Avrebbero creato un cartello per accordarsi sul costo della componente bio e guadagnare di più dalla vendita dei carburanti. Eni, Esso, Ip, Iplom, Q8, Tamoil e Saras finiscono così nel mirino dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Agcm) con l’accusa di “intesa restrittiva della concorrenza”.
Il sospetto dell’Antitrust – riportato in una nota stampa – è che le sette compagnie si sarebbero coordinate nella “determinazione del valore della componente bio necessaria per ottemperare agli obblighi previsti dalla normativa in vigore”.
Tutto comincia 4 anni fa
La legge chiede infatti che almeno il 10% di benzina e diesel sia composto da carburanti bio. L’Autorità fa però notare che “il valore di questa importante componente del prezzo è passato da 20 €/mc del 2019 a circa 60 €/mc di oggi”, con un “impatto sui prezzi alla pompa di circa 2 miliardi di euro”.

Una persona fa rifornimento di benzina all'auto
E, secondo l’Agcm, si tratta di un aumento frutto di un accordo illecito, realizzato attraverso “scambi di informazioni diretti o indiretti tra le imprese interessate, anche attraverso articoli pubblicati su ‘Staffetta Quotidiana’, noto quotidiano di settore”.
La sede del giornale, insieme a quelle delle società e di “altri soggetti ritenuti in possesso di elementi utili all’istruttoria”, sono state quindi perquisite dall’Autorità e dal Nucleo Speciale Antitrust della Guardia di Finanza.
Fonte: Agcm