Dopo un periodo difficile che ha portato gli eredi di Vincenzo a cedere l'azienda di famiglia a Carlo Pesenti, patron della Italcementi, la Lancia sembra destinata a riprendere i fasti del passato. Siamo alla fine degli anni Cinquanta e l'Italia si avvia a vivere il boom economico che favorisce la motorizzazione di massa. E se operai hanno come riferimento le piccole Fiat nate dalla mente geniale di Dante Giacosa, la 500 e la 600, i ceti medi si orientano verso l'Alfa Romeo e i modelli Lancia. Il mercato, presume Pesenti, è dunque pronto per accogliere un nuovo modello intermedio tra la “piccola” Appia e l'ammiraglia Flaminia che, come consuetudine del marchio di Torino, avrà un nome femminile di un'antica via romana, Flavia

L'IDEA DI FESSIA

Per lo sviluppo della nuova berlina Pesenti si affida al passato, cioè alla tradizione che vuole le Lancia rappresentare l'innovazione tecnologica dell'industria automobilistica italiana. Per farlo punta su Antonio Fessia, ingegnere con una lunga esperienza in Fiat, lasciata perché troppo conservatrice nelle scelte meccaniche. Mentre il tecnico torinese, che ha già fornito un contribuito per la progettazione di Appia e Flaminia, nutre da tempo idee che è desideroso di portare alla produzione di serie. E che ha già sperimentato sul prototipo Cemsa Caproni F11 del 1947 che prevede un quattro cilindri boxer e trazione anteriore. Soluzioni avveniristiche per l'epoca che Fessia intende adottare per la nuova Lancia.

IN ANTICIPO SUI TEMPI

Conscio dell'abilità dell'ingegnere, Pesenti non pone ostacoli ai progetti di Fessia che aggiorna il proprio progetto abbandonando il telaio scatolato per una più moderna scocca portante e innalzando la cilindrata del quattro cilindri contrapposti da 1,1 a 1,5 litri. Il motore è in alluminio, disposto a sbalzo e ancorato al telaio con tasselli elastici per contenere al minimo le vibrazioni. Innovativo pure l'impianto frenante, a doppio circuito idraulico e con quattro dischi, e lo schema delle sospensioni, indipendenti con quadrilateri deformabili all'avantreno davanti e doppia barra di torsione e ponte rigido dietro. Si tratta per lo più di soluzioni applicate per la prima volta su una vettura di serie nazionale e che rappresentano un'eccellenza tecnologica in anticipo sui tempi.

UN DEBUTTO CONTROVERSO

L'esordio della Flavia avviene al Salone di Torino del 1960. Il riscontro di pubblico e addetti al settore è molto controverso. Le critiche riguardano il design voluto da Piero Castagnero, giudicato troppo conservatore dagli stessi lancisti, e la scelta di inserire un'unità di appena 1,5 litri con 78 CV, un po' pochi per una berlina quattro porte di quasi 1.200 kg. Per altri la meccanica è semplicemente eccelsa e la scarsa potenza è irrilevante considerata che la Flavia è pensata per viaggiare nel massimo comfort e non per correre. Quanto all'estetica, le linee tracciate dal designer del Centro Stile sono raffinate, soprattutto nel frontale con doppi fari, e volte alla praticità. Le grandi superfici vetrate permettono una buona visibilità in tutte le direzioni e la distribuzione dei volumi lungo i 4,58 metri di lunghezza consente di usufruire di un ampio vano bagagli e un abitacolo spazioso in grado di ospitare sei passeggeri grazie al cambio al volante e alla panca anteriore. A rendere più confortevole la vita di bordo sono pure l'ottimo livello di finiture e la qualità dei materiali, nonché alcuni componenti poco comuni all'epoca, quali il posacenere corredato di accendino o le luci interne automatiche.

