JDM, ovvero Japan Domestic Market, un acronimo utilizzato per riferirsi al mercato interno giapponese in relazione a merci di vario tipo e, nel nostro caso, anche alle automobili. E volendo proprio solleticare un modello d’epoca, quindi con ben più di 30 anni sulle ruote, il nostro Andrea è andato a scovare una Honda tra le più piccole ma prelibate della storia del Costruttore giapponese, una trazione posteriore che definire “una vera chicca” è assai riduttivo.

Campanilismo nostrano

Erano anni in cui la Honda in Italia era conosciuta per le motociclette e, sebbene il Costruttore giapponese si fosse buttato già dai primi anni 60 sulle automobili, poco era cambiato, fino al 1966, l’anno del debutto della S800 coupè.

Super-compatta, essendo lunga appena 3 metri e 34 cm, questa Honda non venne accolta a braccia aperte in Europa, a causa di uno stile definito all’epoca “tutt’altro che all’avanguardia”. Poco agevole anche l’ingresso, o meglio, la discesa nell’abitacolo, in cui la più compatta corporatura giapponese si faceva sentire rispetto alle taglie europee, mediamente più corpulente.

Girava già alto

Il cuore pulsante della S800 è un 4 cilindri da 791 cc con due alberi a camme in testa azionati da una catena, mentre la carburazione è affidata 4 elementi Keihin, con la potenza massima erogata che è pari a 78 CV a 8.000 giri, mentre la trasmissione annovera un cambio a 4 marce sincronizzate.

E se l’assetto è convenzionale per quegli anni - avantreno a ruote indipendenti e assale rigido dietro - oltre ai freni a disco davanti la caratteristica che più attrae è il peso: 755 kg per la Coupe e 704 kg per la Spider.

Costava come la Giulia GT

Nel 1970 la Coupe in Italia si poteva acquistare per 1.450.000 mila lire e, tanto per intenderci, l’Alfa Giulia GT 1300 costava 1.780.000 mila lire.

Tornando alla piccola-grande Honda S800, attualmente in Europa si trovano più Spider che Coupe, con prezzi che oscillano tra i 18 e i 26.000 euro, escludendo le S800 da completo restauro, offerte a poche migliaia di euro, ma non sempre il gioco vale la candela ora come ora, soprattutto per progetti così specialistici.