Agli inizi degli anni Sessanta l'Europa è in piena crescita economica. Una prosperità che rallegra gli animi e ravviva la creatività artistica. Nel mondo dei motori nascono linee innovative, come quelle della Ferrari 250 GTO, della Jaguar E-Type o della Porsche 911, che entreranno nella storia delle quattro ruote. Ma a rendere il decennio uno dei più fervidi in tema di stile sono pure auto comuni, come l'Alfa Romeo Giulia e la BMW Serie 02, e modelli anticonvenzionali nati fuori dai centri stile della case automobilistiche come quello ideato da Roland Paulze d'Ivoy de la Poype, conte francese ed eroe di guerra con gli aerei della della squadriglia Normandie-Niémen. Un eclettico personaggio che conclusa la carriera nell'aeronautica fonda la S.E.A.B. (Société d'Exploitation ed t'Application des Brevets) per lo sviluppo di quello che considera un materiale del futuro, la plastica. Un'attività che riscuote un immediato successo attirando l'interesse di molte società, tra le quali la Citroen che gli commissiona pannellature e altri parti in plastica per le proprie vetture.

UNA 2 CV PER IL TEMPO LIBERO

Nel frattempo in Franciainiziano a manifestarsi i primi segnali di malumore dovuti al rallentamento dell'economia e alla conseguente crescita della disoccupazione. Un'inversione di tendenza rispetto al boom degli anni precedenti che innesca i primi scioperi di lavoratori e delle fasce deboli della società, rimaste esclude dalla crescita e “rinchiuse” in bidonvilles sempre più emarginate. Un malcontento che non coinvolge de la Poype, preso dagli affari e da altre attività ludiche, come quella di modificare la sua 2 CV Furgonetta. L'idea è di renderla più pratica e adattarla a veicolo da tempo libero. Con l'aiuto di due dipendenti della S.E.A.B., il designer Jean-Louis Barrault e l'ingegnere Jean Darpin, smontano la 2 CV e applicano sul telaio una carrozzeria in plastica spartana e priva di tetto e portiere.

IL PROTOTIPO IN ABS

Soddisfatto della propria creatura, Roland mostra l'insolito modello alla dirigenza Citroen quasi per gioco. La reazione dei vertici del Double Chevron è, però, entusiastica tanto da chiedere a de la Poype di sviluppare un prototipo per un'eventuale produzione di serie. Il conte francese si mette al lavoro e nell'estate del 1967 la concept è pronta. A caratterizzarla è l'innovativa carrozzeria in ABS (Acrilonitrile Butadiene Stirene), un polimero plastico più duttile del poliestere utilizzato da altri costruttori. A favorire l'ABS sono l'assenza di corrosione e ruggine, la leggerezza e la flessibilità, dote che consente di assorbire i piccoli urti deformandosi senza spezzarsi, per poi riprendere la sua forma originale.

DA ASINO A DROMEDARIO

La concept è presentata alla direzione di Citroen al Quai de Javel nel settembre del 1967 e riscuote subito il sostegno di Wolgensinger e Puech, rispettivamente direttori della comunicazione e della pubblicità di Citroen. I due non perdono tempo e mostrano l'insolita vettura a Pierre Bercot, presidente e direttore generale del Double Chevron, che approva ponendo una condizione: il modello sarà curato e realizzato da Citroen per non rallentare la produzione di componenti negli stabilimenti S.E.A.B.. Alle fabbriche di de la Poype rimane l'incarico di sviluppare altri prototipi per la messa a punto su strada e la presentazione stampa fissata per metà del 1968. Secondo alcuni, altra imposizione del costruttore francese riguarda il nome: non Donkey (asino) come pensato da Roland, ma Mehari, nome di una razza di dromedario allevato dal popolo Tuareg nota per la velocità, la resistenza e la capacità di trasporto.

