La filiera auto è sempre più preoccupata del destino riservato dall’annuncio di venerdì sera, arrivato dopo che il Comitato interministeriale per la transizione ecologica (Cite) ha deciso lo stop alle vendite di nuove vetture diesel e benzina dal 2035.
“Un fatto gravissimo” è il giudizio rilasciato all’Adnkronos da Marco Bonometti, presidente e amministratore delegato di Officine Meccaniche Rezzatesi (OMR), gruppo specializzato nella componentistica per veicoli.
Un milione di lavoratori in meno
L’industria in cui opera Bonometti è proprio quella che verrebbe più colpita dall’addio al motore endotermico, con ripercussioni, a suo dire, per tutto il Paese: “Le conseguenze saranno devastanti. Si sta parlando di un settore che vale il 7% del Pil italiano. Vogliamo perderlo? La strada è quella giusta”.
Ma al di là dei freddi numeri, l’a.d. di OMR ricorda che sono soprattutto le persone a pagare la decisione del Governo. E non solo i “60.000 lavoratori del comparto”, ma “tutta la filiera, dai concessionari ai meccanici e ai servizi”.
Si parla di “oltre un milione di posti” ed “è stato stimato che un annuncio del genere fa già chiudere il 50% delle piccole e medie imprese, anche perché questo disegno del 2035 sarà nei fatti anticipato dalla gente di almeno 5-7 anni, dato che nessuno compra un’auto se non sa per quanto tempo potrà utilizzarla”.

Incoerenza
Parla invece di 70.000 dipendenti Carlo Bonomi, presidente di Confindustria, che ammonisce dai microfoni di Class Cnbc: “Quando si prendono certi provvedimenti bisogna non solo farsi belli con l’annuncio, ma capire quali sono le ricadute”.
L’appello all’esecutivo è di farsi un’idea chiara della direzione da prendere: “Bisogna avere coerenza. Alla Cop26 il Governo non ha firmato quel documento (che impegna gli Stati a fermare i motori a combustione nel 2035-2040, ndr), ma improvvisamente venerdì scorso un comunicato stampa del Cite annuncia un phase out al 2035. Ci troviamo di fronte a due comportamenti che non sono coerenti”.
“I presupposti della transizione così come li aveva impostati la Commissione europea – continua Bonomi –, erano di neutralità tecnologica. Nel momento in cui si accelerano dei processi, o si fissano delle date, senza condividerlo con il mondo produttivo, la neutralità tecnologica è cancellata per dare un’indicazione”.
Prima di chiudere, una richiesta a Roma: “Se i Ministeri hanno annunciato un phase out, auspico che ci sia stato uno studio, quindi lo presentino. Vogliamo vedere i numeri e, se c’è un impatto, quali sono le risorse messe in campo per mitigarlo”.
Tutti intorno a un tavolo
Parole un po’ più morbide arrivano invece da Rocco Palombella, segretario generale della Uilm: “L’auto continua a essere il primo settore manifatturiero in Italia. Dobbiamo evitare di andare dietro agli allarmismi e chiedere al Governo di considerarlo uno dei temi prioritari”.
Il suo invito è “insediare urgentemente i tavoli di confronto per stabilire tempi e modalità della transizione”, perché “i componenti delle auto saranno per l’80% elettrici, quindi non basta produrre batterie, ma bisogna avere un’intera catena della componentistica”.