Se oggi gli estimatori di Opel possono scegliere tra diversi modelli con design curati che conferiscono al marchio un'immagine di pregio, alla fine degli anni Cinquanta la gamma Rüsselsheim è costituita solo da berline datate e poco attrattive. Una carenza che la dirigenza della casa tedesca inizia ad affrontare nel 1957 con l'introduzione sul mercato della Rekord modello di fascia medio-alta che rimarrà sul mercato fino al 1986. Ancora più incisivo è il debutto nel 1961 della compatta Kadett (1961) che sarà prodotta per un trentennio. Due novità con meccanica efficiente e affidabile che ridanno lustro alla casa tedesca facendola uscire da una crisi che l'accompagna dal dopoguerra. Si tratta, però, di modelli privi di fascino che faticano a creare un'empatia con gli automobilisti. Un problema serio per un costruttore desideroso di far parte dei principali marchi del Vecchio Continente.

L'IMPRONTA AMERICANA

A scuotere i responsabili europei è la casa madre americana, la General Motors, che nel 1962 ordina di sviluppare un'immagine sportiva capace di attirare l'attenzione e indirizzare i potenziali clienti verso le auto firmate Opel. L'idea non è quella di creare una super sportiva, mercato affollato da concorrenti qualificate, ma un modello più piccolo dai costi accessibili capace di attrarre un pubblico giovane. Per essere sicuri della buona riuscita del progetto i vertici USA impongono un proprio uomo trasferendo in Germania il designer Clare MacKichan, allievo di Bill Mitchell, il direttore del Centro Stile di General Motors che nel dopoguerra ha firmato la Chevrolet Corvair e ha supervisionato l'evoluzione della Corvette. Un modello al quale ha lavorato lo stesso MacKichan e che influenzerà non poco la futura Opel. A contribuire alla nascita del prototipo è pure un altro “asso” dei motori americano, Chuck Jordan, noto per avere concepito alcuni modelli di pregio, come la Chevrolet Bel Air e la Chevy Camaro.

LA CONCEPT DI FRANCOFORTE

Il primo passo per la realizzazione della piccola sportiva è quello di testare le reazioni del pubblico con un prototipo. Nel 1962, quindi, si avvia il progetto Experimental Concept che, dopo numerosi bozzetti, nel 1963 assume un volume tridimensionale con la produzione della maquette in plastilina. Il risultato, però, non sembra convincere molto considerato che passeranno quasi due anni prima che il prototipo assuma una forma precisa. A rallentare i lavori è pure la volontà della dirigenza di utilizzare come base la meccanica della Kadett B, la seconda serie del modello in commercio dal 1965. Il momento della presentazione arriva finalmente con il Salone di Francoforte delle stesso anno nel quale è esposto un altro modello che rimarca la nuova via sportiva di Opel, la Kadett Rallye. L'attenzione dei visitatori, però, è tutta per l'inusuale coupé con linea a forma di “bottiglia di Coca-Cola” molto simile alla Corvette C3 e che adotta il motore della Rekord, un 1.9 da 90 CV. Un entusiasmo che, insieme all'esito positivo degli studi di marcato, convince i vertici a proseguirne lo sviluppo.

LA 911 COME RIFERIMENTO

I lavori di tecnici e designer per perfezionare il modello procedono con cura, anche perché Opel è priva di esperienza nel settore se si escludono le versioni coupé derivate dalle paciose berline in gamma. Un fattore che induce la dirigenza a modificare le proprie abitudini produttive, assegnando a due società francesi la realizzazione delle scocche (Carrozzeria Chausson), della verniciatura e di parte delle finiture e degli allestimenti interni (Brisonneau & Lotz), per poi assemblare la meccanica nello stabilimento di Bochum. Molta attenzione viene dedicata all'aerodinamica con ripetute prove alla galleria del vento che permettono di curare i dettagli e ottenere, come affermano in Opel, un coefficiente di penetrazione all'aria più efficiente di quello della Porsche 911. E che il bolide di Stoccarda sia il riferimento tecnologico lo si intuisce anche dalle prove al Nürburgring affidate ad Hans Hermann, un pilota Porsche che fornisce diversi spunti per migliorare il bilanciamento dell'auto e la dinamica della vettura. Tra le altre modifiche apportate c'è anche l'apertura dei fari che avviene ora sull'asse orizzontale anziché su quello verticale come sulla concept esposta a Francoforte.

