C'è stato un tempo in cui la Fiat poteva permettersi di provare a battere i concorrenti premium sul loro stesso campo di gioco, quello delle auto grandi e lussuose. Era l'inizio degli anni Sessanta, l'Italia prosperava e i mercati nazionali erano molto chiusi in sé stessi.

Nel nostro paese, tre nuove auto su quattro erano Fiat e di lì a poco sarebbe iniziato il piano espansionistico che avrebbe portato alla nascita del “Gruppo Fiat”, con l'acquisizione di Lancia e di Ferrari nel 1969. Insomma, in quel periodo le casse erano piene e non si vedevano crisi all'orizzonte, dunque si poteva anche tentare l'azzardo di entrare in un segmento praticamente ignoto.

Dante Giacosa era piuttosto perplesso sul progetto, perché riteneva che quello fosse un mercato poco affine alla Casa torinese e che non valesse la pena di affrontare un investimento così grande. Ma i suoi dubbi rimanevano inascoltati e nel 1963, per sviluppare la nuova vettura, vengono prese come riferimento la Jaguar Mark X, ma soprattutto la Mercedes 300 SE (W111). Dopo 6 anni di sviluppo la Fiat 130 è pronta e debutta al Salone di Ginevra.

Retrospettiva Fiat 130

L'estetica troppo conservativa

L'estetica non riscuote grandi consensi, sembra abbastanza austera e barocca, ma il quadro tecnico è di alto livello. Motore longitudinale, trazione posteriore, sospensioni indipendenti, quattro freni a disco con servofreno e cambio automatico di serie.

La 130, addirittura, è stata la prima auto italiana ad avere una trasmissione automatica come primo equipaggiamento - una 3 rapporti fornita dalla Borg-Warner - mentre il cambio manuale a 5 rapporti si poteva avere a richiesta. Quella del motore, invece, è un'altra vicenda affascinante.

Retrospettiva Fiat 130

Intanto non ha nulla a che vedere con quello della Dino Ferrari, visto che l'acquisizione della Casa di Maranello è posteriore all'arrivo sul mercato della limousione Fiat. In secondo luogo, soprattutto nella prima versione da 2,9 litri, non brilla certo per potenza, visto che i cavalli sono solo 140. In effetti, all'inizio la 130, pur essendo super confortevole, è piuttosto lenta e inoltre consuma molto, anche considerando le sue misure che per l'epoca erano extra-large.

Il motore “pigro”

Parliamo, infatti, di 4,75 metri di lunghezza, di 1,8 di larghezza e di un peso superiore alle 1,5 tonnellate, in un periodo in cui la maggior parte delle auto in circolazione gravitavano intorno ai 600 kg. Tornando al V6 Fiat, il suo problema principale erano le camere di scoppio tronco-coniche, derivate da quelle del quattro cilindri della 128. Le valvole erano dunque verticali e non inclinate.

In una camera di combustione più raccolta, come quella del motore da 1,1 litri della piccola berlina , questo non rappresentava un grande problema. Ma in quella di un V6 con una cilindrata unitaria più grossa, il rendimento era peggiore.

Il motore della 130, dunque, aveva circa 50 CV/litro, pochi per un'auto del genere. Già un anno dopo, infatti, la cilindrata cresceva a 3,2 litri e i cavalli diventavano 160, ma ne mancavano comunque 30/40 rispetto alla concorrenza. Ad ogni modo, la linea poco accattivante e il motore “pigro” erano gli unici due veri difetti di un'auto che globalmente era di ottima qualità.

Retrospettiva Fiat 130

Gli esemplari unici futuristici

All'interno c'era un cruscotto con gli strumenti rettangolari e allineati, con uno stile piuttosto americaneggiante, ma sulla seconda serie il disegno cambiava diventando più classico, con strumenti circolari e finiture in legno.

Retrospettiva Fiat 130

I rivestimenti di pannelli e sedili erano in velluto o in pelle, mentre tra gli optional c'era il servosterzo e l'aria condizionata. La 130 costava molto, praticamente il triplo della 132 che era la Fiat più grossa dopo di lei.

Fiat 130 Familiare

La sua morte commerciale fu decretata dalla crisi petrolifera del 1973 e dalla successiva “austerity”, tanto che non videro la luce progetti interessanti come la Opera del 1974 e la Maremma del 1975: la prima era una berlina coupé, mentre la seconda era una shooting brake a 3 porte, che poi sarebbe rimasta come esemplare unico a disposizione di Gianni Agnelli.

La produzione della Fiat 130 cessò nel 1976, dopo 15.093 esemplari prodotti, di cui circa 6.000 equipaggiati con il motore "2.8" e 9.000 con il "3.2".

Fotogallery: Fiat 130, la storia