Oggi pensare a Volvo come alternativa ai marchi premium tedeschi è la norma, ma le cose non sono sempre andate così. Negli anni Sessanta, per esempio, detto che lo status più prestigioso spetta solo a Mercedes (BMW e ancor di più Audi seguono a distanza), l’azienda svedese è poco più che un’ambiziosa sfidante. A Goteborg però mirano a qualcosa di più e il capo dei progettisti, Jan Wilsgaard, riceve il compito di dare forma e sostanza al desiderio dei top manager. Ovviamente il lavoro non è per niente semplice: il mercato è in una fase di transizione e, come sempre, se da una parte ci si vuole misurare con la migliore concorrenza (che negli USA ha il nome di Buick e Oldsmobile, oltre che di Mercedes), dall’altro un contenimento dei costi di progettazione e industrializzazione è sempre più che gradito.
Un’indagine di mercato sbagliata
Di fatto, dunque, la 164 altro non è che una 144 (la berlina Volvo già presente nella gamma) allungata in avanti - spostando anche l’asse anteriore - di 10 cm. Una modifica strutturale, resa indispensabile dalla necessità di trovare posto al motore a 6 cilindri in linea da 3 litri di cilindrata, capace di 145 CV e alimentato da due carburatori a doppio corpo Zenith-Stromberg. Eppure, tutto ciò non basta per far percepire la 164 come un prodotto nettamente superiore alla 144. L’errore di valutazione di Volvo, inoltre, dipende anche da un altro aspetto di non poco conto: gli esperti di mercato cui si rivolge Volvo per tracciare le linee base del progetto prendono un abbaglio, perché prevedono per le auto compatte un successo sicuro negli Stati Uniti. Sappiamo tutti come sono andate le cose.
Cambio a “controllo remoto”
Oggi diamo per scontati i cambi a doppia frizione o gli automatici con convertitore di coppia che assicurano passaggi di rapporto fulminei. 50 anni fa, invece, persino una Casa come Volvo si vantava che la sua auto di punta avesse il cambio ZF a controllo remoto, ovvero con la leva posizionata sul tunnel e non a ridosso della plancia, quindi direttamente sopra alla campana del cambio stesso.


Finiture curate
Le differenze tra 144 e 164 sono più grandi dentro che fuori: i sedili guadagnano un rivestimento di panno più spesso, mentre il pavimento viene ricoperto di tessuto. Il divano posteriore? Sparito, sostituito da due sedili, separati da un bracciolo mobile al centro. Un anno solo dopo l’inizio della commercializzazione, ecco i primi miglioramenti: sedili in pelle di serie, luci alogene supplementari integrate e poggiatesta. Negli USA la dotazione è ancora più ricca: finestrini elettrici, tetto apribile elettricamente, aria condizionata e vetri oscurati.
L’auto “per medici, avvocati, dentisti”
Il virgolettato riportato qui sopra è della rivista Car and Driver, che nel 1969 dà un giudizio lusinghiero della 164: la ritiene al livello della migliore concorrenza e la vede adatta ai professionisti che hanno una capacità di spesa medio-alta e che vogliono qualcosa di diverso. In fondo, non è l’identikit perfetto anche delle Volvo di oggi? La differenza, tra ieri e oggi, è che la gamma odierna si sta affermando davvero come alternativa premium al Made in Germany, mentre la 164 non riesce ad avere tanto successo (poco più di 146.000 esemplari prodotti), penalizzata, come già scritto, da una somiglianza fin troppo stretta con la pur ottima 144.