Tra il 1950 e il 1975 circa, la fiducia nella tecnologia era alle stelle. Sembrava che tutto fosse possibile: allora si pensava che nel 2000 avremmo avuto auto volanti supersoniche e che le vacanze sulla Luna sarebbero state possibili - per pochi, ma possibili.

Anche i costruttori auto erano alla ricerca del futuro sperimentando di tutto: la Ford fece la Nucleon a energia nucleare, Wankel creò il suo motore rotativo e Chrysler - dopo un primo tentativo di Fiat nel 1954 - decise, nel 1963, di tentare la strada della turbina. Ecco come nacque il concept, ormai quasi dimenticato, della Chrysler Turbine Car.

Genesi del progetto

Chrysler iniziò la sua ricerca sui motori a turbina per l'aviazione alla fine degli Anni '30, principalmente sotto la guida di George Huebner. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, lo stesso Huebner entrò a far parte di un gruppo di ingegneri che valutarono la possibilità di alimentare un'auto con una turbina aeronautica.

Chrysler Turbinenwagen

Il progetto creò molta curiosità per una serie di vantaggi produttivi rispetto al tradizionale motore termico a pistoni, primi fra tutti la minor quantità di parti in movimento - similmente a quanto avviene anche per i motori rotativi Wankel - e la possibilità di funzionare con una maggior varietà di carburanti.

I primissimi tentativi di innestare una turbina su un'auto raggiunsero la maturità nel 1954, anno in cui venne trapiantato con successo un motore aeronautico in una normalissima Plymouth Belvedere. In questo modo l'auto pesava 91 kg in meno rispetto alla controparte termica, il cui motore per altro conteneva ben l'80% di organi meccanici in movimento in più.

Il test su strada della Plymouth fu condotto direttamente dallo stesso Huebner, che la guidò per 4.860 km (da New York a Los Angeles), in quattro giorni di viaggio. Benché il convoglio fosse formato da 14 meccanici, furono necessarie solo due riparazioni minori durante l'itinerario - e nessuna di esse riguardava il propulsore.

Chrysler Turbinenwagen
Chrysler Turbinenwagen

Un secondo innesto di turbine da parte di Chrysler avvenne nel 1959 su un'altra Plymouth, che riuscì a consumare 12 litri/100 km in un viaggio da Detroit a Woodbridge. Un consumo relativamente contenuto rispetto alla prima generazione di Plymouth Belvedere a turbina, che non riuscì a scendere sotto i 18 litri/100 km.

Nei primi Anni '60 i test continuarono con turbine di terza generazione (sigla CR2A, le prime progettate tenendo conto dei costi e dei metodi produttivi) montate su pick-up Dodge da 2,5 tonnellate del 1960, su una Dodge Dart del 1962 e su una Plymouth Fury dello stesso anno, oltre che sulla speciale concept Chrysler Turboflite del 1961.

Chrysler Turbinenwagen
Chrysler Turboflite (1961)

Poco prima del Salone di Chicago nel 1962, termine del programma Turbine CR2A, Chrysler confermò un imminente nuovo motore a turbina di quarta generazione da installare su una serie limitata di 50-75 veicoli, che sarebbero stati prestati gratuitamente al pubblico a fine 1963. Era la nascita della "Turbine Car" protagonista di questo "Concept Dimenticate".

Fatta a meno, relativamente leggera

La Chrysler Turbine Car del 1963 venne progettata sotto la direzione di Elwood Engel, che aveva lavorato per Ford prima di entrare nei Chrysler Studios. A causa della somiglianza di questo modello con la Ford Thunderbird - progettata dallo stesso Engel - la Turbine Car divenne nota anche come "Engelbird". D'altro canto la Chrysler doveva andare a competere proprio con la Thunderbird, oltre alla Chevrolet Corvette C2.

Gasturbine
Chrysler Turbinenwagen

Il design della carrozzeria fatta a mano era però frutto della matita italiana di Ghia, che già aveva dato vita a diverse concept per conto del marchio americano. Una volta create, assemblate, verniciate, rifinite e rivestite da Ghia in Italia, le Turbine Car venivano trasportate nello stabilimento Chrysler di Greenfield Road (Detroit, USA) per l'assemblaggio finale. Proprio qui venivano installati i motori a turbina, le trasmissioni specifiche TorqueFlite, i cablaggi elettrici e i componenti quali radio e riscaldamento.

Fra il 1963 e il 1964, i 50 esemplari vennero prodotti in modo identico nella verniciatura "Turbine Bronze". Erano coupé hard-top, con servosterzo e portiere a comando pneumatico. Le sospensioni anteriori erano indipendenti con molla elicoidale, mentre alla frenata pensavano i freni a tamburo con assistenza elettrica.

