Storia di una morte annunciata, di una fine proclamata oramai da tempo, ma che comunque chiude un'epoca in quello che, nella società italiana, era l'universo Fiat. E' il lascito di un'evoluzione che ha portato Fiat a divenire FCA, all'interno del quale anche la stessa Alfa Romeo ha mutato ed evoluto il suo ruolo. Fra la fine di luglio e agosto si interrompe la produzione di Fiat Punto e della sorellastra MiTo, dopo un lungo periodo di oblio: nessun rilancio, nessuna volontà di riproporre una erede, sopratutto per quella che, per tanti anni, è stata l'auto simbolo del Bel Paese. E' giunto dunque il tempo della pensione per quella utilitaria figlia della Uno, da cui ne aveva ripreso le redini di auto italiana per eccellenza, figlia degli anni Novanta e di un'Italia che viveva tra prima e seconda Repubblica, con una comunità europea divenuta Unione, una moneta unica pronta ed entrare, ed un mondo che si affaccia a Internet, seguita da quella piccola anti-MINI che aveva portato Arese a sbarcare nel segmento delle compatte a due volumi. Punto e MiTo: è la fine di un'era.
Fiat Punto: 25 anni di onorata carriera
Prendendo in prestito le parole di Gianni Agnelli, la Fiat Punto era la sintesi di un secolo di lavoro, non è nata in tre anni. 176 era il nome del progetto, il cui compito era proprio quello di sostituire una vettura presentata addirittura a Cape Canaveral ai tempi, la Fiat Uno. Serviva dunque un qualcosa di familiare, affabile, affidabile, accattivante ma non di rottura. Ci si affidò allo stesso papà della progenitrice: Giorgetto Giugiaro. Il momento della verità giunse al Salone di Francoforte 1993, quando la casa torinese fece debuttare la Fiat Punto. Linee sobrie, un frontale privo di mascherina, i gruppi ottici a sviluppo verticale alle due estremità. E poi interni capienti, spaziosi. Fu un successo tanto che la Punto divenne Auto dell'anno nel 1995. Anche perchè, grazie alla gamma di motorizzazioni - le Fire da 1.1 e 1.2, poi il 1.5 da 90 Cv ed il 1.3 da 136 Cv, oltre al Diesel da 1.7 - la Punto poteva aprirsi ad un portafoglio molto ampio. Dopo quella prima fortunata generazione giunse la seconda nel 1999 disegnata dal Centro Stile Fiat, capace di montare addirittura il servosterzo elettrico EPS, prima in Europa. Fu anche la prima utilitaria a ricevere le 4 stelle nei crash test EuroNcap. Nel 2005 poi, la terza generazione firmata Italdesign, aumentata di dimensioni, tanto da esser definita "Grande Punto". Ma il mondo stava cambiando, Fiat stava cambiando. Nel 2012 la Punto perde il primato sulle vendite, scalzata dalla Panda dopo quasi vent'anni di dominio. Una discesa inesorabile, contrapposta anche all'ascesa della 500: per la Punto non vi era più spazio, sopratutto per una questione economica. Margini di guadagno troppo ridotti, convenienza prossima allo zero, queste le risposte da parte dei vertici Fiat, Marchionne in primis, nonostante anche un tentativo di ritorno, con quelle voci sulla Argo prodotta in Sudamerica. Ed invece, niente da fare: la volontà conclamata da tempo, che sottolinea il nuovo corso del Lingotto con Panda e 500 che sopravviveranno al riassetto. Ed allora che suoni il De profundis: dopo un quarto di secolo, la linea di Melfi (PZ) cesserà di produrre, mettendo fine a quella che è oramai una lenta seppure inarrestabile fine.
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Alfa MiTo: la piccola del Biscione
Piccola e rivoluzionaria: mai prima di allora, Alfa Romeo era entrata nel mondo delle berline due volumi. E lo fece con quel progetto chiamato Junior. Lei, l'Alfa Romeo MiTo, che aluglio fermerà la line produttiva di Mirafiori (TO), aveva il DNA in comune con la terza generazione della Punto: stesso pianale modulare Small, ma anche motori in comune, come il 1.4 Turbo Jet da 155 Cv che viveva sulla versione Abarth. Il corso stilistico era figlio del lignaggio della 8C. Compatta certo, ma con quella personalità figlia di Arese che voleva essere ben evidente. La griglia come elemento di stile e design, prorompente, netta, definita, che quasi faceva il paio a tutte quelle bombature e quei rigonfiamenti marcati. Nacque nel 2008, e si pose subito come l'anti Mini. Rivoluzionaria anche per la sua tecnologia: con la MiTo, oltretutto, esordì anche la tecnologia DNA, attivabile tramite quel manettino posto sul tunnel centrale capace di regolare su tre livelli la taratura di sterzo, cambio e freni, ma anche della gestione del motore e le soglie di intervento di ABS e ESP, o meglio, VDC come veniva definito ad Arese. Oggi che l'Alfa vive principalmente della Giulia e della Stelvio, per la piccola compatta non vi è più spazio: anche per lei, è tempo di porre un...punto sulla propria carriera.