Dici Triumph, pensi alle moto, principalmente a tre cilindri. Invece, Triumph è stato anche un Costruttore automobilistico, piccolo, anzi piccolissimo, che con Triumph Motorcycles Ltd ha in comune solo il nome. "L'altra" Triumph, quella meno nota, è ciò di cui tratta questa retrospettiva, perché quella piccola azienda ha regalato una “macchinetta” che è entrata nella storia e nel cuore degli appassionati di auto; se non di tutti, di quelli che amano le inglesi. Il suo nome è Spitfire - in onore degli aerei da guerra Supermarine Spitfire in dotazione alla Royal Air Force (l’aviazione militare del Regno Unito) - e nasce nel 1962, in risposta alla Sprite, che non è la bevanda gasata ma un’altra sportivetta inglese, prodotta dalla Austin-Healey. La Spitfire è anche un pochino italiana, o meglio il suo lato migliore, ovvero il design, è 100% italiano: a firmarlo è infatti Giovanni Michelotti, che in pochissimo tempo realizza un modello in legno, di dimensioni reali, immediatamente approvato dai vertici della Triumph. Siamo nel 1960, ma prima di andare nelle concessionarie la Spitfire ha bisogno di altri due anni, perché nel frattempo l’azienda attraversa anche un periodo difficilissimo, dal quale si risolleva grazie all’aiuto della Leyland Motors Company, che ne rileva il 100% del controllo nel 1961.


Quel progetto è una bomba, anzi una “Bomb”


Durante le fasi di passaggio di proprietà dell’azienda, il progetto Spitfire - che si chiama provvisoriamente Bomb - viene messo nell’angolo, nel vero senso della parola, finché un giorno il nuovo n°1 dell’azienda, camminando per il reparto design della Triumph, nota la maquette impolverata di una piccola auto. Chiede lumi, se la fa lucidare e se ne innamora al punto che dopo pochissimo tempo dà il via allo sviluppo, incaricando i suoi uomini di fare molto ma molto in fretta. Si prende dunque il telaio della Herald, lo si accorcia di 22 mm e gli si avvita sopra la nuova carrozzeria. Le sospensioni sono a quattro ruote indipendenti, con la chicca di quelle anteriori a triangoli sovrapposti.


Un solo obiettivo: essere più “gasata” della Sprite


La rivale e allo stesso tempo il punto di riferimento è la già citata Austin Healey Sprite. In Triumph si convincono di poter offrire un prodotto migliore sotto tutti i punti di vista: spazio per le gambe, bagagliaio, prestazioni e anche facilità di manutenzione. Effettivamente riescono nell’intento (la Spitfire farà meglio della Sprite, in termini di volumi di vendita, per tutto il periodo lungo il quale entrambe sono state in commercio e nonostante un prezzo superiore) e pure a tempo di record: i primi prototipi assaggiano l’asfalto per la prima volta nella primavera del 1962, la maggior parte dei collaudi viene portata a termine ad agosto e in ottobre la macchina viene lanciata al Salone di Londra. Se si pensa ai tempi richiesti ancora oggi a un’auto prima di andare in produzione, si capisce perché la Spitfire non sia esattamente un esempio di affidabilità. Poco male, a una spider due posti come questa gli appassionati concedono anche qualche “sregolatezza”.


Spartana? Di più


Da buona inglese, la Spitfire è a dir poco “minimal” nell’allestimento: pensate che all’inizio c’è la serratura solo sulla portiera lato guida, il riscaldamento è optional e la capote sembra un panno di tela buttato su alla meno peggio. Nonostante tutto ciò, il suo successo è convincente, non solo in Gran Bretagna ma anche negli Stati Uniti. Alla fine dei suoi 18 anni di carriera - andrà in pensione nel 1980 - viene prodotta in oltre 300.000 esemplari: numeri piccoli, in senso assoluto, ma che per un’auto come la Spitfire sono qualcosa di significativo. Non sono certo esaltanti le prestazioni, ma bisogna considerare che siamo negli anni Sessanta e che si tratta pur sempre di un’auto economica: 147 km/h la velocità massima, 17,3 secondi il tempo per scattare da 0 a 60 miglia all’ora (96 km/h).


Tante evoluzioni, fino a diventare maggiorenne


Come detto, la carriera della Spitfire dura 18 anni. Un periodo lungo, che la spiderina inglese affronta continuando a migliorarsi, nel look e nella meccanica. Le evoluzioni principali sono la Mk2, del 1965, che aggiunge 4 CV ai 63 originari del motore e un pavimento in moquette più curato di quello in gomma del primo modello. Più pesanti le modifiche della Mk3 del 1967, che vede l’adozione di un paraurti anteriore più robusto per soddisfare le norme americane, un nuovo motore 1.3 che sostituisce il vecchio 1.1 e porta la potenza a 75 CV, ma anche una capote più robusta e costruita con molta più cura. Nel 1970 Triumph mette mano ancora una volta pesantemente alla Spitfire. Il look viene rivisto da Michelotti in persona, il parabrezza è più ampio, cresce lo spazio per i bagagli e le finiture interne migliorano nettamente. Infine, nel dicembre del 1974, ecco la Spitfire 1.500, con motore appunto da 1,5 litri capace di spingerla fino a 161 km/h.

Fotogallery: Triumph Spitfire, piccola è bella