L'idea di potersi muovere con un'automobile lungo percorsi impervi e difficoltosi, è vecchia quanto il concetto stesso di automobilismo. Dopo anni di sperimentazione, i primi veri impulsi a veicoli affini a questa filosofia giunsero dagli ambienti militari (insospettabile "fucina" di novità ingegneristiche), nel periodo compreso tra la Prima e la Seconda Guerra Mondiale. Nacquero così, in seno ai vari eserciti nazionali, i più disparati veicoli multiuso: da versioni "estreme" di autocarri civili, a grosse vetture 4X4, o addirittura 6x6, destinate al trasporto di persone, fino a piccole automobili anfibie. In realtà tutti questi veicoli risentivano di una progettazione estremamente orientata e "specialistica". Un solo mezzo riuscì a centrare l'obiettivo: la GP/MB, prodotta dalle statunitensi Ford e Willys Overland e da subito chiamata Jeep, usata in massa dall'esercito USA su territorio Europeo durante la Seconda Guerra Mondiale.
La duttilità della Jeep e l'enorme numero di esemplari che gli americani abbandonarono in Europa alla fine della guerra, indusse i disastrati eserciti europei ad adottarla come veicolo da ricognizione. Fu così che nacque, per l'Esercito Italiano, la categoria delle A.R. (Automezzo da Ricognizione), almeno nell'accezione moderna del termine.

LA 1101 - CAMPAGNOLA

Le prime AR del dopoguerra furono proprio le Jeep Willys che, ricondizionate, furono impiegate dai reparti motorizzati delle Forze Armate e di Polizia. Ma l'Italia stava lentamente risalendo la china e così, per la fornitura di AR per l'anno 1951, fu indetta una gara d'appalto cui parteciparono l'Alfa Romeo e la Fiat, con autoveicoli multiuso progettati in casa. L'Alfa realizzò la "Matta", mentre la Fiat si presentò con la 1101 Alpina, da subito rinominata "Campagnola", per sdoganarla da un'immagine troppo militare. Entrambi i modelli erano spinti da motori a benzina da 1.9 litri, e ispirati in tutto e per tutto alla Jeep americana.

Tra le due, la prescelta fu la 1101 Fiat, che venne omologata a pieno titolo dalla motorizzazione militare come AR51. Per dare un senso anche al progetto "Matta", per la cui realizzazione l'Alfa Romeo (già azienda di Stato) investì cervelli e capitali, si provvide ad omologare anch'essa come AR51 e AR52 (il numero indicava l'anno dell'omologazione militare) e ad impiegarla circa 2000 unità.

La Campagnola Fiat, per la quale sarebbe iniziata una brillante carriera, fu impiegata in massa dalle Forze Armate, dai Vigili del Fuoco, dalla Polizia di Stato, che le riservò un posto nei reparti celeri e speciali, dalla Guardia di Finanza, con funzioni di automezzo di supporto soprattutto nelle zone di confine e dall'Arma dei Carabinieri, che la distribuì ai reparti impegnati in Sardegna e nei nuclei mobili. Il progetto portava la firma del compianto Dante Giacosa, a muoverla c'era il 1.9 litri a benzina della Fiat 1900, depotenziato a 53 cavalli, installato su un telaio a longheroni. Le sospensioni anteriori a ruote indipendenti e posteriori a ponte rigido, accoppiate alla trazione integrale e a dimensioni compatte (con un passo di soli 2.3 metri), regalavano alla fuoristrada italiana una grande mobilità. La trasmissione del moto alle ruote avveniva mediante giunti cardanici, poco adatti alla marcia sull'asfalto, dove mostravano una preoccupante fragilità. Dopo due anni, la Fiat decise di affiancare al motore a benzina anche un diesel, già usato dalla Fiat 1900 Diesel e dal contemporaneo furgone Fiat 615. Con appena 39 cv, la Campagnola Diesel non raggiungeva i 100 orari.
Il 1955 fu l'anno della AR55. La nuova omologazione militare avvenne in concomitanza con l'adozione di 1.9 a benzina potenziato a 62 cv, tanto da permettere alla multiuso torinese di superare di slancio i 115 km/h, mentre il modello del 1959, AR59, fu il primo ad usufruire di una distribuzione capillare in seno all'Arma dei Carabinieri: fu l'auto che motorizzò i piccoli Comandi Stazione di paese.

