In piena emergenza Coronavirus una notizia insegue l’altra e fra i tanti argomenti di discussione più o meno drammatici, ce n’è uno che ha tenuto banco per diversi giorni: “il caso Webasto”.

L’azienda tedesca sconosciuta ai più, dalla sua sede di Stockdorf, vicino a Monaco di Baviera, sarebbe stata l’origine del primo contagio di Covid-19 nel Nord Italia, a Codogno (LO) il 18 febbraio scorso.

Solo ricerche più approfondite potranno chiarire la questione, ma la certezza è che si tratta di un tipo di azienda “perfetta” come capro espiatorio. Perchè è una multinazionale che opera praticamente ovunque. E noi ne parliamo perchè è uno dei più importanti produttori di componenti per auto.

Global supplier

La Webasto è più precisamente una dei 100 più grandi fornitori automotive che nel 2018 ha venduto ai Costruttori parti per un valore di circa 3,6 miliardi di euro (dati Automotive News). Nata in Germania nel 1901, la Webasto è diventata un perfetto esempio di “global supplier” grazie anche alla fama conquistata producendo tettucci apribili in tela e metallo (leader sul mercato), sin dal 1937, e impianti di riscaldamento per camion e autobus.

Webasto, tettucci apribili, capote e molto altro

In particolare i tetti apribili firmati Webasto, così come le capote in tela e i tetti panoramici in cristallo, sono montati dalla stragrande maggioranza dei marchi automobilistici: dalle Ferrari coupè-cabriolet alle MINI con soft top.

Webasto, tettucci apribili, capote e molto altro

L’azienda oggi conta più di 13.000 dipendenti e 50 sedi in tutto il mondo (30 gli impianti produttivi), compresi quelli italiani di Webasto-Diavia di Molinella (BO) e Webasto SpA di Venaria Reale (TO). La produzione si è evoluta negli anni e oggi propone anche colonnine di ricarica e batterie per auto elettriche.

Le accuse dall’Italia

A citare pubblicamente Webasto come possibile origine del contagio italiano è stato il professor Massimo Galli, direttore del Dipartimento di Scienze Biomediche e Cliniche "L. Sacco" dell’Università degli Studi di Milano.

Fotogallery: Webasto, tettucci apribili, capote e molto altro

L’infettivologo italiano sostiene che sulla base di alcune ricerche il “ceppo” italiano del Coronavirus isolato nel lodigiano a fine febbraio deriva proprio da quello di Monaco. Insomma, il virus Covid-19 portato in Webasto da una dipendente cinese asintomatica e poi rientrata in Cina avrebbe infettato attorno al 24-26 gennaio il fantomatico e ancora sconosciuto “paziente zero” che l’avrebbe poi diffuso in Italia.

La risposta dalla Germania

Dal canto suo la Webasto respinge con forza l'accusa di essere l’origine del contagio, per voce anche del suo presidente, Holger Engelmann, che dice: “Ci sono troppi fatti a smentire questa teoria”. L’azienda ricorda come alcuni dipendenti della sede di Stockdorf sono risultati positivi al tampone del Coronavirus a fine gennaio 2020, ma che nessuno di loro, né persone entrate in contatto con loro, hanno fatto viaggi in Italia dopo il 27 gennaio.

Webasto, tettucci apribili, capote e molto altro

La stessa sede di Stockdorf è rimasta chiusa dal 29 gennaio al 13 marzo e nello stesso periodo a nessun dipendente Webasto è stato permesso di mettersi in viaggio. Calendario alla mano risulta che il “paziente 1” si è presentato al Pronto Soccorso di Codogno con i primi sintomi il 18 febbraio, ovvero, come riporta il comunicato di Webasto,

“tre settimane dopo la chiusura del quartier generale di Stockdorf e quindi oltre il periodo di 14 giorni di incubazione del Coronavirus”.

Webasto, tettucci apribili, capote e molto altro

La certezza oltre la polemica

Con tutto quello che è successo (e sta succedendo), una diatriba del genere non è particolarmente stimolante. A pandemia finita, invece, sarà interessante capire come saranno ripensati i business globali come quello dell’auto e delle sue componenti. Perchè ormai è chiaro a tutti che dopo questo virus nulla sarà come prima. E poco importa chi sia il paziente o l’azienda “zero”.