Fusione tra PSA e FCA
Senza ombra di dubbio chi si guadagna la corona di Regina dell’anno è l’operazione di fusione tra PSA e FCA che entrerà nel vivo proprio l’anno prossimo, ma di cui ormai sono stati resi noti i dettagli. Non si sa ancora quale sarà il nome del nuovo gruppo ma si è già scatenato il toto-scommesse. Certo invece che Carlos Tavares sarà a capo del quarto gruppo mondiale per auto vendute, dopo un’operazione che genererà sinergie pari a 3,7 mld di euro di cui l’80% raggiunte entro il quarto anno: il 40% arriveranno dai prodotti e dalla razionalizzazione delle piattaforme, un altro 40% dalle economie di scala generate dagli approvvigionamenti e un 20% da altre aree come il marketing, l’IT, la logistica e spese amministrative generali.
I costi per ottenere questi vantaggi sono stati valutati in 2,8 mld di euro ma non sono previste chiusure di impianti. Oltre due terzi dei volumi a regime saranno concentrati su 2 piattaforme. Questa operazione sembra proprio win-win per tutti i partecipanti.
Ford e Volkswagen insieme per elettrificazione e guida autonoma
Potrebbe essere la prova generale di una fusione, l’accordo che si è chiuso quest’anno tra Ford e Volkswagen. Nato per sviluppare sinergie relativamente a veicoli commerciali e ai pick-up si è allargato a temi strategicamente molto importanti come elettrificazione, guida autonoma e intelligenza artificiale. Obiettivo dell’alleanza è la condivisione degli investimenti per ridurre i costi e accelerare lo sviluppo di nuove tecnologie. Al momento non sono previsti scambi di azioni, ma solo scambi di conoscenza e di investimenti.
Car2Go e DriveNow insieme, nasce ShareNow
Una flotta di circa 20 mila auto, questo il frutto della fusione tra i servizi di car sharing di Daimler e BMW, con oltre 4 milioni di clienti. Sulla carta un business da leccarsi i baffi che però in realtà, fino ad ora, non si è rivelato particolarmente profittevole. La conferma arriva dalle ultime notizie: ShareNow abbandona il Nord America a partire dal 29 febbraio 2020 e cesserà di operare anche in tre città europee: Firenze, Londra e Bruxelles.
Daimler sempre più cinese
Dopo Geely che nel 2018 ha acquistato una partecipazione di circa il 10% dell’azienda di Stoccarda, quest’anno è stata la volta di BAIC che ha acquistato una quota del 5% della società e già si vocifera che potrebbe anche raddoppiare l’investimento, per raggiungere e magari anche superare la connazionale, già proprietaria di Volvo. Ma non è l’unica operazione che avvicina la Germania alla Terra del Dragone. Sempre quest’anno infatti, Daimler ha ceduto il 50% di smart a Geely e la prossima generazione delle piccole citycar saranno prodotte in Cina nel 2022.
Le new entry dell’elettrico hanno già esaurito la corrente
Se le auto elettriche sono più semplici da fare, hanno meno componenti e richiedono meno operai, non significa che produrle sia automaticamente profittevole. Elon Musk con Tesla lo sa bene. Ecco che astri nascenti dell’elettrico sono già diventate stelle cadenti. E’ il caso di Faraday Future che ha presentato istanza di fallimento per ottenere protezione dalle richieste di banche e creditori per il debito contratto per l’avvio dei suoi progetti avveniristici. L’azienda di Jia Yueting è in buona compagnia, anche NIO, startup cinese di auto elettriche è in grossa difficoltà, il suo valore è calato di circa l’80% dai massimi e sta pianificando tagli sia al personale che agli impianti.
Ma forse quello che ha fatto più scalpore è stato Dyson, il costruttore di aspirapolveri che voleva fare auto elettriche: ha annunciato la chiusura della divisione automotive senza neanche aver mai mostrato un prototipo. È lo stesso James Dyson con una mail che annuncia la decisione: “Il team automotive Dyson ha sviluppato una fantastica auto elettrica, ma sfortunatamente non è commercialmente sostenibile. Pertanto abbiamo deciso di chiudere il progetto automotive e raddoppiare gli sforzi nel nostro importante programma di sviluppo di altre tecnologie”.
Lo sciopero più lungo della storia
Quando si pensa al sindacato del mondo auto più potente normalmente la mente va all’IG Metall ma il 2019 ha visto un’altra sigla sindacale guadagnare la corona di Regina. Si tratta dell’UAW, il potente sindacato dei metalmeccanici americani che quest’anno ha tenuto in pugno General Motors per quasi sei settimane, lo sciopero più lungo dell’industria automobilistica americana da 50 anni, che è costato all’azienda di Detroit 2 miliardi di dollari.
