Bricklin
Il Canada non è famoso per le auto. Nel corso degli anni infatti è stato un importatore, sopratutto dai vicini Stati Uniti o dalla Francia. Nella prima metà degli anni '70, quando cominciarono ad arrivare le prime auto compatte economiche dall'Europa e dal Giappone, nacque la Bricklin. Il primo modello presentato è stata la sportiva SV-1.
Si trattava di una berlina coupé con porte ad ali di gabbiano e una carrozzeria in fibra di vetro e veniva prodotta nella provincia del New Brunswick. Era equipaggiata con gli stessi motori e cambi che venivano utilizzati per le auto americane dell'epoca, con gli stessi problemi di affidabilità.
Tra questo e il prezzo di certo non economico, non è difficile immaginare come sia finita. La produzione è durata meno di due anni durante i quali l'azienda è riuscita a produrre solo tremila auto. Alla fine degli anni 2000 hanno provato a rilanciare il Marchio con il progetto di un'auto elettrica, ma non c'è stato niente da fare.
DeLorean
DeLorean è sicuramente il marchio più famoso di questa lista, conosciuto ai più sopratutto per la trilogia cult di "Ritorno al futuro" in cui interpretava il ruolo della macchina del tempo.
La DeLorean Motor Company è stata fondata nel 1975 da John Delorean, ex dipendente General Motors, che ha fatto molti sforzi per creare la prima auto del suo marchio, il cui design è stato realizzato da Giorgetto Giugiaro. Era prodotta in Irlanda del Nord e i pannelli della carrozzeria erano in acciaio inossidabile. Il prezzo di partenza doveva essere di solo 12 mila dollari, ma quando è arrivata sul mercato partiva da una base di 25 mila.
L'inizio della produzione fu rinviato più volte, con le prime auto che uscirono dalla fabbrica solo nel 1981, quasi cinque anni dopo il debutto del prototipo. Sfortunatamente, la bellezza dell'auto era inversamente proporzionale al piacere di guida (sotto il cofano c'era un V6 da 2.9 litri da 130 CV sviluppato da Peugeot, Volvo e Renault) e la qualità costruttiva era mediocre.
Dyson
L'azienda britannica Dyson, conosciuta per i suoi costosi aspirapolvere, asciuga mani, asciugacapelli e altri elettrodomestici, ha recentemente cercato di entrare nel mondo dell'auto con un'elettrica. Nessuno però le ha dato troppa importanza considerando che, in quel periodo, anche colossi come la compagnia petrolifera Shell e Apple avevano gli stessi obiettivi.
James Dyson, il boss dell'Azienda, era determinato: ha acquistato la società americana Sakti3 specializzata in ricerche sulle batterie a stato solido e ha assunto molti ingegneri provenienti da Aston Martin, BMW, Infiniti e Tesla.
La Società ha iniziato anche la costruzione di una fabbrica a Singapore, anche se gli inglesi erano riluttanti a condividere i dettagli tecnici sulle auto. Si sosteneva infatti che le elettriche Dyson non avrebbero adottato nessuna delle piattaforme già presenti sul mercato con un progetto interamente sviluppato da zero. In totale sono stati investiti oltre 600 milioni di euro ma le prospettive di mercato incerte hanno contribuito al fallimento del progetto su cui gli investitori non hanno più voluto puntare.
Edsel
Nella seconda metà degli anni cinquanta, la General Motors si posizionava al primo posto nel mercato statunitense in termini di vendite per merito di una vasta gamma di marchi: Chevrolet, GMC, Pontiac, Buick, Oldsmobile e Cadillac.
Anche Ford ha optò quindi per l'ampliamento della gamma unendo Mercury e Lincoln al marchio Continental. In omaggio al figlio di Henry Ford venne fondata anche la Edsel, che andava ad occupare il vuoto tra Mercury e Lincoln.
Rispetto alle altre Ford però non c'era alcuna differenza, non in termine di motori e dotazioni e poche in quanto a design: nel primo anno ne sono state vendute oltre 70 mila, ma nei due anni successivi la domanda è scesa al minimo. I motivi erano evidenti: scarsa qualità costruttiva e poche differenze con le altre Ford e Mercury (che costavano di meno) e un design meno accattivante.
Marussia
Spostiamoci in Russia, dove lo showman Nikolai Fomenko ha fondato la Marussia nel 2007. Fin da subito numerosi investitori hanno creduto nel progetto che aveva piani incredibili: l'arrivo di tre modelli sportivi (B1, B2 e B3), due SUV, una ibrida cittadino e molto altro.
Sul piano della comunicazione è stato fatto un ottimo lavoro, con la Marussia che ha suscitato molto interesse sul piano internazionale e sui mercati esteri. Iniziò ad apparire ai saloni automobilistici internazionali, con il numero di ordini che aumentava di giorno in giorno. Ma un conto è parlare, un altro è agire.
Sono venute alla luce solo pochissime auto e un paio di dozzine di prototipi: i fornitori delle componenti però erano diversi, per cui gli esemplari erano motorizzati Cosworth, Nissan, Audi, Toyota, ecc. I soldi finirono prima di completare tutti i test e i crash test non vennero fatti. Marussia fallì nel 2014.
Scion
Anche Toyota entra in questa classifica. Dopo il successo del lancio del marchio premium Lexus, i giapponesi hanno deciso che l'immagine della gamma, rivolta principalmente ad un pubblico più grande, diminuisse l'appeal nei confronti dei più giovani nonostante le varie Supra e Celica.
Per questo, nel 2002 viene presentato il marchio Scion: la sua gamma poteva contare su Toyota "rivisitate" con un design più accattivante, accessoriate ma al tempo stesso leggermente più economiche.