IL DEBUTTO A PARIGI

Per il debutto ufficiale, quindi, si deve attendere fino al 1968, anno nel quale la coupé due posti è esposta nella forma definitiva al Salone di Parigi con il nome di GT. Il riscontro di pubblico e critica è ancora più positivo di quello riscontrato tre anni prima. A piacere sono le linee aerodinamiche, ora più armoniche e fluide, caratterizzate dal “muso” appuntito con fari retrattili, dall'andamento ondulato della fiancata dovuto ai passaruota bombati e dalla coda tronca con gruppi ottici rotondi. Apprezzamenti arrivano pure per gli interni, spartani ma dall'impronta sportiva grazie alla plancia avvolgente e al disegno del cruscotto comprensivo di diversi elementi circolari, come contagiri, orologio, amperometro e manometro per l'olio. Da supercar è pure la seduta bassa, la leva del cambio corta, il volante a tre razze e...l'assenza del bagagliaio. Il posteriore, infatti, è privo di baule e ospita il serbatoio del carburante e la ruota di scorta lasciando solo un piccolo spazio dietro i sedili per eventuali borse.

I MOTORI DI KADETT E REKORD

Se la GT piace, e molto, per l'estetica, a deludere è la meccanica derivata dalla produzione Opel. Una scelta voluta per contenere i prezzi e per offrire un'affidabilità collaudata, ma criticata per l'assenza di una proposta più in linea con l'aspetto aggressivo del modello. Di certo non entusiasma la GT 1100, versione equipaggiata con il 4 cilindri di 1.078 cc della Kadett con distribuzione a valvole in testa e due carburatori monocorpo Solex che eroga 60 CV. Una potenza limitata155 km/h. Più attrattiva è la GT 1900 con l'unità della Rekord con stesso frazionamento, ma cilindrata di 1.897 cc e alimentazione affidata a un doppio corpo Solex. L'esito è che i “cavalli” salgono a 90 e la velocità a 185 km/h, mentre a scendere sono i tempi di ripresa e accelerazione. Per entrambe il cambio è a 4 marce (per la 1.9 è disponibile anche con un automatico a 3 velocità) e lo schema delle sospensioni è a ruote indipendenti con trapezio trasversale davanti e ad assale rigido con barra stabilizzatrice dietro, sempre con ammortizzatori idraulici telescopici. Impostazione che, insieme al baricentro basso e alla massa contenuta (940 kg), conferiscono alla GT un guida divertente e una buona tenuta di strada malgrado i cerchi da 13” con battistrada stretti (165 mm) non siano proprio da sportiva.

SOFFRE LE RIVALI ITALIANE

La GT riscuote da subito un discreto successo commerciale, anche se a trainare le vendite è il mercato statunitense che assorbe il 70% della produzione, probabilmente a causa dell'impostazione stilistica tipica USA. Viceversa, in Europa la sportiva Opel ha meno successo per diverse ragioni. La principale è che soffre la concorrenza di alcuni modelli molto apprezzati nel Vecchio Continente, prima tra tutte l'Alfa Romeo Giulia GT, ma pure la Fiat 124 Sport, la Lancia Fulvia coupé e la Ford Capri, auto più in linea con lo stile europeo e che offrono maggiore piacere di guida. Altro limite della piccola Corvette è la versione GT 1100, poco richiesta per le modeste prestazioni e non commercializzata su molti mercati, compreso quello italiano. Uno scarso apprezzamento che induce i dirigenti Opel a toglierla dai listini nel 1971 sostituendola con la GT/J 1900, cioè la Junior, una versione economica con motore da 1,9 litri. Altre modifiche si rendono necessarie nel 1972 per le nuove norme anti inquinamento introdotte negli Stati Uniti che costringono a intervenire sul motore riducendo la potenza delle versioni destinate oltreoceano a 85 CV.

