Ogni anno le Case automobilistiche, seguendo l’evoluzione del mercato, propongono aggiornamenti sulla gamma dei modelli che hanno a listino. Le nuove vetture nascono nella maggior parte dei casi da basi solide, studiate per poter essere utilizzate non solo più a lungo, ma anche su un ampio numero di modelli. Stiamo parlando delle piattaforme e dei motori.

Proprio tra questi ultimi, un esempio lampante è quello dei cosiddetti V8 small-block americani realizzati da General Motors e Ford che, grazie ad un progetto iniziale solido e a continui aggiornamenti mirati, hanno saputo evolversi e rimanere al passo con i tempi, resistendo sul mercato per più di 40 anni.

Il primo ha fatto la sua comparsa nel 1954 sulla Chevrolet Corvette per aumentarne le prestazioni, mentre il secondo viene lanciato nel 1962 sulla Ford Fairlane e sulla Meteor, in chiara risposta al motore GM. Una sfida eterna a suon di modifiche e miglioramenti, destinata a durare fino agli inizi degli anni Duemila.

La nascita degli small-block

Fino ai primi anni '50, le Case automobilistiche americane proponevano motori V8 con cilindrate da capogiro, di anche 6 litri o più. In quel periodo, però, qualcosa iniziò a cambiare e i produttori più importanti - tra cui GM, Ford e Chrysler - iniziarono a puntare su propulsori di cilindrata più piccola e con miglior rendimento.

Stiamo parlando dei V8 small-block, motori più compatti, leggeri e tecnologicamente avanzati che non solo venivano proposti con una cilindrata inferiore ai 6,6 litri, ma che potevano essere facilmente aggiornati e migliorati per raggiungere livelli di potenza ed efficienza più elevati.  

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Due idee di progetto diverse

Subito dopo la comparsa dei V8 small-block di GM e Ford sulla Corvette e sulla Fairlane, rispettivamente da 4.342 cc e 3.621 cc, le due aziende iniziarono a proporre aggiornamenti a ritmo serrato per cercare di superarsi e migliorare i propri prodotti. Nel 1963 Ford lanciò sul mercato un 4.735 cc e subito dopo GM rispose con un incredibile 5.385 cc proposto sulla versione aggiornata della Corvette, la C2.

Un botta e risposta continuo a suon di cilindrate sempre maggiori, reso possibile da due progetti iniziali completamente diversi che davano comunque ampi margini di miglioramento. Nel dettaglio, il motore GM era "superquadro", cioè con alesaggio più grande della corsa, grazie ad un interasse maggiore tra i cilindri (113 mm contro 111 mm). Il V8 della Casa di Dearborn puntava invece sulla corsa più lunga, grazie ad una specifica posizione dell’albero a camme rispetto all’albero motore.

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Alcuni punti in comune

Nonostante l’idea progettuale iniziale sia completamente differente, i due V8 di Ford e GM avevano diversi elementi in comune. Oltre all'angolo tra le bancate a 90°, infatti, questi erano equipaggiati come la maggior parte dei V8 americani con un albero a camme centrale e 2 valvole per cilindro. Queste ultime, leggermente inclinate rispetto alla testata, creavano un profilo triangolare all’interno della camera di combustione con la candela posizionata esattamente al centro.

Successivamente, Ford iniziò a lavorare su nuove soluzioni e modifiche alla distribuzione, che portarono all’introduzione della testata “Cleveland”. Si trattava di una speciale configurazione che si basava su una differente inclinazione delle valvole, per migliorare gli angoli di ingresso e di uscita di aspirazione e scarico.

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Le evoluzioni successive

Nel corso degli anni si sono susseguiti numerosi aggiornamenti sui due motori, che hanno spinto sempre più in alto l’asticella delle prestazioni. All’inizio degli anni '80 la potenza dei V8 di GM (con testata in alluminio) e di Ford - montati sulla Corvette e sulla Mustang - era rispettivamente di 230 e 205 CV.

Nel 1990, Chevrolet lanciò sul mercato la Corvette ZR-1, equipaggiata con il nuovo LT5. Si trattava di un V8 small-block progettato con Lotus che poteva contare su una distribuzione bialbero a 4 valvole per cilindro, con testate e blocco in alluminio. La potenza iniziale era di 385 CV, ma salì fino a 405 CV nel 1995.

Fotogallery: Ford VS GM, la sfida a colpi di V8