Ci sono tanti, infiniti modi per raccontare la storia di Enzo Ferrari. L'uomo, l'imprenditore, l'industriale, il pilota, l'ingegnere (honoris causa), il fisico (sempre honoris causa), il motivatore, il Cavaliere di Gran Croce della Repubblica Italiana, la Medaglia d'Oro della cultura e dell'arte, etc.: anche sull'ordine con il quale disporre le "qualifiche" appena esposte si potrebbe discutere per ore. Siccome però amiamo le auto sopra ogni altra cosa - materiale, si intende - abbiamo deciso che il nostro racconto sul Drake (soprannome di Enzo Ferrari) dovesse essere scandito da alcuni "pietre miliari", partendo dalla fine: dalla F40. Sì, proprio dall'ultima vettura stradale prodotta con il fondatore ancora in vita. Una sorta di testamento realizzato un anno prima di passare a miglior vita, un suggello ineguagliabile alla sua attività. 40 come gli anni che il Cavallino Rampante compie nel 1987, anno di lancio della vettura. Un regalo (da circa 370.000.000 di lire, per chi la compra all'epoca) che la Casa di Maranello fa a sé stessa, agli appassionati e persino agli occhi di chi, incrociandola per la strada, non sa nemmeno di cosa si tratti ma non può non rimanere abbagliato dal suo fascino... Oggettivo. Perdonateci, ma qui ci sta: i gusti sono gusti, ma l'F40 è l'F40. Prima di approfondire il discorso automobili, però, qualche cenno alla vita dell'uomo Enzo Ferrari è doveroso.


L'imprinting automobilistico è di papà, la scuola è la vita


Enzo Ferrari ha solo dieci anni, quando la sua vita prende la piega che lo porterà ad essere la leggenda che conosciamo: suo padre lo porta ad assistere a una gara automobilistica che si svolge a Bologna. E' il 1908, a vincerla è Felice Nazzaro e Vincenzo Lancia firma il giro più veloce, ma l'evento è storico per un altro motivo: Enzo Ferrari bambino rimane impressionato da ciò che ha visto. Così tanto che, dopo la Prima Guerra Mondiale (dalla quale viene congedato per malattia), prima cerca lavoro in Fiat, ma senza successo, poi nel 1918 riesce a trovare occupazione come collaudatore in una piccola azienda che realizza delle "Torpedo" a partire da telai di autocarri leggeri. Enzo Ferrari vuole guidare, vuole sentire il rumore del motore, non importa di che genere, dove, come, quando. La dimostrazione un anno dopo: Enzo trova impiego alla C.M.N (Costruzioni Meccaniche Nazionali) di Milano, prima come collaudatore e poi come pilota da corsa. Un risultato tanto agognato, al quale Enzo Ferrari arriva con molta fatica, anche perché, non ancora ventenne, perde sia il padre che il fratello e si vede costretto a sbrigarsela per conto proprio. Una scuola di vita durissima che però si rivela fondamentale, insieme alla sua grandissima tenacia e alle doti naturali, per realizzare ciò che tutti sappiamo.


L'incrocio dei destini con l'Alfa Romeo e le basi per l'ascesa


Nel 1920, un altro evento clou della storia di Enzo Ferrari: chiude al secondo posto assoluto la Targa Florio alla guida di un'Alfa Romeo. Qui comincia la collaborazione con il Biscione come collaudatore, pilota, commerciale e direttore del reparto Alfa Corse. Incontenibile e incontentabile, prima di tutto con sé stesso ma anche con i suoi collaboratori (che si trovano investiti da un vortice di energia, rabbia, passione, ambizione), nel 1929 Enzo Ferrari fonda a Modena la "Scuderia Ferrari", società sportiva il cui scopo è quello di far gareggiare i propri soci. I risultati non tardano ad arrivare, al punto che la Scuderia diventa una filiale tecnico-agonistica della Casa milanese, fino a subentrare totalmente nella gestione dell'attività sportiva nel 1933. Enzo Ferrari, però, non è "solo" motorsport: è un uomo eclettico, le cui passioni comprendono anche il giornalismo. Ecco perché contribuisce, nel 1924 a Bologna, alla fondazione del Corriere dello Sport, oltre a ricoprire la carica di dirigente del Modena Calcio di cui è grande tifoso.


