Quando Jeep presentò alla stampa internazionale la neonata Jeep Cherokee, poco più di un anno fa, un collega chiese al management italo-americano perché un’auto di questa caratura avesse solo un motore diesel da 2 litri e non almeno un 2.2 litri. Ieri, lo stesso giornalista era presente al lancio di questa nuova motorizzazione e, mentre Paolo Pallotti - Direttore Tecnico, Ingegneria Motori, FCA EMEA – spiegava le virtù del nuovo 2.2 Multijet, annuiva e sorrideva contento. Questo aneddoto spiega quanto sia naturale questa crescita di cilindrata, un salto di categoria atteso sia dagli addetti ai lavori che da quei clienti che “arrivano a comprare una Cherokee dopo essere scesi da una berlina di prestigio” e, come ha spiegato Dante Zilli, Head of Marketing EMEA, rappresentano ben il 70% del totale. Quindi ecco questo nuovo quattro cilindri da 185 o 200 CV, che in entrambe le versioni eroga ben 440 Nm di coppia massima.

Addio al 2.0 170 CV

Il suo ingresso in listino comporta la contemporanea uscita del 2.0 Multijet II nella versione da 170 CV, quella accoppiata al cambio automatico a 9 marce e alla trazione Active Drive I. Il nuovo 2.2 Multijet è abbinato esattamente agli stessi componenti, mentre il 2.0 rimane solo come “entry level” da 140 CV, con la trazione anteriore e la trasmissione manuale a 6 marce. Tornando ancora sull’avvicendamento tra i due turbodiesel, non sono tanto i 15 o 30 cavalli in più a fare la differenza, ma i Newton metri di coppia che passano da 350 a 440, una bella differenza. Infatti, il 2.0 Multijet, che sulla Alfa Romeo Giulietta esprime 380 Nm, sulla Cherokee si fermava a 350 Nm, a causa della minore capacità di quest’ultima di raccogliere aria fresca dall’esterno. Il salto, dunque, è di 90 Nm e su strada si sentono tutti. A proposito di Alfa Romeo, c’è anche da dire che questo motore lo ritroveremo tra breve sulla “progetto 952” o se preferite la nuova “Giulia”, ma questa è un’altra storia.

Comoda e “americana”

Oggi la star è la SUV di casa Jeep, quinta incarnazione di un mito che nel 1984 ha introdotto il concetto di fuoristrada moderno, essendo stata la prima in assoluto con scocca portante. La sua silhouette e le sue proporzioni, squadrate ma perfette, sono rimaste scolpite nella memoria di tutti. Oggi la Cherokee è molto diversa, più tondeggiante e scolpita. Più la osservo più cresce la sensazione di guardare qualcosa di familiare. Non saprei dire di preciso in quale parte dell’auto, ma la parentela, seppur lontana, con la Giulietta, riesco a intuirla anche senza bisogno di ricordarmi che il pianale della Jeep è stato messo a punto partendo da quello dell’Alfa. Una volta dentro, invece, la sensazione di familiarità scompare per lasciare il posto a un feeling americano che più di così non si può. I sedili sono ampi, morbidi e comodi, quasi troppo se si preferisce un po’ più di contenimento in curva; i comandi, partendo dal volante, sono leggeri da azionare ma danno un senso di solidità non comune.

Un assetto a prova di bomba

Metto in moto e seleziono D, lasciando il compito al cambio ZF di gestire come vuole le 9 marce a disposizione. Non posso però fare a meno di notare, che la selezione manuale sequenziale dei rapporti è messa finalmente nel verso giusto: per salire si tira, per scalare si spinge. Un filo di gas e la Cherokee si muove morbida come sul velluto, il selettore delle modalità di guida è su "auto" e le sospensioni mostrano subito la loro propensione al fuoristrada. Nelle curve strette la Jeep rolla parecchio, mentre sul veloce è un po’ più composta. Il bello di questo assetto, però, è che digerisce qualsiasi cosa: buche profonde, dossi rallentatori e asfalto sconnesso non scalfiscono minimamente la souplesse di marcia e allora si apprezza l’altra faccia della morbidezza. Purtroppo non è stato possibile metterla alla prova in off-road, laddove avrebbe dimostrato al 100% la bontà della messa a punto del suo assetto.

La coppia fa la differenza

E’ un peccato, perché avrei usato volentieri il plus di coppia in qualche bella salita sui prati della Valle D’Aosta, invece il nuovo 2.2 l'ho potuto solo testare su strada. Posto che fare la brucia-semafori non è nella sua indole, se si schiaccia tutto da fermo la Cherokee balza in avanti e arriva a 100 km/h in 8,5 secondi. Le 9 marce si fanno sentire ed è percepibile il lavoro del cambio nel cercare sempre il rapporto migliore per dare la giusta spinta senza consumare troppo. A volte risulta anche troppo impaziente, come quando ha fretta di salire di marcia all’uscita di un tornate e lascia il motore un po’ con il fiato corto. L’autostrada, poi, è il suo terreno di caccia, nel senso che lo ZF può sfruttare l’abbondante coppia motrice in un continuo ma impercettibile valzer tra ottava e nona marcia, senza far mai lavorare il motore oltre i 2.000 giri ma arrivando tranquillamente oltre il limite autostradale.

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