ELETTRICA, DIESEL E WANKEL

Se gli interventi sulla gamma GT sono quasi inesistenti negli anni, a rinvigorire l'interesse per il modello sono numerose concept e le trasformazioni effettuate da società esterne. Nascono così diverse varianti con carrozzeria targa, cabriolet (famosa è quella creata da Wolfgang Brankhaus) o barchetta, compresa quella realizzata dalla stessa Opel, l'Aero GT. Un prototipo con tettuccio asportabile esposto al Salone di Francoforte del 1969 che riscuote molti apprezzamenti senza però mai arrivare alla produzione. Ancora più stupore suscita la Electro GT, modello realizzato con Bosch, Varta e Continental e dotato di due motori elettrici da 140 kW e di una velocità di punta di 188 km/h che le consentono di conquistare sei record mondiali di categoria sul circuito di Hockenheim. Altri primati arrivano con la Diesel GT, esemplare che monta un turbodiesel da 2,1 litri con 95 CV e che nel 1972 conquista sulla pista del centro prove Opel di Dudenhofen 20 record, compreso quello di velocità con 197,5 km/h. Non ottiene primati, ma solo grande interesse la GT/W, versione con un inedito motore Wankel sotto il cofano. Nel 1975, quando ormai la sportiva è fuori produzione, arriva pure la <b<GT2, una concept futuristica in realtà molto diversa dall'antenata per la carrozzeria squadrata con porte scorrevoli e l'abitacolo quattro posti.

I SUCCESSI NELLE CORSE

La meccanica robusta e affidabile fa si che la GT sia utilizzata anche nelle competizioni, merito soprattutto delle aziende specializzate nel tuning. Le più famose sono quelle elaborate dalla tedesca Steinmetz e dall'italiana Conrero. La prima ha creato diversi kit di trasformazione, tra i quali uno turbo capace di elevare la potenza oltre i 160 CV. Molte pure le proposte di quella che diventerà la Squadra Corse ufficiale di General Motors Italia negli anni Ottanta conquistando diversi campionati con le Ascona 400 e le Kadett GSi 2.0. Sulla GT le elaborazioni più note sono quelle per il <b (170 CV) e il Gruppo 4 (190 CV) preparate per le gare in salita e su strada e che conquistano diverse vittorie di classe, compresa la <b. Successi arrivano anche dalle elaborazioni sviluppate per la pista, come quella capace di erogare <b che, tra l'altro, trionfa nella propria categoria alla Coppa Intereuropa di Monza del 1972.

IL PENSIONAMENTO NELL'AGOSTO 1973

A scrivere la parola fine alla GT è una combinazione di circostanze. Le due principali sono l'acquisizione della Brisonneau & Lotz da parte di Renault, fattore che costringe Opel a <b all'azienda francese, e l'approvazione di nuove norme sulla sicurezza negli USA. Un provvedimento che costringerebbe a effettuare modifiche sostanziali alla GT, come l'inserimento di paraurti di grandi dimensioni, e a sottoporre la vettura a costosi crash test. A contribuire a concludere l'avventura GT sono pure i numeri di vendita in calo e i buoni risultati ottenuti dall'altra coupé Opel, la Manta introdotta nel 1970. La breve, ma importante, storia della GT si conclude con il fermo delle linee di assemblaggio di Bochum nell'agosto del 1973, esattamente 40 anni fa, dal quale sono usciti 103.373 esemplari, dei quali soltanto 3.573 GT 1100.

Fotogallery: Opel GT, la piccola Corvette