Giulietta, Giulia, 33, 8C… sono alcuni nomi di modelli gloriosi che Alfa Romeo ha riproposto negli ultimi anni, dimenticandone tuttavia uno: Montreal. Era "la nuova Gran Turismo Alfa Romeo" come si raccontava alla presentazione a Ginevra nel 1970, rimasta per anni - tra gli alfisti - un'icona di auto sportiva con una meccanica "di nobili origini", che oggi viene riscoperta dai collezionisti di auto storiche di tutto il mondo.
Nata per caso
Per risalire alle origini del nome occorre fare un passo indietro al 1967, quando l'Alfa Romeo fu l'unica casa automobilistica invitata all' EXPO di Montreal – in Canada – per proporre una vettura che rispecchiasse "la massima aspirazione dell'uomo in fatto di automobili". Si aspettavano moltissimi visitatori - che al termine dei 6 mesi del Salone mondiale furono quantificati in 50 milioni: l'auto riscosse un tale successo da convincere i vertici Alfa Romeo a dare un seguito produttivo a quello che doveva essere solo un esercizio di stile. Non prevedendo una produzione, sui prototipi era stato montato un motore della Giulia che tuttavia era poco adatto per una vettura con tali potenzialità; così gli uomini Alfa Romeo si misero subito al lavoro per proporre un'auto all'altezza di tale ambiziosa affermazione. Dietro al progetto Montreal hanno lavorato personaggi oggi diventati leggenda: Nuccio Bertone, la cui carrozzeria ha realizzato le scocche, Marcello Gandini, designer della Montreal, Orazio Satta Puliga, capo ingegnere Alfa Romeo, Giuseppe Busso, responsabile tecnico del progetto Montreal e, infine, Carlo Chiti, proprietario dell'Autodelta, nonché responsabile del progetto 33 da cui deriva l'8 cilindri della Montreal.
L'anello mancante in casa Alfa Romeo
Per dare forma alla vettura presentata all'EXPO, l'Alfa Romeo si affidò alla Carrozzeria Bertone, che già aveva firmato il grande successo che fu la Giulietta Sprint, poco più di un decennio prima. Il risultato fu una Gran Turismo di classe, attuale e futuristica, in totale rottura con lo stile contemporaneo Alfa Romeo. Autore delle linee fu il capo dello stile Bertone, Marcello Gandini, reduce dal recente successo della Miura, modello con cui la Lamborghini si era presentata al mondo nel 1966; le similitudini tra Miura e Montreal sono facilmente visibili nell'andamento laterale, nella coda tronca, nel taglio delle portiere e dei finestrini oppure nelle prese d'aria sui fianchi. Bassa, larga e lunga - confrontata con le dimensioni dell'epoca -, la Montreal era una 2+2 con un muso particolarmente aggressivo grazie al parabrezza molto inclinato e alle grigliature sui fari, sperimentate da Bertone poco prima nella concept Porsche 911 Roadster.
"Cuore sportivo", come da tradizione
Sin da subito – segretamente – tutti i tecnici coinvolti nel progetto sognavano di montare sulla Montreal il prestazionale motore 8 cilindri progettato per l'Alfa 33, la sport che in quegli anni conquistò numerosi successi nel Campionato Mondiale Marche. Con la commercializzazione della Montreal il sogno divenne realtà, anche se non fu affatto semplice adattare quella meccanica su una vettura progettata per montare un 4 cilindri. La versione definitiva della Montreal fu presentata nel Marzo del 1970 al Salone di Ginevra: la novità in fatto di stile fu in parte persa dopo tre anni di riprogettazione tecnica, tuttavia l'auto piacque al pubblico poiché regalava all'Alfa Romeo una nuova GT, in grado di confrontarsi con la Porsche 911, la Dino Ferrari, la Dino Fiat o la Jaguar E-type. Il motore 8 cilindri a V di 90° in alluminio da 2000 cm3 della 33 da competizione fu "civilizzato" portandolo a 2600, con 200 CV a 6500 giri, capaci di spingere l'auto oltre i 220 km/h. Iniezione meccanica, accensione elettronica, cambio a 5 marce con autobloccante e quattro freni a disco, completavano la raffinata meccanica di quest'auto, vera e propria "macinatrice di chilometri" senza il minimo problema.
La vera Gran Turismo
Ancora oggi guidare la Montreal è piacevole, si riscopre lo stile di guida anni '70: poca aerodinamica, sterzo non precisissimo, coricamento in curva e freni… non da record! La guida ad alta velocità invece è complessa, a causa di un alleggerimento dell'avantreno che, nonostante il peso del motore, dà una sensazione di galleggiamento poco piacevole; l'8 cilindri invece ha tutt'oggi un'elasticità degna delle moderne fasature variabili: il suo rumore, poi, ripaga tutti i difetti soprattutto quando si superano i 5000 giri, soglia ideale per divertirsi e provare a mettere in crisi questo "bestione" da 1.270 kg. Il comfort si apprezza soprattutto seduti nell'abitacolo, caratterizzato da finiture di alto livello per l'epoca: vetri elettrici, aria condizionata, luci di cortesia, clacson bitonale, due grandi strumenti circolari per mantenere tutto sotto controllo ed un volante in legno a calice Hellebore, tipicamente Alfa.
40 anni senza gloria
Sono state meno di 4.000 le Montreal prodotte dal 1971 al 1977: questi numeri, al di sotto delle aspettative della casa, furono dovuti soprattutto alla crisi energetica che dal '73 in poi penalizzò le vetture di grossa cilindrata; difatti la maggior parte delle Montreal sono state prodotte prima della crisi, per poi essere vendute fino a terminare gli esemplari rimasti. Se aggiungiamo poi un prezzo elevato (5.700.000 lire nel '73) si possono comprendere i motivi dei bassi numeri di produzione: non un flop, come si direbbe oggi, ma una serie di cause di forza maggiore, che non hanno reso giustizia a questo modello. Dimenticata e bistrattata dagli anni '80 agli anni 2000, la Gran Turismo del "cùmenda milanese" ha dovuto attendere oltre 40 anni per tornare a far parlare di sé, riaccendendo gli animi dei collezionisti italiani ma soprattutto stranieri.
[In collaborazione con GulfBlue - Foto, Gianni Mazzotta]