LE RIVOLTE DI PIAZZA

Mentre Roland è impegnato nella realizzazione degli otto veicoli commissionati la Francia si infiamma fino a detonare nel maggio del 1968, proprio il mese previsto per la presentazione alla stampa del nuovo modello. A dare il via al “Maggio francese” è l'occupazione della Sorbonne, la più prestigiosa università di Parigi, da parte di 400 studenti. Il successivo sgombro da parte della polizia innesca il crescere delle tensioni. I muri della capitale si colorano di grafiti e slogan fantasiosi come, “sotto i sampietrini c'è la spiaggia”, “la vita è altrove” o “godetevela senza freni”. La notte del 10 maggio gli studenti occupano il Quartiere latino ed erigono barricate. Nel frattempo la contestazione contro quella che François Mitterand definisce il “Colpo di stato permanente” si diffonde tra operai e impiegati arrivando a toccare anche la borghesia e l'élite del Paese. La critica è verso il potere gollista imperante dal 1958 e, nello specifico, verso Charles de Gaulle, l'allora Presidente della Repubblica, che rappresenta l'autorità, vero oggetto della protesta insieme al consumismo e all'imperialismo.

PRESENTAZIONE “RIVOLUZIONARIA”

A tre giorni dall'appuntamento con i giornalisti la Francia esplode. Il 13 maggio sfilano per le strade di Parigi più di un milione di persone al grido di “Vietato vietare”. La protesta dilaga nel Paese moltiplicando occupazioni delle fabbriche e manifestazioni spontanee. Di fatto, è il primo sciopero selvaggio della storia francese che non accenna a placarsi. In tale contesto la dirigenza Citroen rimane dubbiosa se confermare o meno la presentazione. Alla fine si decide di procedere e il 16 maggio i giornalisti sono messi su un treno e trasferiti in un clima surreale a Deauville, cittadina della Normandia. Nei prati curati del golf club locale ad aspettarli ci sono le otto vetture di de la Poype circondate da bellissime ragazze che inscenano alcune rappresentazioni: due modelle in tuta rossa abbelliscono la vettura rossa con il contenitore di schiuma antincendio, altre quattro in abbigliamento hippy decorano con fiori colorati il loro esemplare mentre altrettante in bikini “vanno in spiaggia” con una tavola da surf. Ma ci sono pure le “contadine” con balle di fieno, le “poliziotte” e un modello bianco carico di conigli altrettanto candidi.

IL “CAMMELLO DI PLASTICA”

Il debutto della Dyane 6 Mehari, o più semplicemente Mehari o “cammello di plastica”, suscita scalpore, sia per la presentazione durante le proteste nel Paese, sia per le caratteristiche anticonvenzionali del modello. Sotto l'insolita carrozzeria in ABS colorata nella massa, quindi non verniciata, c'è il pianale e la meccanica della 2 CV. Il motore è il bicilindrico boxer raffreddato ad aria da 602 cc di appena 33 CV. Pochi ma sufficienti per spingere la Mehari a 100 km/h grazie al peso di soli 525 kg, quasi come quelli trasportabili (400 kg), che favorisce pure bassi consumi (circa 16 km al litro). La trazione è anteriore, il cambio a 4 velocità e la dotazione spartana. I sedili sono due, le porte costituite da un'apertura laterale chiusa con una catena e la struttura metallica che sostiene la capote in tela può essere rimossa. Altre particolarità sono la presenza di fori nel pavimento per scolare l'acqua piovana e il parabrezza ribaltabile sul cofano.

I RAID PER IL MONDO

Il successo della vettura presentata al pubblico al Salone di Parigi, quando ormai le proteste si sono placate, è immediato. Nel primo anno intero di produzione, il 1969, si superano le 10.000 unità, un numero considerevole per un'auto destinata alle località balneari o poco più. Ad attrarre sono molti aspetti. Oltre allo stile simpatico, la Mehari costa poco (6.996 franchi francesi) e richiede manutenzione minima, è estremamente pratica, agile e affidabile. Un aspetto, quest'ultimo, enfatizzato da Citroen con alcuni viaggi avventura di fascino, come i raid Liegi–Dakar–Liegi del 1969, Parigi-Kabul-Parigi del 1970 e il Parigi-Persepoli-Parigi del 1971. A confermare la validità del modello arrivano pure gli ordini della Polizia e dell'Esercito francese che apprezzano la leggerezza e la versatilità che facilita l'adozione di allestimenti specifici.