Chrysler Turbinenwagen

Il cruscotto era dominato da tre grandi indicatori: un tachimetro, un contagiri e un pirometro per controllare la temperatura dell'ingresso nella turbina - il componente più caldo del gruppo propulsore.

Nel complesso non sembra così diversa da un'auto tradizionale, se non fosse che il contagiri e l'indicatore della temperatura avevano numeri insolitamente alti: 60.000 rpm e 930 °C rispettivamente. Tutti gli esemplari erano così simili tra di loro da condividere anche la chiave di accensione del quadro.

Chrysler Turbinenwagen

La Chrysler Turbine Car era alimentata dall'A-831, quarta generazione del motore a turbina che godeva di due rigeneratori (uno su ogni lato del carburatore) invece di un unico scambiatore di calore sulla parte superiore come la serie CR2A. Il peso venne così ridotto a "soli" 186 kg di turbina - un risultato degno di nota, se si pensa che i classici V8 da più di 6.5 litri (cosiddetti Big Block) degli Anni '60 potevano pesare facilmente 250 kg - e grazie al loro design si resero superflui antigelo, raffreddamento, radiatori, bielle e albero motore.

L'A-831 poteva funzionare con una gran varietà di carburanti: gasolio, paraffina, carburante da jet (JP-4) e benzina senza piombo, mentre la benzina rossa tendeva a danneggiarlo. Secondo Chrysler però la lista dei combustibili poteva continuare: il presidente messicano dell'epoca, Adolfo Lopez Mateos, lo fece funzionare persino con la tequila dopo che gli ingegneri Chrysler confermarono che il propulsore avrebbe retto.

La potenza era di 130 CV a 36.000 giri/min, la coppia era di ben 576 Nm - un risultato elevato per l'epoca - e al minimo girava tra i 18.000 e i 22.000 rpm. Alla massima velocità di 193 km/h, il tachimetro segnava 60.000 giri/min. Eppure, al minimo i gas di scarico non superavano gli 82 °C: il rapporto di compressione era di 4:1, l'efficienza complessiva era dell'80% ma la camera di combustione toccava picchi di 95%.

Chrysler Turbinenwagen

Pro e contro della turbina

Le 50 vetture vennero prestate gratuitamente ai conducenti per tre mesi, lasciando ad essi solo le spese di uso del carburante. Chrysler poi intervistò i conducenti in modo approfondito a due settimane dalla riconsegna delle vetture (il programma durò da ottobre 1963 a gennaio 1966).

Emersero così una serie di problemi con le auto, tra cui malfunzionamenti del motorino di avviamento ad alta quota, difficoltà nel padroneggiare l'insolita procedura di avviamento a otto stadi (che portò anche a danni meccanici della turbina per alcuni utenti) e l'accelerazione non troppo entusiasmante. Tuttavia, i motori a turbina erano notevolmente durevoli rispetto ai motori a pistoni contemporanei.

I vantaggi più sottolineati erano: il funzionamento senza vibrazioni, la minor manutenzione necessaria e la maggior facilità di accensione del motore in condizioni in cui un motore a pistoni avrebbe faticato.

D'altra parte, le lamentele riguardavano l'accelerazione (non così fulminea), un rumore eccessivo a regimi più elevati e un consumo di carburante non adeguato.

Chrysler Turbinenwagen

La fine della Turbine Car

Dopo più di 1,6 milioni di chilometri complessivi percorsi dalle 50 auto a disposizione del pubblico, il gennaio 1966 segnò la fine ufficiale del progetto.

Chrysler distrusse 46 Turbine Car dopo aver completato il programma e altre dimostrazioni pubbliche. Quarantacinque di esse furono semplicemente bruciate e demolite per schiacciamento in un deposito rottami a Sud di Detroit, mentre la 46esima finì distrutta direttamente al centro sperimentale Chelsea Proving Ground di Chrysler.

La Casa americana continuò lo studio di motori a turbina per l'uso automobilistico nel corso deli Anni '70, ma i problemi "non progettuali" furono ostacoli invalicabili: la crisi petrolifera del 1973, la continua sfida di un progetto senza un passato a cui attingere, le crisi finanziarie delle aziende coinvolte e gli Stati Uniti che remavano contro l'uso delle turbine sulle auto segnarono insieme la fine del progetto, così che Chrysler dovette interrompere il programma durante lo studio della settima generazione nel 1979.

Solo nove Chrysler Turbine Car del 1963 sono sopravvissute fino ai giorni nostri. La stragrande maggioranza di esse è esposta in musei automobilistici americani, mentre una sola di esse appartiene a un privato: nientemeno che a Jay Leno, che l'acquistò direttamente da Chrysler nel 2009. Nel video qui sopra potete vedere e sentire come suona e come si guida una Turbine Car originale.

Fotogallery: Chrysler Turbine Car