Gli anni Trenta e Quaranta e la sua prima auto


All'età di 33 anni e con la nascita del figlio Dino ormai prossima, Enzo Ferrari appende il casco al chiodo. Nel 1937 la sua Scuderia costruisce la mitica e invincibile Alfetta 158, ma nel 1938 la Scuderia Ferrari viene sciolta: Enzo si trasferisce a Milano per dirigere Alfa Corse. L'esperienza però è difficile e si chiude in maniera burrascosa: dopo appena un anno e mezzo - il 6 settembre del 1939 - Enzo Ferrari lascia l'Alfa Romeo che, pensando di poterne limitare l'ascesa, gli impedisce per quattro anni di usare il nome Ferrari in associazione alle corse e alle macchine da competizione. E qui viene fuori un'altra volta la personalità dell'uomo: da quel 6 settembre, Enzo Ferrari dedica ogni stilla della propria energia per battere l'Alfa Romeo con un'auto da lui costruita. La prima, del 1940, è la 815 della Auto Avio Costruzioni, marchio che Enzo Ferrari si inventa per rispettare il "paletto" posto da Alfa Romeo. La vettura non ha gran successo, anche perché la sua storia è interrotta prematuramente dall'inizio del secondo conflitto mondiale. Nemmeno la Seconda Guerra Mondiale può però impedire la progettazione della prima Ferrari, con motore 12 cilindri a V, che nel 1947 muove i primi "passi": è la 125 S. Nel 1948 arriva la prima affermazione alla Mille Miglia e nel 1949 quella alla 24 Ore di Le Mans. Incredibili le stagioni 1951, 1952 e 1953 (con la 125 F1): Ferrari si aggiudica il primo Gran Premio valido per il Campionato del Mondo di Formula 1 e nel 1952 è Campione del Mondo con Alberto Ascari, che si ripeterà anche nel ’53. Un trionfo al quale lavora con caparbietà, con dedizione totale e con una conduzione della squadra per molti versi dittatoriale, ma che gli farà dire, nel 1951: "La mia gioia si mescola alla lacrime, perché io ho ucciso mia madre", riferendosi ovviamente all'Alfa Romeo.


La 250 GTO del 1962 si può considerare la prima supercar stradale


Se tanto si è parlato, pochi mesi fa, della quotazione in Borsa della Ferrari, immaginatevi cosa può essere successo nel 1960, quando l'azienda di Maranello diventa una società per azioni. Un cambio di passo importante, testimoniato anche dalla costruzione, a Maranello e sotto il patrocinio della Ferrari, dell'Istituto professionale per l'Industria e l'artigianato dedicato ad Alfredo (detto Dino) Ferrari: il figlio di Enzo morto a causa della distrofia muscolare. Due soli anni dopo, il mondo può ammirare la capostipite delle hypercar del Cavallino Rampante. Nel 1962 nasce la splendida 250 GTO, in versione sia da corsa sia stradale. Disegnata e realizzata - con maestria rara - dalla Carrozzeria Scaglietti, ha un V12 3.0 che ulula sotto il cofano anteriore tutti i suoi 290 CV.


La cessione del 50% delle azioni a Fiat


Nel 1969 la decisione più importante di Enzo Ferrari imprenditore: cede il 50% dei titoli azionari a Fiat, per rafforzare lo sviluppo dell'attività industriale. Una decisione sofferta, sulla quale i tormenti sono lunghi e pesanti, ma che alla fine si rivela inevitabile. Qualche anno dopo, nel 1976, vede la luce la 512 BB: il top di gamma di quel periodo. Il suo motore, come suggerisce la sigla, è un 5 litri 12 cilindri boxer da ben 340 CV a 7.200 giri alimentato da un iniezione Bosch K-Jetronic. La seconda metà degli anni Settanta, in F1, è quella dei mondiali di Lauda e di Scheckter, del prorompente debutto della leggenda Gilles Villeneuve... Anni d'oro insomma, nei quali Enzo Ferrari, il Drake, è alla soglia degli 80 anni, ma non molla un millimetro nella gestione dell'azienda e della Scuderia. Si narra per esempio di qualche cliente tornato a Maranello per lamentarsi delle prestazioni e/o della guidabilità della propria Ferrari. Il Drake in persona chiama più volte Niki Lauda per accompagnare il cliente (lo scontento di turno) lungo qualche giro sul tracciato di Fiorano. Il messaggio è chiaro e forse qualche volta nemmeno tanto implicito: "Caro cliente, impari a guidare, poi ne riparliamo".


