Il 2022 dell'auto in Italia è iniziato nel peggiore dei modi con un calo del 19,7% delle immatricolazioni e il futuro, in assenza di una strategia ben calibrata, non sembra certo dei più rosei. A sottolineare una volta in più i rischi per il mondo del lavoro ci pensano sindacati che, in un comunicato congiunto, lanciano un nuovo "grido di dolore" (per citare il testo) rivolto al Governo Draghi perché intervenga per salvaguardare i posti di lavoro nel Bel Paese.
"L’industria automotive – definita sin dal 1946 'l’industria delle industrie' – vale in Italia un fatturato di 93 miliardi di euro, pari al 5,6% del Pil e nel solo comparto della fabbricazione di autoveicoli, rimorchi e semirimorchi operano oltre 2mila imprese e 180mila lavoratori e si realizza il 7% delle esportazioni metalmeccaniche nazionali per un valore di 31 miliardi di euro", ricorda il comunicato congiunto di Federmeccanica, Fim-Cisl, Fiom-Cgil e Uilm-Uil.
In attesa di un colloquio
L'industria ha visto calare in maniera evidente la produzione sul suolo italiano, "passata dagli oltre 1,8 milioni di veicoli del 1997 ai 700.000 nel 2021, di cui meno di 500.000 autovetture". Il tutto con 3.000 lavoratori che da inizio 2022 hanno dovuto abbandonare i propri impieghi, anche per via della mancanza di visione a livello di sistema Paese nel delicato contesto della transizione energetica.
Un cambiamento epocale che "oscilla pericolosamente tra grandi opportunità e gravi rischi" ricordano i sindacati, per i quali non è più rimandabile l'apertura di un tavolo per "discutere insieme iniziative urgenti", come chiesto già da più fronti.
I punti evidenziati dalle sigle sindacali sono i seguenti:
- Interventi di regolamentazione del settore Automotive nel quadro delle transizioni e della relazione con gli attori istituzionali;
- Gli impatti specifici per il territorio italiano;
- Gli ammortizzatori sociali per accompagnare le transizioni in atto, di breve e di lungo periodo;
- I fabbisogni e le disponibilità di competenze tra education e formazione di accompagnamento alla trasformazione.
- Le risorse e la governance per le politiche industriali che, sulla base di competenze specifiche, possano contribuire a:
- attivare le sinergie di una filiera ramificata, promuovendo dimensioni e cultura di impresa compatibili con le sfide del settore;
- gestire le crisi industriali già aperte;
- attivare investimenti di sostegno alla domanda verso le tecnologie compatibili con il Green Deal e, parallelamente, all’introduzione di vincoli alle emissioni;
- attivare investimenti di sostegno all’offerta per:
- la difesa dell’attuale capacità installata e dell’occupazione;
- l’attrazione di nuovi investimenti produttivi nel contesto competitivo;
- il sostegno alla ricerca e sviluppo di prodotti che valorizzino le eccellenze italiane di tecnologia e stile.
Il rischio collasso
La nota dei sindacati ricorda infine gli ampi interventi da parte dell'Europa sul settore auto negli ultimi anni, a partire dallo stop alle auto benzina e diesel proposto per il 2035 - verso cui si muove anche in Italia -, sottolineando come "questa misura, se non accompagnata da interventi, potrebbe portare in Italia ad una perdita di circa 73.000 posti di lavoro, di cui 63.000 nel periodo 2025-2030".
Ed è proprio sugli indispensabili interventi al contorno della transizione che si gioca la partita per il futuro industriale del nostro Paese. La politica non può lasciare alla deriva un settore così fondamentale.