POTENZA OLTRE “QUOTA 100”

Se il dibattito tra estimatori e detrattori prosegue, a decretare la riuscita della Flavia sono le vendite. Malgrado il prezzo superiore a quello della concorrenza dovuto agli elevati contenuti tecnici, la berlina torinese riscuote un discreto successo tanto che i tempi di attesa superano i quattro mesi. Ad attrarre i clienti sono molti elementi, tra i quali le ottime qualità in tema di comfort e piacere di guida. Ma pure le doti di sicurezza attiva garantite da un comportamento stradale neutro e intuitivo e da un impianto frenante superiore a molte sportive dell'epoca. A dare maggiore impulso alle vendite è l'arrivo nel 1963 di un motore più potente, il 1.8 da 92 CV che consente di elevare la velocità massima da 148 a 160 km/h. Un limite superato due anni dopo con l'introduzione della iniezione meccanica Kugelfischer che alza la “cavalleria” a quota 102.

LA SECONDA SERIE

Novità di rilievo arrivano nel 1967, anno del debutto della seconda serie. Lo stile è ampiamente modificato, in particolare nel frontale, ora con forme più assonanti a quelle della Fulvia. Cambiano pure gli interni che usufruiscono di una plancia di nuovo disegno e maggiori elementi di comfort, nonché di un inedito cambio a cloche su alcune versioni. Viceversa, sono confermati i due motori, i 1.8 con carburatore e con iniezione, mentre il piccolo 1.5 esce dal listino senza rimpianti. Un nuovo propulsore, che sostituisce i precedenti, arriva alla fine del 1969, quando Fiat ha acquisito la Lancia. Si tratta di un due litri capace di 116 CV e 172 km/h di velocità massima nella variante a carburatore e di 124 CV e 182 km/h in quella a iniezione.

L'INIEZIONE DIVENTA ELETTRONICA

Formalmente la carriera della Flavia termina nel 1971, anche se in realtà si ha un “terza serie” rappresentata dalla “2000”. Un modello che è l'evoluzione della berlina concepita da Fessia e Castagnero, ma che assume la nuova denominazione per rimarcare il ruolo di ammiraglia Lancia assunto dopo la fine della produzione della Flaminia. Un cambio di nome accompagnato dall'ulteriore rinnovo estetico del “muso” e della “coda” che conferiscono alla berlina un'aria più elegante e raffinata. La novità di maggiore rilievo, però, riguardano la meccanica, sempre rappresentata dal 2.0, ma aggiornato nella messa a punto e, soprattutto, con la variante a iniezione che, per la prima volta su un'auto italiana, adotta un moderno sistema elettronico. Modifiche che consentono alle due unità di avere maggiore potenza (115 CV la variante a carburatore doppio corpo solex, 126 quella con impianto Bosch) e all'unità ad iniezione di consumare poco e offrire prestazioni e un'elasticità di marcia di rilievo per una berlina classica dell'epoca. Unico limite è ancora una volta il prezzo che la pone al di sopra della concorrenza. La “2000” rimane in produzione fino al 1974 per essere sostituita solo due anni dopo dalla Gamma.

LE FUORISERIE DEI CARROZZIERI

A dare lustro alla storia della Flavia contribuiscono le numerose versioni realizzate dai più celebri carrozzieri dell'epoca. La più nota è la coupé proposta da Pininfarina dal 1961 e che rimane in produzione fino al 1974 seguendo le evoluzioni stilistiche e meccaniche della berlina. Una gran turismo raffinata che nel 1971 diventa la Flavia (in realtà si chiama 2000 Coupé) più veloce di sempre (200 km/h) e il primo modello a fregiarsi della sigla HF della Squadra Corse Lancia. Una variante che ottiene qualche risultato di rilievo nei rally prima di cedere lo scettro alla più agile Fulvia Coupé HF. A distinguersi con onore nelle gare è pure la Sport, modello realizzato da Zagato dal 1962 al 1967 e caratterizzato dalla carrozzeria aerodinamica in alluminio disegnata da Ercole Spada. Dedita al puro piacere di viaggiare open air in pieno relax è la Convertibile, variante cabriolet a quattro posti uscita dalla matita di Giovanni Michelotti mentre è alle dipendenze della Vignale. Un modello costruito dal 1962 al 1967 in appena 1601 esemplari che rimane ancora oggi tra le Flavia più ricercate nel mercato delle auto storiche.

Fotogallery: Lancia Flavia, tecnica rivoluzionaria