I recenti accordi PSA-Opel e Volkswagen-Tata testimoniano la necessità da parte delle case automobilistiche di lavorare sulla modularità, nel tentativo di far crescere le economie di scala e spalmare i costi. Il tema ha assunto una maggiore importanza solo negli ultimi anni, complici l’aumento delle spese e degli standard da rispettare, ma in realtà l’argomento ha sempre incuriosito tecnici e progettisti. Lo testimonia una vettura laboratorio del 1982, la Italdesign Capsula, che portava all’estremo il tema della condivisione e utilizzava una base tecnica analoga per varie tipologie di carrozzeria, dall’utilitaria all’autombulanza, differenti all’esterno ma identiche nella piattaforma. Lo stesso concetto è stato ripreso al Salone di Ginevra dal prototipo Pop.Up, costruito proprio dalla Italdesign (insieme alla Airbus) e dotato di una struttura dell’abitacolo amovibile.


L'abitacolo è spazioso come quello di una berlinona


Le forme squadrate e l’ampia vetratura regalavano alla Capsula un aspetto da monovolume compatta. Il suo abitacolo, secondo la Italdesign, aveva dimensioni superiori rispetto alla coeva Mercedes 380 SE, una berlina di alta gamma, nonostante la lunghezza esterna fosse analoga alle utilitarie oggi in vendita: la Capsula misurava 3,72 metri, 7 cm in più della Fiat Panda, prova che lo sfruttamento degli spazi venne curato in maniera ottimale. L’azienda torinese riuscì in questo obiettivo alzando la linea dei vetri, scegliendo portiere incernierate al tetto e rinunciando al baule tradizionale in favore di un vano bagagli simile nel concetto a quello degli autobus: valigie e altri oggetti trovano posto sotto il pavimento, fra le ruote anteriori e posteriori, all’interno di quattro fessure (due per lato) che non rubano spazio all’interno.


Il motore era dell'Alfa Romeo Alfasud


L’abitacolo era minimale, privo di un vero quadro strumenti, ma tutti i comandi si trovavano all’interno di un pannello vagamente simile a un monitor. La vera particolarità della Italdesign Capsula consiste nella base intercambiabile, composta dalla trasmissione, dallo sterzo, dal serbatoio, dalla ruota di scorta, dal bagagliaio, dal riscaldamento, dai fanali e dal motore, che era il 4 cilindri boxer da 1.5 litri (104 CV) dell’Alfa Romeo Alfasud. La carrozzeria poteva venir facilmente rimossa e sostituita con altre di vario tipo, destinate al trasporto di passeggeri, merci o anche vetture: fra le applicazioni suggerite c’era anche quella di carro attrezzi. Il corpo vettura della monovolume era composto da cinque parti: quelle laterali, quelle anteriori e posteriori (che si incastravano nella base) e un longherone sul tetto, studiato per tenerle tutte insieme.

Fotogallery: Italdesign Capsula Concept, tante auto in una