La Francia, uscita vincitrice dalla Seconda Guerra Mondiale, è impegnata a difendere il proprio impero coloniale dalle rivolte per la libertà in Indocina e Algeria. In patria lo Stato rilancia l'industria mentre i giovani scalpitano per recuperare il tempo perduto. Come Jean Rédélé, classe 1922, cresciuto a pane e motori nell'officina del padre a Dieppe, nel Nord del Paese. Nel dopoguerra Jean apre una concessionaria Renault e si diletta a trasformare residuati bellici in modelli civili. Mestiere che rende bene e che gli permette di racimolare i soldi da investire nella sua passione: le corse.

NASCE L'ALPINE

La scelta dell'auto è obbligata: una 4CV, primo modello post bellico della Régie. La prepara e si butta nelle competizioni con successo. Più per merito della sua abilità meccaniche che per quelle di guida. Capacità che non sfugge ai rivali che, stanchi di arrivargli alle spalle, affidano i propri bolidi alle esperte mani di Jean. Gli ordini crescono in fretta e inducono Rédélé a fondare una nuova azienda, la Societé Anonyme des Automobiles Alpine, più nota come Alpine, in omaggio a una delle sue vittorie più sofferte, quella al Criterium del Alpes del 1954. Il suo sogno, però, è realizzare un modello tutto suo. In Francia nessuno pare dargli credito e il giovane Jean deve recarsi a Torino per trovare un supporto. È quello di Giovanni Michelotti, designer cresciuto negli Stabilimenti Farina che da poco ha aperto un studio proprio. Insieme realizzano il prototipo Marquis, esposto al Salone di New York del 1954, e il primo modello Alpine, la A106, con meccanica della 4CV e carrozzeria in vetroresina.

PARIGI SVELA LA A110

All'assillante ricerca di soluzioni che favoriscono leggerezza e aerodinamica, Rédélé pochi anni dopo stupisce il mondo con la A108. E' una berlinetta dalla linea filante con meccanica della Renault Dauphine che inizia a fare incetta di successi nella gare di rally nazionali ed europei. E che segna il passaggio dell'Alpine da officina artigianale a un'azienda strutturata che produce modelli in piccola serie e ha un reparto corse sempre più rinomato. La consacrazione definitiva arriva al Salone di Parigi del 1962, dove sotto i riflettori è esposta la A110. Evoluzione naturale della A108, la nuova berlinetta ha telaio a trave centrale, pianale in acciaio e carrozzeria in vetroresina con design e aerodinamica più raffinate. Rispetto all'antesignana ha doppi fari carenati e diverse prese d'aria in più. Come quelle poste nella parte superiore dei parafanghi necessarie per confluire aria fresca nel radiatore addetto al raffreddamento del motore. Il 4 cilindri di 965 cc della Renault 8 con soli 44 CV DIN, ma sufficienti per spingere la A110 fino ai 160 km/h grazie a un peso di appena 685 kg.

UN'AUTO PER CAMPIONI

Bassa e con portiere piccole, la A110 costringe i piloti a "scivolare" dentro l'abitacolo, che è piccolo, scomodo e spartano. E dal quale si ha una visuale modesta, soprattutto nel posteriore. Il giudizio critico si trasforma in entusiasmo appena si fanno i primi metri. La maneggevolezza e la motricità delle ruote posteriori sono eccellenti. Lo sterzo è preciso, il cambio un po' duro ma rapido, la frenata assicurata dalle quattro pinze Dunlop, dai generosi dischi e dal potente servofreno è ottima. Le sospensioni indipendenti ben tarate e l'efficiente differenziale autobloccante forniscono una tenuta di strada incredibile. Tanto da rendere la guida sul misto un vero piacere e da convincere molti piloti ad esclamare che la A110 "tiene meglio in curva che in rettilineo". Doti che sono sfruttate da molti giovani aspiranti campioni per imparare i segreti della guida sportiva. Come Emerson Fittipaldi che, prima di vincere due mondiali di Formula 1 e un campionato americano Cart, si è esercitato al volante della "berlinette blu". Che pare avere un unico difetto: la tendenza del motore a surriscaldarsi. Limite superato applicando dei piccoli sostegni che lasciano leggermente aperto il cofano posteriore per favorire l'afflusso d'aria.

EVOLUZIONE DELLA SPECIE

Nel corso degli anni Rédélé apporta incessanti aggiornamenti tecnici, sfruttando le continue novità di prodotto del marchio della Losanga. Sulla A110 si susseguono meccaniche e motori della "8", della "12" e della "16". Rese più efficienti e potenti da "maghi" di pistoni e cilindri, come i preparatori Marc Mignotet e Amedeo Gordini. La cilindrata sale progressivamente a 1108, 1255, 1296, 1470 e 1565 cc. Con lei la potenza che supera la presto soglia dei 100 CV Din per arrivare a 122 CV con le 1600 S, SC (Sport Corse) e SI a iniezione elettronica al posto del doppio carburatore Weber.