IL RECORD DEL 1974

La domanda sostenuta coglie un po' di sorpresa i vertici del Double Chevron che decidono di apporre piccole migliorie per perfezionare la vettura. Alla fine del 1969 le Mehari adottano un frontale con disegno inedito, in particolare per il posizionamento delle frecce, mentre pochi mesi più tardi arrivano le portiere parzialmente in plastica e la configurazione dell'abitacolo a 4 posti. Un aspetto che, di fatto, rimane immutato per anni senza che le vendite ne risentano. La domanda, infatti, rimane superiore a quota 10.000 fino al 1974, anno nel quale la Mehari registra il record storico con 13.910 consegne. Dal 1975 gli acquisti scendono in modo permanente sotto la soglia delle 10.000 unità, pur rimanendo elevati per un modello che inizia a invecchiare e a soffrire la concorrenza di rivali più moderne. Il primo restyling, per altro lieve, arriva nel 1978 e coinvolge la calandra e il cruscotto, adesso con due quadranti circolari derivati dalla LNA, e l'introduzione dei freni a disco nell'anteriore.

UN “TOSAERBA” INTEGRALE

La novità più consistente arriva alla fine degli anni Settanta, quando Citroen pensa di introdurre in gamma una versione 4x4. La scelta cade sulla Mehari, sia perché rappresenta l'erede spirituale della 2 CV 4x4, sia perché, come ha detto l'allora direttore delle relazione esterne Jacques Wolgensiger, “dovendo scegliere tra un bulldozer ed un tosaerba, abbiamo optato per questa seconda soluzione”. Il debutto sul mercato avviene nel 1979 e si riconosce per la presenza del paracolpi anteriore, per la maggiore altezza da terra e per la ruota di scorta inserita sul cofano anteriore. A livello meccanico differisce per i quattro freni a disco, il ponte posteriore con differenziale a bloccaggio meccanico e il cambio dotato di tre ridotte. Elementi che portano la massa della Mehari a superare i 550 kg, ma consentono doti offroad di rilievo (può superare pendenze del 60%) per la tipologia di auto. A dimostrarlo è la Parigi-Dakar del 1980 dove le dieci Mehari gialle affidate ad altrettante equipe mediche seguono con successo la carovana agonistica. Un'avventura dal quale viene tratto il film “La piste des toubibs” premiato al festival del cinema d'impresa a Biarritz nel 1980. Il successo commerciale, però, è modesto (1.213 in 4 anni) tanto da indurre Citroen a interrompere la produzione nel 1982

LE MEHARI SPECIALI

Dopo 15 anni sul mercato le vendite della Mehari sono scese ormai sotto la soglia delle 4.000 unità/anno. Per cercare di fermare l'erosione della domanda Citroen introduce nel 1983 due versioni speciali su alcuni mercati. In Spagna arriva la gialla la Plage, mentre in Francia, Italia e Portogallo debutta la più nota Azur con livrea bianca e portiere e capote blu. Una versione, quest'ultima, che riscuote un discreto successo tanto che le 700 unità iniziali salgono rapidamente sotto la richiesta degli appassionati. Altre speciali meno note sono la Baby-Brousse, la Dalat e la FAF. La prima, nata in Costa d'Avorio e assemblata anche in Iran e Cile, è prodotta dal 1970 al 1979 e si caratterizza per la carrozzeria in lamiera piana. Stessa soluzione è adottata dalla seconda, prodotta in Vietnam dal 1969 al 1975 (in Grecia, dove è costruita dal 1976 al 1983, prende il nome di Pony) in varie versioni con pianali allungati e rinforzati. Derivata dalla Dalat è la FAF, la Mehari per i Paesi in via di sviluppo. Presentata a Dakar nel 1978 e prodotta in Portogallo e in Guinea, è costruita in sei versioni: furgonetta, berlina, break, pick-up, “pattuglia” e “pattuglia” 4x4.

L'ADDIO NEL 1987

Nonostante le speciali, la Mehari sente il peso degli anni. Una vecchiaia che incide sulle vendite, ormai scese sotto la soglia delle 2.000 unità. A decretare il pensionamento della “spiaggina” francese sono le consegne del 1986: appena 669, che si ridurranno a 381 l'anno successivo quando il 30 giugno esce l'ultima Mehari dalle linee di montaggio. Un ventennio che si conclude dopo 144.953 esemplari prodotti, dei quali 1.213 versioni 4x4. Numeri modesti, ma significativi per un'auto anticonvenzionale che a distanza di 45 anni dalla nascita rimane ancora nei cuori di molti appassionati e nell'immaginario collettivo dei frequentatori delle località balneari di tutto il mondo.

Fotogallery: Citroen Mehari, la "spiaggina" rivoluzionaria