento: sembrano non previste evoluzioni ulteriori della Thesis, la Lybra, molto probabilmente, non avrà eredi; dopo l'esperimento della nuova Delta, terminato nel 2001, non sembra sia prevista una nuova compatta due volumi, la produzione della nuova Fulvia coupè, una grande opportunità per ridare lustro al marchio, non è ancora deliberata e, unica novità confermata, arriverà soltanto la versione Lancia della monovolume Fiat Idea, le cui prime immagini sono diffuse in questi giorni.

Allo stato attuale dei fatti, è lecito domandare...
- Si può ridurre un marchio dalla storia tanto nobile a produrre esclusivamente utilitarie e monovolume compatte?
- Si può dare a Lancia il solo, restrittivo, ruolo di "luxury brand" di Fiat?
Giriamo le domande a chi di dovere...

Fotogallery: Lancia Delta, la storia