ALLA CONQUISTA DEL MONDO

A crescere è pure il numero di vittorie. Alla prima affermazione di José Rosinski al Rally dei Leoni del 1963 ne seguono altre per merito di piloti "privati" impegnati in gare nazionali e internazionali. Il palmares cresce con le prestazioni della A110 e con il sempre maggiore supporto di Renault, spinta dai successi delle Alpine a rientrare ufficialmente nelle competizioni nel 1967. I risultati arrivano presto. I piloti al volante della ormai Alpine-Renault dominano il campionato francese dal 1968 al 1973, conquistano il titolo europeo nel 1970 e il Campionato internazionale costruttori nel 1971. Anno nel quale Ove Anderson in coppia con Dave Stone portano per la prima volta alla vittoria la A110 al Rally di Montecarlo. Un successo che diviene trionfo con il podio tutto Alpine grazie al secondo posto di Thérier e al terzo di Andruet.

LA A110 SBANCA MONTECARLO

A fare entrare nella leggenda la A110 è la stagione 1973. Il 27 gennaio 278 bolidi sono iscritti al Montecarlo, primo appuntamento del neonato Campionato Mondiale di Rally. Tra queste le gloriose Lancia Fulvia HF, le agili Fiat 124 Abarth Spider, le icone Opel Ascona e Ford Escort RS e le potenti Porsche 911 e BMW 2002. E naturalmente le A110, da poco motorizzate con un nuovo motore da 1,8 litri. Nella notte è caduta la neve, ma al via il sole scalda il terreno, rendendo il percorso estremamente impegnativo e imprevedibile. Ad avvantaggiarsi sono le vetture agili sul manto bianco e veloci su quello nero come le Alpine. Che dominano la classica. A vincere è Jean-Claude Andruet in coppia con la navigatrice Michele Petit, detta "Biche", daino in francese. Sul podio altre due "berlinette blu", quelle di Andersson-Todt e di Nicolas-Vial. A completare la festa dei modelli di Rédélé sono Jaen-Luc Thérier e Jean-Francois Piot, 5° e 6° alle spalle della Ford Escort RS di Hannu Mikkola.

ARRIVA IL MONDIALE

Il dominio monegasco si ripete nel corso della stagione 1973. Nelle successive 12 prove del mondiale le Alpine si impongono altre cinque volte e conquistano ancora 13 podi. Chiudendo il campionato al Rally di Corsica con un risultato identico a quello d'esordio: cinque A110 nelle prime sei posizioni. A imporsi, questa volta, è Jean-Pierre Nicolas che diventa il quarto pilota vincente del "plotone blu" dopo Jean-Claude Andruet, Bernard Darniche e Jaen-Luc Thérier. Quest'ultimo, primo in Portogallo, nell'Acropolis e nell'affascinate San Remo, domina la classifica finale piloti, non ancora riconosciuta ufficialmente, con 72 punti, 32 in più dei secondi in graduatoria, Timo Makinen e Achim Warmbold. È ufficiale, invece, il punteggio del Mondiale Marche che vede lo squadrone Alpine primeggiare con 147 punti davanti a Fiat (84 punti) e Ford (76).

DAL TRIONFO AL DECLINO

Dai trionfi al declino a volte il passo è breve. Il conflitto tra Israele, Siria ed Egitto, più noto come guerra del Kippur, provoca il blocco delle esportazioni di greggio dei Paesi dell'Opec dalla fine del 1973. E' la prima crisi petrolifera della storia che si ripercuote sulle vendite Alpine, già in calo per il modesto entusiasmo avuto dall'erede della A110, la A310 commercializzata dal 1971, e per l'anzianità dello stesso modello di punta. Questo andrà definitivamente in pensione nel 1977 dopo oltre 7.500 unità prodotte. Comprese quelle costruite su licenza in Brasile, Messico, Bulgaria e Spagna. Sul fronte sportivo, le minori risorse costringono a limitare lo sviluppo delle "berlinettes bleues", che risentono pure del peso degli anni. Soprattutto nei confronti delle nuove antagoniste. Prima tra tutte la Lancia Stratos motorizzata Ferrari che, con al volante Sandro Munari, diventa l'auto da battere. Il ciclo virtuoso dell'Alpine si chiede in modo definitivo nel 1978, quando Jean Rédélé cede le sue ultime quote di proprietà a Renault. Non prima di avere preteso dai responsabili della Régie di garantire per almeno 15 anni il posto di lavoro ai propri dipendenti.

Fotogallery: Alpine A110, la "berlinette bleue"