A voler essere maligni, la storia della Bugatti Veyron si potrebbe sintetizzare così: sono più numerose le versioni speciali degli esemplari venduti. Ovviamente stiamo esagerando, ma il concetto rende bene l"idea di quale sia stato lo sforzo degli uomini del marketing per cercare di tenere vivo l"interesse commerciale attorno a una vettura più unica che rara. Il paradosso della Veyron, infatti, è quello di aver fatto parlare di sé più per gli aspetti negati i che per quelli positivi: costava così tanto produrla che, quando arrivava un ordine, probabilmente in azienda si davano per malati: ogni esemplare generava un "buco" di 2.000.000 di euro per le casse della società. E" stato talmente difficile metterla su strada e il suo lancio ha subito così tanti rinvii che qualcuno cominciò a chiamarla Godot. O desaparecida. Per raffreddare un propulsore che da solo potrebbe sciogliere l"iceberg del Titanic in tre minuti, gli ingegneri l"hanno dovuta riempire di radiatori in ogni cm quadrato libero. Non è tutto. Grande, grossa e iper complicata, questa supercar è sì un missile terra-terra, ma pesa come un panzer: tra le curve c"è il rischio di divertirsi di più con una Skoda Citigo (per rimanere nel Gruppo VW). Eppure, nonostante tutto, è una delle auto di cui più si è parlato negli ultimi anni, grazie proprio (anche) alla fervida fantasia nel proporre edizioni speciali e serie limitate.


Grand Sport Vitesse, 1200 CV posson bastare?


Inutile girarci attorno: è la potenza stratosferica ciò che rimarrà impresso di questa versione iperbolica di un"auto già esagerata. 1.200 CV. Vogliamo parlare della coppia? 1.500 Nm. Milleduecento cavalli e millecinquecento newtonmetro di coppia: non vorremmo essere al posto di quel povero cambio (a doppia frizione, giusto per complicare ancora un po" le cose) che deve gestire tanta arroganza ingegneristica. Un tripudio di numeri che si traduce in una velocità di "sicurezza" autolimitata a 375 km/h (la vettura si spinge anche fino a 410 km/h, ma solo in pista e in determinate condizioni) e in 2,6 secondi per scattare da 0 a 100 km/h. Con malcelato orgoglio, in Bugatti sottolineano che questa è l"auto scoperta più potente e veloce mai prodotta, capace però di offrire un comfort di tutto rispetto - anche a tetto aperto, fino a 200 km/h - e un handling elevato, grazie al controllo elettronico degli ammortizzatori, al telaio rigidissimo e ai cerchi da 20". Per il resto, la struttura di base è la medesima della Grand Sport, che anch"essa nacque per essere la roadster più estrema mai prodotta. Un"auto sulla quale è ammesso tutto, tranne i metalli pesanti: la monoscocca è in fibra di carbonio, montata su un telaio ausiliario in alluminio all"anteriore e uno in carbonio/acciaio al posteriore. Completano il ventaglio di materiali nobili il titanio e il magnesio, disposti strategicamente per abbassare il centro di gravità.


Super Sport, la Veyron per chi ama la guida


I numeri, impressionanti, sono più o meno gli stessi della sua "derivata" Grand Sport Vitesse: identica la potenza e la coppia, migliori la velocità e l"accelerazione. Il motivo? Semplice: questa versione è a tetto chiuso, quindi è più leggera e aerodinamica. Per la precisione, la centralina del motore ferma la corsa del tachimetro a quota 415 km/h. Peccato: sapete che soddisfazione, altrimenti, essere superati, su terra, solo dal lievitazione magnetica? Oltre la velocità massima c"è di più, comunque: la Super Sport nasce dall"esplicita richiesta dei tre, quattro nababbi che, non soddisfatti della Veyron "base", esprimono il desiderio di qualcosa di più reattivo soprattutto fra le curve. Ecco dunque un assetto completamente rivisto, dotato di ammortizzatori (ovviamente elettronici) con tarature più estreme, barre antirollio più grandi e un"elettronica più evoluta. Un grande lavoro è stato effettuato anche sull"aerodinamica, sempre molto importante nella dinamica di un veicolo, ma che diventa fondamentale quando le velocità in gioco sono più da aereo che da automobile. Altre migliorie interessano il motore, che rispetto alla Veyron del 2005 è "dopato" con quattro turbine di maggiori dimensioni a loro volta raffreddate da intercooler più capaci.


