Sentirsi vuoti, stanchi, inadeguati o, peggio, inutili, privi di energie e di speranza; avere paura di tornare a guidare o a viaggiare in auto; non riuscire a dormire: essere insomma, depressi. Che c’entra con la guida? Attenzione, può soffrirne chi ha avuto un incidente stradale, anche piccolo. Basti pensare che tra il 5 e il 45% degli adulti e tra il 14 e il 45% dei minori coinvolti in sinistri sviluppano disturbi post traumatici da stress nell’anno successivo all’incidente. Ci si sente in uno stato patologico di abbattimento fisico e psichico. Il 2% delle persone coinvolte in incidenti sono afflitte da “cordoglio ritardato”, ovvero cadono vittima di un profondo senso d’angoscia o depressione solo a distanza di tempo dall’impatto. “Al di là dei problemi legati ai viaggi in auto - evidenzia la dottoressa Stefania Tucci, psicologa psicoterapeuta -, ci sono pesanti ripercussioni sulla vita di tutti i giorni: cefalee, insonnia, incubi notturni, oltre a perdita di interesse per le attività quotidiane e aumento dello stato d’ansia”.

CONSEGUENZE PESANTI

“Il decorso del disturbo post traumatico varia parecchio - spiega la dottoressa Tucci -, in base al soggetto, all’episodio scatenante e, soprattutto, a come viene affrontato: può essere un disordine perdurante per tutta la vita o per poche settimane. Tremendo anche il peso del senso di colpa in chi ha causato un incidente con feriti o morti”. La depressione incide anche sull’abilità alla guida, riducendo la capacità di concentrazione, aumentando l’affaticabilità e l’irritabilità. Può rallentare i movimenti e la reattività. In generale, aggiunge l’esperta, “un paziente che sperimenta un episodio depressivo è incapace di provare piacere nelle attività che in precedenza considerava piacevoli: può essere così anche nella guida. Le persone depresse possono apparire preoccupate e sperimentano sentimenti d’inutilità. Ciò si ripercuote negativamente anche sul loro stile di guida”.

COSA FARE DA SÉ

“Il nostro cervello rettile - spiega la dottoressa Tucci -, quello filogeneticamente più arcaico, ci protegge, al momento dell’impatto e nei mesi e anni successivi, dalle conseguenze più devastanti per la nostra integrità psichica. Eppure, spesso le persone incidentate si rimproverano per non aver fatto nulla per ridurre le conseguenze dell’incidente o per evitare la collisione, o sperimentano un senso di discontinuità del sé. A volte, manifestano per lunghi periodi sintomi di ansia o di terrore oppure, al contrario, di rabbia o collera. Di fronte a qualcosa di spaventoso ogni persona è portata a reagire con meccanismi difensivi che mobilitano una grande quantità di energie: la fuga, la lotta o l’irrigidimento. Ma, rinchiusi nell’abitacolo della macchina, queste reazioni possono essere impossibili o per mancanza di tempo o di spazio”. In ogni incidente, è come se una persona iniziasse un’azione, ma non potesse portarla a termine. “I sintomi a lungo termine del trauma - prosegue l’esperta - si sviluppano nel momento in cui queste energie, votate alla sopravvivenza, rimangono bloccate nel corpo e non sono portate a completa espressione. Si deve provare, in questi casi, a cercare di riportare alla mente in quale momento, per la prima volta dopo l’incidente, ci siamo sentiti protetti e sicuri. Una persona che ci ha soccorso o che ci ha rassicurato, un medico, un amico, il volto di una persona cara che ci assisteva possono aver rappresentato un’àncora di salvezza per la nostra sopravvivenza psichica. Richiamare alla mente questi eventi positivi può aiutarci a uscire dal blocco di paura nel quale ci ha messo l’incidente. Ma se questo non basta, è necessario rivolgersi ad uno psicologo che ci aiuti a superare il trauma che abbiamo subìto”.

QUANDO RIVOLGERSI A UNO SPECIALISTA

In Italia, a differenza di altri Paesi, non si fa molto per affrontare il problema. Le persone coinvolte a vario titolo in incidenti stradali sono spesso lasciate sole a fronteggiare le conseguenze psicologiche di quest’impatto che turba sempre il corso della loro vita. Non esiste nella coscienza collettiva la consapevolezza della gravità del fenomeno. È ovvio invece che occorra affidarsi a uno specialista. Da segnalare il Mip, Maggio di Informazione Psicologica 2013, il mese della prevenzione psicologica in Italia, giunto alla sesta edizione: si tratta della prima e unica campagna nazionale di prevenzione del disagio psichico. Il Mip è organizzato da Psycommunity, la comunità online degli psicologi italiani che quest’anno festeggia i suoi primi 10 anni di vita. Con lo slogan “non c’è salute senza salute mentale”, più di 1000 psicologi e psicoterapeuti tornano per promuovere il benessere psicologico. È un argomento strettamente connesso anche alla sicurezza stradale: questa deriva anche dalla salute mentale dei guidatori, fra l’altro sempre più sottoposti a stress anche per via della crisi e della quotidianità, in aggiunta ai tanti sinistri che ogni giorno insanguinano le nostre strade. È ormai dimostrato infatti che la psicoterapia è in grado di ottenere risultati per la salute pubblica, oltre che per quella individuale, non raggiungibili con altri mezzi, riducendo enormemente il costo della spesa sociosanitaria che grava sul bilancio dello stato e delle aziende pubbliche e private. Il tutto a vantaggio anche della sicurezza stradale. Fra i temi che riguardano la sicurezza stradale, ecco il “convegno” “Guida alla Follia: la psicologia del traffico”, a Torino il 18 maggio, e “Il guidatore: macchina perfetta con tanti bug”, in programma a Roma il 24 maggio.

PIANO COI FARMACI

I farmaci antidepressivi sono utili, ma possono ridurre la prontezza dei riflessi e dare sonnolenza. E non è detto che abbiano sempre le stesse conseguenze: può darsi che un giorno gli effetti collaterali non si facciano sentire, per poi abbattersi all’improvviso.

IL TRAUMA DEL FURTO

Non esiste solo lo choc legato all’incidente, cautela anche col trauma successivo al furto della macchina: quando un ladro porta via la nostra auto è come se rubasse un pezzo di noi, e si potrebbe reagire perfino con la depressione, specie in epoca di crisi. Molte persone, infatti, considerano impropriamente la macchina come un’estensione di sé.

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