Una conchiglia gialla su fondo rosso: non c'è bisogno di essere automobilisti o motociclisti per conoscere il logo della Shell, compagnia petrolifera olandese che riempie i nostri serbatoi da molti anni. Anzi: riempiva. Sì, perché da settembre le aree di servizio giallorosse (l'A.S. Roma non c'entra) cambieranno bandiera, adottando quella gialla, blu e rossa della Kuwait, Q8 come riportato nel brand noto a tutti. I motivi? Commerciali e strategici, come ha spiegato il C.E.O. del colosso anglo-olandese, Ben Van Burden: “Stiamo facendo delle scelte dure nel nostro portafoglio globale per migliorare l'efficienza del capitale di Shell”. Questa spiegazione vi ha convinto? Ecco come Alessandro Gilotti, presidente e A.D. di Kuwait Petroleum Italia (che ha rilevato tutte le 830 stazioni di rifornimento italiane della compagnia olandese e i relativi 220 dipendenti) racconta la stessa situazione da un altro punto di vista: “Questo investimento rappresenta un passo in avanti importante nel rafforzamento della posizione competitiva nel mercato italiano”. Ancora: “L'integrazione degli asset e delle attività commerciali e logistiche accrescerà la forza competitiva di Q8 che beneficerà anche delle sinergie derivanti dall'incontro di culture aziendali diverse”. Italia sì, Italia no, canterebbero Elio e Le Storie Tese; chi avrà ragione fra i due colossi del petrolio? Per alzare il livello culturale delle citazioni, rispondiamo con un bel: “Ai posteri l'ardua sentenza” di manzoniana memoria; sarà il mercato a dire chi ha fatto meglio i conti. In questa sede vogliamo più che altro ripercorrere qualche tappa della storia della Shell in Italia.


1996, il ritorno sulla Ferrari di F1


Il legame tra la Shell e la Scuderia Ferrari comincia nel lontano 1953. Si interrompe per un lungo periodo per poi riprendere nel 1996. Un anno di rivoluzioni a Maranello: via i piloti Alesi e Berger, dentro Schumacher (e Irvine); addio al motore V12, largo al V10; l'obiettivo è di riportare il titolo mondiale in Ferrari, dato che manca dal lontano 1979, da Mauro Forghieri e Niki Lauda. Non sarà semplice, bisognerà aspettare il 2000 e passare attraverso cocenti delusioni all'ultimo GP (1997 e 1999), ma dal 2000 al 2004 è dominio totale da parte della Rossa con le conchiglie gialle “tatuate” sulle pance dei radiatori. Un binomio che le menti del marketing e della pubblicità sfruttano abilmente: ricorderete tutti questo spot in cui monoposto Ferrari di F1 di ogni epoca circolano sulle strade aperte al traffico mentre l'addetto al rifornimento di un'area di servizio Shell, alla fine del filmato, prende i rilievi cronometrici. Il messaggio è chiaro: Shell porta il meglio della tecnologia sviluppata in F1 sulle automobili di tutti i giorni. Il collegamento competizioni-strada è ancora più forte se si pensa alla V-Power, una benzina speciale che promette miracoli, o quasi, a livello di prestazioni e pulizia e durata del motore.


Una benzina più cara del normale? Per Shell si può. E non sbaglia


Alzi la mano chi sarebbe disposto a pagare di più il conto dal distributore per riempire il serbatoio con una benzina o un gasolio (la linea V-Power è stata lanciata anche per le auto con motore diesel) speciale, anche qualora vi garantissero che questo “doping” permetterebbe al motore di rendere di più e di durare più a lungo. Immaginiamo le risposte: “con tutto quello che costa fare il pieno ci manca solo la benzina speciale”; “fino a qualche anno fa, ogni tanto ci stava, ma adesso, tra prezzo alla pompa sempre più alto e stipendio fermo, non ci penso nemmeno”; sono solo due esempi del sentire comune nel 2014. Qualcuno che ancora fa un piccolo regalo al proprio motore esiste sicuramente, ma non ci troviamo nella congiuntura adatta per questo genere di “lussi”. Diverso il discorso nel 2001, quando Shell lancia per prima, sul mercato italiano, una benzina dalle caratteristiche superiori, la V-Power appunto. Grazie a un numero di ottani superiore, questa benzina ha una capacità antidetonante migliore: in pratica, offre maggiore resistenza alle autoaccensioni ed è dunque particolarmente adatta ai motori più potenti. Non è tutto: grazie all'aggiunta di additivi permette non solo di migliorare le prestazioni del motore riducendone i consumi, ma di tenerlo più pulito e, dunque, garantirgli lunga vita. Sui vantaggi (secondo alcuni presunti) di questa benzina si sono accesi molti dibattiti fra gli appassionati, divisi come al solito fra gli scettici – quelli per cui “è solo un modo come un altro per fare soldi” - e i sostenitori convinti, che sentono la propria auto (o moto) improvvisamente più brillante. Tutto finito: prima della fine dell'anno, Shell Downstream (in pratica, la parte di distribuzione della benzina) lascia l'Italia e rimane nel nostro Paese con le linee Upstream, Gas & Power e Lubrificanti.

Fotogallery: Shell e i bei tempi della "super benzina"