Il primo campanello d'allarme suonò durante la crisi finanziaria del 2008, quando il management dell'azienda, come parte del programma di riduzione dei costi, iniziò a pensare di chiudere il marchio per via delle vendite diminuite drasticamente.
La divisione venne chiusa nel 2016, con tutti i modelli che però sono rimasti sul mercato con il badge Toyota.
Saturn
All'inizio degli anni '80 ci sono grandi cambiamenti all'interno della General Motors, che ha applicato un un ridimensionamento su larga scala di tutti i modelli pre crisi petrolifera del 1973. Come a voler celebrare l'inizio di un nuovo capitolo nacque il marchio Saturn, che cominciò a vendere le prime auto dal 1990.
All'inizio ebbe un successo enorme, con un milione di esemplari venduti in meno di cinque anni. Più avanti però non sono stati più in gradi di attirare nuovi clienti, e questo anche per via della scarsa affidabilità delle auto e per l'assistenza post vendita scadente. Chi comprava Saturn, poi, cambiava marchio. Ha chiuso i battenti nel 2010.
Spyker
La casa automobilistica olandese Spyker nasceva nel 1880 e, fino al 1926, è stata impegnata nella produzione di carrozze, automobili e persino aerei (durante la Prima Guerra Mondiale). Alla fine degli anni '90, gli olandesi decisero di rilanciare il marchio credendo che il nome storico avrebbe aiutato nelle vendite di auto sportive.
Le Spyker, fino a quando sono state in vendita, erano auto contraddistinte da un design molto particolare, sopratutto per quanto riguarda gli interni, ma i grandi costi di sviluppo e di produzione hanno pesato troppo sui conti per via dei numeri di vendite bassissimi.
Dopo la crisi del 2008 ci sono stati anche gravi problemi finanziari, anche a seguito del trasferimento della produzione in un nuovo sito e dell'acquisto completamente inutile di Saab nel 2010. La situazione non ha fatto altro che accrescere i debiti fino al fallimento nel 2014. Dopo un mese e mezzo però la Casa ha fatto ricorso - vincendo - e, dopo sei mesi, la produzione è ripartita.
Da quel momento è stato un susseguirsi di annunci di nuovi modelli, compresi coupé e crossover, con alcuni progetti che, come partner, avevano anche aziende del calibro di Lotus e Koenigsegg. Chissà se un giorno vedremo nuove Spyker: per il momento le possibilità sono ridotte all'osso.
Tucker
La Tucker Corporation è stata fondata da un uomo d'affari americano, Preston Tucker, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, con l'obiettivo di andare a dare fastidio sul mercato a colossi del calibro di Ford, General Motors e Chrysler che avevano a listino ancora vecchi modelli.
La Tucker puntava su una berlina a motore posteriore, un sei cilindri boxer in alluminio, uno schema a sospensioni indipendenti, freni a disco, fari anteriori orientabili, pannelli interni soft touch, un parabrezza eiettabile in caso di incidente e un design futuristico.
Il prezzo annunciato per la berlina Tucker era di 2.500 dollari, di 500-1.000 dollari rispetto alle più obsolete Lincoln e Cadillac il cui progetto risaliva a prima della Guerra. Una lunga causa legale bloccò la produzione ma, cadute le accuse, la reputazione era ormai rovinata. La produzione è stata sospesa dopo solo 50 auto che, oggi, hanno un valore di circa 2 milioni di dollari ciascuna.
TVR
Il marchio britannico TVR, forse il più conosciuto di quest'elenco, è stato fondato dal 23enne Trevor Wilkinson subito dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale.
Voleva costruire auto da corsa ma iniziò occupandosi della manutenzione e la riparazione di auto e camion. Il primo veicolo, costruito in autonomia nel 1949, aveva un motore da 1.2 litri preso da un furgone Ford vecchio di tredici anni, con la prima macchina, la TVR Coupé, che arrivò solo nel 1958.
All'inizio erano molto richieste tra i piloti e gli appassionati di auto sportive negli Stati Uniti, ma la qualità costruttiva mediocre e i frequenti guasti non hanno giocato a suo favore. Anche la dirigenza, ingegneri che non avevano esperienza, fallì tutti gli obiettivi con la Società che finì presto sull'orlo della bancarotta prima di essere acquistata nel 2000 dall'oligarca russo Nikolai Smolensky.
Nel 2012, TVR è stata inglobata nella società britannica Forest Edgar, con la promessa di rilanciare la produzione e far arrivare sul mercato un nuovo modello, la Griffith di seconda generazione. Ma, di lei, ancora non si sa nulla.
Vector
La storia della Vector Motors iniziò negli anni '70, quando il giovane designer Gerald Wigert decise di avviare la propria attività. La società è stata fondata nel 1971 e, un anno dopo, la concept car The Vector era sulla copertina della rivista Motor Trend. È stata presentata dopo pochi anni al Salone di Los Angeles.
Wigert voleva costruire auto belle e veloci, ma di anno in anno ha annunciato prezzi sempre più alti per auto che non erano nemmeno andate in produzione. Il primo prototipo funzionante arrivò su strada nel 1979 e, nonostante i test per oltre 160.000 km, l'inizio della produzione fu costantemente ritardato.
Nel 1989 arrivò la Vector W8 ma, invece che pezzi Porsche, montava una meccanica General Motors. Il pubblico aveva apprezzato la macchina, con il famoso tennista Andre Agassi che si era messo in lista per averne una. Rimase però deluso dalla qualità costruttiva, soprattutto dopo aver pagato 455 mila dollari.
Questa storia è stata subito ripresa dai media, con la reputazione della Vector che ne uscì con le ossa rotte. Nei quattro anni successivi si vendettero solo 17 auto. Il marchio non è fallito, ma è finito nel dimenticatoio.
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