Gli effetti della protesta in Canada cominciano a farsi sentire sul serio anche nell’industria auto, vittima da quattro giorni dell’occupazione ai collegamenti con gli Stati Uniti, in particolare all’Ambassador Bridge, il ponte che collega Windsor con Detroit e crocevia di circa il 25% degli scambi di merci fra i due Paesi, compresi i ricambi per veicoli.
Cosa sta succedendo
Tutto è partito quando i manifestanti del cosiddetto “Freedom Convoy” hanno cominciato a contestare l’obbligo del vaccino anti-Covid per i camionisti che devono attraversare il confine, ma la protesta si è poi allargata a una fetta più grande di cittadini canadesi, che stanno bloccando il ponte parcheggiando auto, pickup e furgoni nelle strade vicine.
Ora, però, le varie Case, da Ford a Toyota, passando per General Motors, Honda e Stellantis, sono costrette a tagliare la produzione o a ridurre gli orari di lavoro. “Il danno economico non è più sostenibile e deve finire qua”, afferma Drew Dilkens, sindaco di Windsor. “Lo stallo sta colpendo stipendi e linee di produzione. Questo è inaccettabile”, gli fa eco Gretchen Whitmer, governatore del Michigan.
Le soluzioni
La politica si sta muovendo per sbloccare la situazione, sia sul fronte canadese che su quello statunitense. Da un lato, stando a quanto riferito dall’Associated Press, c’è il premier Justin Trudeau, che si sta coordinando con l’opposizione e con Dilkens per “rispondere con tutti i mezzi necessari”, compresa un’ingiunzione del tribunale per fermare il convoglio.
Accanto a loro, si sta dando da fare anche Doug Ford, premier dell’Ontario, chiedendo e ottenendo dalla giustizia lo stop alle donazioni alla manifestazione che arrivano dal sito di crowdfunding GiveSengGo.
Dall’altro lato della frontiera, c’è l’amministrazione Biden, con Alejandro Mayorkas e Pete Buttigieg, segretari rispettivamente alla Sicurezza interna e ai Trasporti, che stanno esortando le loro controparti canadesi a risolvere la situazione.
Anche gli Usa in allarme
Intanto, negli States, si temono atti di emulazione, con blocchi del traffico sia in occasione del Super Bowl di domenica 13 (secondo il fuso orario Usa) che del discorso sullo stato dell’Unione, in scena l’1 marzo a Washington.
A questo punto, non è da escludere uno scenario simile a quello causato dal blocco nel Canale di Suez, quando si incagliò la portacontainer Ever Given, paralizzando gli scambi tra Europa e Asia. Anche perché ci mancava solo che si abbattesse quest’altra tegola sul settore automotive, già colpita dalla lunga coda pandemia.
Fonte: Automotive News Canada