È scontro tra titani statunitensi nel settore dell’auto a guida autonoma. Uno è Google (attivissimo nello sviluppo della vettura robot grazie alla controllata Waymo) e l’altro è Uber, così proiettato nel futuro da pensare non solo alla “self-driving car” ma anche ai taxi volanti, nonostante le critiche ricevute negli ultimi mesi. Google un paio di anni fa ha accusato Uber di aver costruito la sua auto a guida autonoma usando la tecnologia rubata da un ingegnere: questi ha lasciato Waymo dopo aver trafugato (dice il gigante di Mountain View) 14.000 documenti dai suoi archivi elettronici. Per questo, Big G ha fatto causa a Uber. Che però nega tutto: semplicemente, è scontato che un cervello porti il suo bagaglio di conoscenze dalla vecchia azienda a quella nuova. Nessun furto, nessuna truffa. Comunque sia, a San Francisco è iniziato il processo che vede coinvolti Waymo e Big U per questo presunto furto di documenti sulla tecnologia della macchina robot.

Chi è il protagonista

L’uomo che ha scatenato la “guerra” Google-Uber è Anthony Levandowski: ex ingegnere di Google che lavorava al progetto del veicolo senza pilota. Si è licenziato, fondando nel 2016 una sua società autonoma, chiamata Otto, per lo sviluppo di questa tecnologia. Dopodiché, Otto è stata acquistata da Uber per 860 milioni di dollari. Per Waymo, ci sarebbe un “trucco”: l’operazione sarebbe una copertura per consentire a Uber di accedere alle conoscenze di Levandowski. Una spy-story americana. Perdipiù, Levandowski è stato licenziato da Uber. Ha fondato così un suo culto: “Way of the Future”, la "religione” della Silicon Valley, con un dio tecnologico, artificiale.

Possibili conseguenze pesanti

Il processo è davvero rilevante. Primo: emergerà se le accuse di furto nei confronti di Uber siano fondate. Secondo: inciderà sulla prosecuzione dello sviluppo dell’auto a guida autonoma. Si tratta di una “battaglia” tecnologica, con riflessi anche a livello di immagine: chi vince, chi arriva primo, chi sforna la tecnologia più sicura ne trarrà enormi giovamenti. Per questo, Uber ha intensificato la collaborazione con Volvo, mentre Waymo ha rinforzato l’alleanza con FCA. Senza contare i numerosi altri competitor sulla piazza, come Tesla o altri che appartengono strettamente al comparto automotive o che ne erano quasi del tutto estranei sino a pochi anni fa come, per esempio, Apple.

Un miliardo di dollari in ballo

Pare che Google intenda dimostrare l’esistenza della cospirazione grazie a un fatto preciso: Levandowski e Kalanick (ex numero uno di Uber) si sono scambiati diverse mail. Uber non nega il passaggio di documenti, ma evidenzia che che non sono stati utilizzati per sviluppare la tecnologia delle auto robot. Il punto è: questi documenti contenevano segreti industriali? Se i giudici propendessero per il sì, Uber potrebbe essere condannata a un mega risarcimento: un miliardo di dollari.