Dedicate alla storia del Marchio


Ok, fino a qui abbiamo "barato". Le Veyron di cui vi abbiamo raccontato le meraviglie (almeno secondo alcuni sono tali, ma i gusti sono gusti e non si discutono), possono essere considerate come delle varianti della gamma, più che come edizioni speciali. Siccome però tutto ciò che ruota attorno alla Veyron smarrisce la connotazione di normalità, ci siamo sentiti autorizzati a farlo. Tornando a noi, tra le "vere" special ci sono quelle dedicate a personaggi che hanno ricoperto un ruolo importante per la storia del marchio francese. Si tratta di una "collana" di sei modelli, il primo dei quali porta il nome di Jean Pierre Wimille, capace di aggiudicarsi due volte la 24 Ore di Le Mans, la prima al volante di una Bugatti 57G, la seconda insieme a Pierre Veyron su 57C Tank. Di colore rigorosamente azzuro, rievoca la livrea delle auto da corsa francesi di quegli anni e, nello specifico, proprio della 57G. La seconda della collezione, denominata Jean Bugatti, è dedicata a Gianoberto Carlo Rembrandt Ettore Bugatti, soprannominato Jean, figlio maggiore di Ettore e forse il maggior innovatore nella storia dell"azienda, capace di portare soluzioni tecnologiche all"avanguardia, prima che un tragico incidente se lo portasse via nel 1939. Tra le sue creazioni c"è la Type 57SC Atlantic, una delle auto storiche con la valutazione più alta al mondo e nota anche come La Voiture Noire (l"auto nera): da qui, la colorazione della Veyron. Terza special è la Meo Costantini: pilota e consulente italiano del marchio, famoso sopratutto per aver trionfato alla Targa Florio del 1926. Come la Jean Pierre Wimille, si rifa all"azzurro delle auto da corsa francesi; la differenza è nella tonalità del colore e nella disposizione delle "pelli" scure in carbonio. Il quarto "posto" è occupato dalla Rembrandt, dedicata al fratello minore di Ettore Bugatti, il quale a sua volta deve il suo nome al celebre artista dei Paesi Bassi. Segni particolari di questa vettura sono i toni caldi della carrozzeria, tutti giocati sul bronzo e sul marrone. La quinta della serie è la Black Bess, "revival" della Type 18 Black Bess, passata alla storia come una delle prime supercar omologate per l"uso stradale. Ultima, non per importanza ma solo perché si voleva chiudere dove tutto cominciò, è la Ettore Bugatti: il suo nome è lo stesso del fondatore e, per onorare la sua passione per la qualità senza compromessi, si è scelto di utilizzare alluminio satinato e pelle di un livello che nemmeno le borse più pregiate al mondo possono vantare.


Sang Bleu e le "altre"


Se pensate che le Veyron fin qui elencate siano numerose, sappiate che non siamo nemmeno a metà di ciò che le fervide menti del marchio hanno partorito. Ci sono per esempio la Sang Bleu - con carrozzeria misto carbonio e alluminio lucidato - e la Sang Blanc, nata da una richiesta di un cliente inglese e rifinita in bianco madreperla con griglia anteriore, scarico, cover motore e interni neri. Ancora, la Soleil de Nuit debutta a Dubai nel 2009 e si fa notare per il contrasto fra il nero/blu/alluminio dell"esterno e l"arancione dell"abitcolo; la Royal Dark Blue (venduta a 1,75 milioni di euro) e la Grey Carbon (esemplare unico) si mostrano invece al mondo al Salone di Ginevra del 2010. La lista - che per complessità e limiti di spazio sui server (è una battuta, ovviamente) - non potrà essere esaustiva, si allarga poi a Matte White, Wei Long, Red Edition, Middle East Editions, L"Or Blanc, Bernar Venet e, per chiudere con le varie tonalità di sangue, la Sang Noir del 2011.

Fotogallery: Bugatti Veyron 16.4 Grand Sport Vitesse "Ettore Bugatti"