La Campagnola, la cui versione civile fu presentata alla Fiera del Levante di Bari nel 1951, era disponibile con tetto in tela (la Torpedo) o con tetto rigido in lamiera. L'arredamento interno era spartano, con i rivestimenti praticamente limitati ai soli sedili.

LA 1107 - NUOVA CAMPAGNOLA

Gli ultimi sviluppi della 1101 furono del 1973, quando fu adottato un nuovo motore da 80 cv. L'anno successivo la Fiat presentò al Salone di Belgrado la 1107, "Nuova Campagnola". Seppur presentata come una semplice evoluzione della vecchio modello, la 1107 era in realtà un fuoristrada del tutto nuovo. Innanzitutto poteva vantare una scocca autoportante, il che se da un lato imponeva qualche rinuncia in termini di rigidità, dall'altro garantiva angoli d'attacco e, in generale, un dimensionamento migliore dell'intero corpo vettura, che vantava, fermo restando il carattere estremamente spartano dell'insieme, migliori finiture. Le sospensioni diventarono a ruote indipendenti sulle quattro ruote, con elementi elastici a barra di torsione, mentre furono adottati i differenziali anteriore e posteriore autobloccanti, con trazione posteriore e anteriore inseribile. Il cambio poteva fregiarsi di un rapporto di riduzione estremamente corto. I propulsori furono presi dalla contemporanea gamma Fiat: all'inizio ritroviamo il 2 litri di derivazione Fiat 132, depotenziato a 80 cv, ma con una coppia di 15 kgm a soli 2800 giri che, a partire dal 1978 potè utilizzare un nuovo comando della distribuzione a catena (vista la fragilità della cinghia in caso di guadi). L'anno dopo fu modificata la campanatura posteriore, per arginare lo storico problema della fragilità dei giunti e fu adottato un diesel di produzione Sofim, derivato dai propulsori montati sui commerciali Fiat e Iveco, di 2445 cc, con 72 cv, oltre ad un nuovo cambio a cinque rapporti per sfruttare meglio il motore a benzina. La Nuova Campagnola, disponibile in versione telonata, con tetto rigido e in due dimensioni di passo, fu omologata dalla motorizzazione militare nel 1976 ed è quindi nota come AR76 e AR76/A (i modelli post 79) e fu utilizzata come vettura da ricognizione, ambulanza e automezzo di servizio anche in versione blindata (come d'altronde poche unità della serie precedente).

Su base Nuova Campagnola la Renault costruì il proprio fuoristrada che presentò, in concorrenza con Peugeot (che approntò una versione della Mercedes G), per l'esercito francese. La scelta ufficiale ricadde sulla proposta Peugeot, ma, come già successo in Italia anni addietro, l'esercito francese omologò ed acquistò in alcune unità anche il modello derivato Fiat con marchio Renault, visto che quest'ultima era a partecipazione statale.

La produzione della Nuova Campagnola durò fino al 1987, anno in cui si decise, inspiegabilmente, che la Fiat - orientata in altre direzioni - non avrebbe più prodotto una fuoristrada (in realtà fu la prima di una serie di decisioni poco assennate che in poco più di un decennio avrebbero affossato il primo produttore nazionale).

LE ALTRE

Intanto l'aria di lassismo che aleggiava intorno alla Campagnola, aveva iniziato a farsi sentire già da qualche anno. Fu così che grandi e piccole realtà nazionali per tutti gli anni '80 iniziarono la sperimentazione di un proprio fuoristrada (fiutato l'affare delle forniture alle Forze Armate, che stentavano a rivolgersi a costruttori esteri).
La Lamborghini presentò il suo improponibile LM002, un fuoristrada di lusso ad elevatissime prestazioni, che trovò posto solo nei piccoli eserciti di qualche ricco emirato arabo, mentre la ACM, assemblava in Italia i fuoristrada della rumena Aro, motorizzati con propulsore Volkswagen, e ne migliorava gli allestimenti: venivano commercializzati con il nome Aro-Ciemme Ischia.

Qualche anno dopo, la medesima azienda strinse un nuovo accordo con la Casa di Wolfsburg per produrre un proprio modello su meccanica Golf Country. Nacque la Biagini Passo, un divertente e interessante piccolo SUV realizzato abbinando alla meccanica Golf Country (montata su un apposito telaio tubolare), la scocca con carrozzeria opportunamente modificata, della Golf Cabrio: l'idea c'era ed era ben fatta, ma la realtà industriale era troppo striminzita per garantire grandi numeri.

