“La rivoluzione non è un pranzo di gala”, dice un famoso aforisma richiamato oggi durante l’assemblea 2021 dell’Unione energie per la mobilità (Unem) per fare un paragone con la transizione ecologica. Anche Romano Prodi, uno degli ospiti virtuali all’evento, lancia un allarme sul fenomeno in corso.
L’ex presidente del Consiglio ed ex presidente della Commissione Europea avverte: su questo terreno non bisogna correre. O meglio: durante la corsa non bisogna guardare solo il traguardo, ma tener conto del percorso e, soprattutto, degli strumenti che ci porteranno alla meta. Altrimenti i rischi saranno economici e sociali.
Rischio delocalizzazione
“Noi nel Pnrr abbiamo messo gli obiettivi, ma dobbiamo anche strumentarli”, spiega. Il rischio di andare troppo veloci sulla transizione, trascurando le esigenze di oggi, è che l’Europa non sia più terreno fertile per le aziende, innescando il circolo della delocalizzazione verso zone del mondo con regole meno stringenti.

Un esempio: in passato “l’Unione europea ha speso somme enormi per incentivare il solare, ma poi tutto è stato costruito dai cinesi. Se si generalizza un comportamento di questo tipo nella strategia futura, si distruggono le imprese e la gente ci correrà dietro con i forconi. Come presidente della Commissione Ue – continua – sono stato il primo a volere il protocollo di Kyoto, però dobbiamo ammettere che nessun obiettivo è stato raggiunto”. Perché? Prodi ammette che in quell’occasione, dopo aver fissato gli obiettivi, non è stata data la stessa attenzione agli strumenti.
Tecnologia la parola magica
E poi, secondo l’ex premier, non tutto il lavoro fatto finora è da buttare, perché non esiste una sola soluzione ai problemi, compresi quelli ambientali. Anche in questo caso si può fare un esempio, che stavolta tocca i biocarburanti. Non vanno accantonati, perché il loro contributo alla decarbonizzazione può essere “enorme, però bisogna produrli a costi convenienti o creare leggi che permettano loro di resistere”.
Ma, soprattutto, la chiave del successo verso le zero emissioni saranno le tecnologie, che faranno della transizione “un affare”. Proprio come è successo per la Cina con i pannelli fotovoltaici. Il monito finale è di stare attenti a una “transizione finta o che non tenga conto dei morti”, perché poi “nessuno la reggerà” e il processo verrà interrotto.

Transizione economica e sociale
Dello stesso avviso è Claudio Spinaci, presidente di Unem. Il padrone di casa ribadisce durante l’assemblea che “le misure, oltre a traguardare, devono essere sopportabili per milioni di persone e coerenti con una prospettiva economica”. I rischi? Gli stessi paventati da Prodi: “Bloccare qualsiasi forma di industrializzazione e che la popolazione rigetti le misure”. Magari per la perdita del posto di lavoro, anche se potrebbe sembrare che l’auto elettrica aiuti l’occupazione.
Spinaci chiede quindi che la sostenibilità sia “non solo ambientale”, ma anche “economica e sociale, in modo che non appaia calata dall’alto e non sia rigettata a causa di conseguenze insopportabili”. Quindi, conclude, “non si può fare a meno di tutti i combustibili attualmente disponibili”. Perché la delocalizzazione fa paura.