Più di 40.000 dipendenti coinvolti per ottenere un nuovo contratto che prevede un mix tra aumenti salari e versamenti forfettari da un lato ma anche la chiusura di tre stabilimenti americani dall’altro. Questo accordo sarà utilizzato dal sindacato per le trattative future anche con Ford e FCA.
Avvicendamenti in Daimler e BMW
Chi va in pensione e chi lascia lo scettro del potere perché invece non ha portato i risultati sperati. Dieter Zetsche lascia Daimler-Benz dopo essere stato per 12 anni ai vertici del Gruppo. A 66 anni lascia con una pensione di 4.000 euro al giorno ma anche con un ruolo strategico, infatti diventa Presidente del Consiglio di Sorveglianza. Per salutarlo i connazionali di BMW gli dedicano un video ironico e sorprendente che si conclude con un ringraziamento “per i tanti anni di competizione stimolante”. Ma forse nella casa dell’elica c’è poco da ridere visto che Harald Krueger, CEO e Presidente, ha annunciato che non si ricandiderà per un secondo mandato alla scadenza del suo contratto, nell’aprile del prossimo anno.
Piovono multe
Le multe potrebbero essere anche uno degli argomenti principali del 2020 e già nel corso di quest’anno ce ne sono state di “importanti”. Daimler ne ha pagata una da 870 milioni di euro per lo scandalo del dieselgate: la Procura di Stoccarda ha ritenuto colpevole l’azienda della stella di aver autorizzato la certificazione di circa 684 milla veicoli che non rispettavano la normativa sulle emissioni di ossido di azoto, con “la violazione colposa degli obblighi di vigilanza è stata attribuita al livello dei capi reparto”.
Sempre legate al dieselgate le altre multe della stessa procura a Porsche, per 535 milioni di euro e al Gruppo Bosch per 90 milioni di euro. Diversa invece la motivazione della multa di 100 milioni inflitta a BMW, Volkswagen e Daimler. Le tre aziende teutoniche sono state ritenute colpevoli di aver formato un cartello per ottenere vantaggi sui prezzi per l’acquisto dell’acciaio e l’autorità antitrust tedesca li ha puniti. I tre peraltro non sono dei novelli della materia e infatti erano già stati beccati nel luglio del 2017.
Cybertruck col botto
In America i pick-up sono molto amati ed Elon Musk ne ha presentato uno che sembra essere appena uscito da Blade Runner. Il debutto del Cybertruck ha fatto tanto discutere, sia per il suo design che per la presentazione fatta. Prodotto con acciai ultra resistenti che vengono utilizzati anche per costruire i razzi di Space X che vanno nello spazio è praticamente infrangibile, o quasi. Nel corso dello show infatti i vetri della Tesla, anch’essi ad alta resistenza, sono stati scalfiti malamente, pur non essendosi perforati completamente. Sarà offerto in tre varianti e avrà l’accelerazione impressionante che lo porta a coprire lo 0-100 km/h in 2,9”.
Nikola e le batterie del futuro
Se l’elettrico sembra essere il futuro, le novità da seguire non sono solo quelle relative ai prodotti ma anche quelle relative alle batterie che rappresentano l’altro lato della stessa medaglia. Ogni novità in questo settore può diventare cruciale. Nikola, una startup americana basata a Phoenix che ha ideato camion elettrici alimentati con celle a idrogeno, potrebbe aver trovato una batteria senza litio, più leggera e con una densità energetica quattro volte superiore rispetto a quelle usate da Tesla. Con tutto quello che significa in termini di durata, efficienza e tempi di ricarica.
Il suo fondatore, Trevor Milton, ha già presentato Nikola Tre, il primo camion elettrico del Brand a essere distribuito in Europa che sarà disponibile per i clienti nel 2021. Dal 2023 arriverà la versione a idrogeno e il progetto è stato realizzato con la collaborazione di Iveco (gruppo CNH industrial) e FPT Industrial. Ma la collaborazione con CNH va oltre, infatti l’azienda ha investito direttamente nella start up 250 milioni di euro.
Limite di CO2 a 95 g/km
L’ultimo fatto da annoverare tra quelli importanti per quest’anno è in realtà una nuvola che aleggerà sui produttori di auto anche per tutto il 2020. Le nuove regole in materia di emissioni prevedono che, entro il 2021, il limite si abbasserà a 95 g/km, un target ambizioso che nessun produttore è ancora in grado di soddisfare.
Il livello dovrà essere raggiunto non in modo omogeneo ma tenendo in considerazione il peso dei veicoli per ogni produttore, sta di fatto che, con i dati a fine 2018, la maggior parte degli OEM sforano i target di oltre il 20%, ad esclusione di Toyota, Nissan, Renault e Volvo. Quelli che sembrano essere messi peggio sono FCA, Hyundai, Daimler, Volkswagen e Ford.
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