Non ultimo, Bertone propose la propria Bertone Freeclimber, costruita sulla base della Dahiatsu Feroza, con installato un propulsore BMW: la sua applicazione fu vagliata anche dai Carabinieri, che ne omologarono a titolo sperimentale alcune unità (proprio in vista della progressiva sostituzione delle Campagnola).

Ma, forse, la migliore operazione "fuoristrada post Campagnola", riuscì a realizzarla la carrozzeria Fissore che, su meccanica Iveco Daily 4x4, realizzò un interessante SUV, dalle linee moderne e dagli allestimenti di pregio. Presentato alla stampa alla fine del 1984, con marchio Iveco e senza una denominazione precisa, questo modello esordì ufficialmente al Salone di Torino del 1985 con il nome di Rayton-Fissore Magnum. La telaistica e l'intera catena cinematica era quella del Daily, con alcune modifiche alla trasmissione e l'adozione di propulsori diesel e turbodiesel Sofim da 2.5 litri, nonché del potente 2.5 V6 a benzina Alfa Romeo. La carrozzeria era moderna, anche se non molto originale, con interni spaziosi e rifiniti con materiali di pregio.
Il Magnum, che nei primi anni incontrò anche un discreto successo di mercato in versione civile, soffriva gli effetti di una produzione artigianale che spesso non garantiva qualità e affidabilità a livelli accettabili. Nonostante tutto, fino ai primissimi anni '90 fu acquistato in poco più di mille esemplari dalla Polizia di Stato, per poi essere gradualmente sostituito dai Land Rover Discovery. Nessun riscontro ebbe invece la versione torpedo VAV, realizzata per applicazioni militari.

Sul mercato questa esotica SUV ante-litteram resistette fino al 1993, poi iniziò lentamente a scomparire dai listini fino alla chiusura della Rayton-Fissore (trasformatasi in Magnum Industriale). Oltreoceano visse invece una seconda giovinezza: le scocche prodotte da Pinifarina, prima, e dalla Magnum Industriale, poi, venivano abbinate a grossi V8 di derivazione Ford o GM, e venduti con l'esotico marchio LaForza. Nel 2001 dalla LaForza l'idea di aggiornarne le linee e di riprenderne la commercializzazione anche in Europa: fu creata una filiale in Italia, mediante l'acquisizione della morente Magnum Industriale, ma il progetto si arenò due anni dopo.

Intanto la motorizzazione militare aveva già omologato una nuova AR: la AR90, ovvero il Land Rover Defender a passo corto. Anche l'Esercito Italiano si era convertito al Defender (e con esso, le Forze di Polizia). Fu la fine di un'epoca.

L'idea di non produrre più una fuoristrada iniziò ad essere giudicata non proprio geniale, e così in Fiat iniziò la sperimentazione di una nuova torpedo. Per un paio d'anni, tra il 1993 e il 1995 si videro in giro per Torino dei muletti molto simili a delle Panda 4x4, con carrozzeria aperta e dimensioni più abbondanti, ma l'idea rimase fine a se stessa: a partire dalla seconda metà del decennio la Fiat si tuffò nella più pericolosa crisi della sua storia, e ripenserà al 4x4 solo con la recente Sedici, di derivazione Suzuki.

Così siamo arrivati nel 2000. E da una morente DeTomaso giunse la notizia della joint-venture con UAZ per assemblare nel Meridione la fuoristrada russa Simbir, migliorandone i contenuti tecnici e adottando un motore Iveco turbodiesel ad iniezione diretta. Anche in questo caso la notizia è rimbalzata per un po', tra proclami e rimandi. Ma l'unica cosa certa fu che la DeTomaso, nel frattempo, chiuse i battenti.

Insomma, dalla fine della Campagnola, nonostante i numerosi tentativi, sembra che nessuno sia stato in grado di riuscire pienamente nell'operazione di rinascita di un vero fuoristrada italiano. L'ultimo tentativo, in ordine temporale è del 2007, firmato Iveco: la Massif.
Realizzata sulla base della Santana PS10, a sua volta derivazione opportunamente aggiornata della Land Rover Defender con motore common rail Iveco da 2.8 litri, la Massif sembra la miglior candidata a rinverdire i fasti della Campagnola. Sarà commercializzata a partire dalla seconda metà di quest'anno, dopo aver superato i capitolati di fornitura per le Forze Armate e di Polizia e per lei si parla di ripescare il nome Campagnola e di utilizzare per le versioni civili anche marchio Fiat.
Sarà la volta buona?

Fotogallery: La Fiat Campagnola