1984, la favolosa 288 GTO per il Gruppo B e la mitica Testarossa


Al Salone di Ginevra del 1984 la Ferrari presenta la 288 GTO, vettura da produrre in almeno 200 esemplari per ottenere l'omologazione nel Gruppo B: il suo V8 montato in posizione posteriore centrale è un 2.855 cc biturbo da 400 CV, che le vale una velocità di punta di oltre 300 km/h e uno 0-100 km/h in 4,9 secondi. L'obiettivo dei 200 esemplari viene ben presto raggiunto dalla vettura, che già nel 1985 esce di produzione dopo 262 esemplari destinati principalmente al mercato italiano e americano. Sono anni piuttosto difficili per la Ferrari in F1, i primi Ottanta: la scomparsa di Gilles Villeneuve nel 1982 ferisce profondamente Enzo Ferrari, che qualche anno prima sceglie personalmente (a ulteriore testimonianza della sua inalterata passione per le corse) il canadese per il suo temperamento in pista. Gilles, proprio nella stagione che pare buono per vincere il mondiale, perde la vita durante le prove di qualificazione del GP del Belgio. Una tragedia alla quale fa seguito il grave incidente di Pironi, anche lui in corsa per il titolo (vinto poi, per la cronaca, da Keke Rosberg). Gli anni che seguono vedono la vittoria prima della Brabham di Piquet (1983) poi della McLaren di Lauda (1984), che consuma la sua personale "vendetta" contro Enzo Ferrari, reo di averlo cacciato in seguito al ritiro nel GP del Fuji del 1976, nel quale si decideva il mondiale fra lui e James Hunt, vinto poi dall'inglese. Lauda rientrava a tempo di record da rogo del Nürburgring, dove rischiò la vita, dunque il suo ritiro aveva tutte le giustificazioni del caso. Ma non per Enzo Ferrari. Ferrari che si consola, sempre nel 1984, con la mitica Testarossa, coetanea dunque della 288 GTO e sostituta della 512 BB, di cui riprende il V12 di 5 litri, arricchito però delle testate a 4 valvole e accreditato di una potenza di 390 CV.


Il "testamento" di Enzo Ferrari, la F40


Su di "lei" si sono scritte milioni di pagine, su carta e sul web, al punto che la F40 è conosciuta anche da chi non è appassionato di automobili. Chi invece, almeno un minimo, è sensibile alla materia, sa esattamente di cosa stiamo parlando. Conosce perfettamente la sua linea disegnata da Pininfarina, con quell'alettone integrato nella carrozzeria che è un monumento al design, pur nascendo per esigenze aerodinamiche. Non si è mai dimenticato dei fanali anteriori carenati e delle prese d'aria laterali, del motore a vista sotto un lunotto aperto da apposite feritoie che gli danno refrigerio. Sì perché il V8 3.0 biturbo è a dir poco focoso, con i suoi 478 CV erogati a 7.000 giri. Una vera belva difficile da domare, la F40, come sostiene chiunque l'abbia guidata, anche gente sulle cui capacità non ci sono dubbi. Il compianto Michele Alboreto, per esempio, in occasione di una video prova trasmessa dalla Rai ammette: "Una macchina da corsa a tutti gli effetti. E' un po' un cane lupo, lo si può accarezzare dolcemente, ma se gli si fa del male può mordere". Dopo la F40, la F50, la Enzo e la LaFerrari. Progetti che raccolgono più che degnamente l'eredità della F40, hypercar di cui Enzo Ferrari sarebbe andato fiero, anche se avremmo voluto vedere la sua faccia alla parola "hypercar".

Fotogallery: Enzo Ferrari, 75 anni fa la sua prima "Rossa"