Il cambio di nome per un'auto è come il taglio di capelli per una donna: la svolta è dietro l'angolo, se non si è già consumata. Non sempre, per carità, ma molto spesso è così. Da Maggiolone a Golf, per esempio, c'è stata una rivoluzione; lo stesso dicasi parecchio tempo dopo per il passaggio Uno-Punto in casa Fiat; Escort-Focus in Ford; Kadett-Astra in Opel; etc.. Nel 1994, Audi sostituisce la riuscitissima 80 (magari non era sportivissima, anzi, ma c'è chi giura di aver fatto diverse centinaia di migliaia di km senza cambiare una lampadina) con la A4. Segni particolari sono le forme completamente nuove, la solita elevatissima qualità e una grande ambizione, nemmeno tanto nascosta: Mercedes Classe C e BMW Serie 3 sono nel mirino e per la prima volta dalle parti di Ingolstadt lo dichiarano senza mezze misure. E' presunzione? Assolutamente no e i risultati lo dimostrano: pur con le inevitabili oscillazioni nel gradimento del pubblico, determinate dai cicli di vita di ogni generazione, la A4 se la gioca ad armi pari con le altre due tedesche e si inserisce in un pacchetto premium nel quale nessun altro, finora, è più riuscito a entrare.


Nella vita ci vogliono delle certezze


Il successo di un'automobile si misura dai volumi di vendita, certo, ma ci sono anche altri fattori indiretti che indicano quanto un progetto sia azzeccato. Uno, per esempio, è il "tasso" di cambiamenti apportati con la generazione successiva. Da questo punto di vista la A4 è un successone, se si considera che i pilastri della vettura sono rimasti praticamente gli stessi in questi 21 anni di evoluzione. Uno su tutti: la disposizione meccanica, con il motore montato longitudinalmente (davanti, ovvio), la trazione anteriore o integrale, le sospensioni multibraccio sia all'avantreno sia al retrotreno e motori - benzina e diesel - sovralimentati. Si tratta del meglio, dal punto di vista della meccanica; punto di partenza imprescindibile attorno al quale costruire una vettura che possa competere ai massimi livelli.


Ma chi si ferma è perduto


Da 75 a 450 CV, da 158 a 250 km/h autolimitati: abbiamo preso volutamente i due casi estremi della "A4 story", ovvero la 1.9 DI di prima generazione (in uno step di potenza che peraltro in Italia non è mai arrivato) e l'RS4 del modello che sta per andare in pensione. Senza arrivare a questi eccessi, l'evoluzione della media di Ingolstadt è evidente anche se si rimane nell'ambito di cilindrate e versioni simili. Il TDI, per esempio: inizialmente si basa su tecnologia con pompa rotativa e, nella cilindrata di 1.9 litri, eroga 90 o 110 CV per emissioni di CO2 di 125 e 114 g/km, rispettivamente. Si passa poi all'iniettore pompa, su cui il Gruppo Volkswagen punta con decisione per diversi anni: il 1.9 TDI è disponibile con 115 o 130 CV, la velocità supera i 200 km/h, mentre la 2.5 TDI arriva a erogare fino a 180 CV e alla brillantezza nelle prestazioni abbina la fluidità dei sei cilindri a V. Resisi conto che tutto il mondo, forse per qualche buon motivo (la rumorosità, per esempio), andava nella direzione del common rail, anche in VW-Audi si convincono: ne guadagnano la fluidità di funzionamento e, sulla A4 che debutta a Francoforte il 2.0 TDI (il 1.9 viene abbandonato nel 2007) da 150 CV, il consumo medio è di soli 3,9 l/100 km, pari a 99 g/km di CO2. Capito l'evoluzione?


Dall'analogico al digitale, dall'umano all'automatico


Nel 1994 la A4 è unanimente considerata un salto in avanti con pochi precedenti paragonabili, dal punto di vista tecnologico. A vederla oggi, a leggerne le sue caratteristiche tecniche, è più vicina alle automobili degli anni Trenta che alla A4 del 2015. Già, perché il progetto è validissimo, ma tutto è ancora nelle mani dell'uomo, come accadeva 60 anni prima. Sono questi ultimi vent'anni che hanno portato una vera rivoluzione: ora la media di Ingolstadt è dotata di sistemi che prevengono gli incidenti, di altri che la guidano nel traffico, di algoritmi in grado di consigliare come e quanto accelerare in base al tipo di strada per risparmiare carburante. Ancora, la strumentazione non è più costituita da banali lancette, ma da un pannello digitale ad alta definizione completamente personalizzabile, sul quale leggere le informazioni che si desiderano.


Da una a due frizioni, conservando la leggerezza


Ma torniamo un attimo alla questione "hardware", alla meccanica: liquidarla parlando solo dei motori diesel sarebbe riduttivo, perché anche i benzina, in comune con i motori di 20 anni fa hanno solo il carburante di cui si alimentano. La A4 del 1994, per esempio, alla base della gamma ha un vecchissimo (anche per l'epoca) 1.6 aspirato da 101 CV, che emette la bellezza di 174 g/km di CO2 a fronte di 191 km/h di velocità massima e uno 0-100 km/h in 11,9 secondi. La nuova A4, spinta dal "piccolo" 1.4 TFSI da 150 CV, tocca i 210 km/h, scatta da 0 a 100 km/h in 8,7 secondi ed emette 123 g/km di CO2. Risultati straordinari resi possibili anche dall'adozione di materiali più leggeri, che hanno permesso di compensare il peso via via crescente delle dotazioni di sicurezza e di comfort: l'ultima A4 sfrutta al massimo la soluzione degli acciai differenziati (per tipologia e per spessore), al fine di ottenere rigidità dove serve e tagliare kg. Che dire poi dell'aerodinamica? Niente paura, non vi annoieremo con disquisizioni su coefficiente di penetrazione, flap e deviatori di flusso: è sufficiente sapere che lo studio in galleria del vento è stato così meticoloso che sulla tedesca sarà facile dimenticarsi del significato di fruscio. Zero sibili e dunque minima resistenza all'avanzamento, il che significa comfort ed efficienza. Se la carrozzeria "taglia" l'aria, non solo a parità di potenza la velocità aumenta, ma a parità di velocità i consumi calano. Infine, i cambi: l'evoluzione più importante si è verificata negli automatici. Chi ha avuto modo di provare il vecchio Tiptronic a 5 marce ne ha apprezzato sicuramente la fluidità. Bene, l'S-tronic (che poi sarebbe il DSG della Volkswagen) è altrettanto vellutato, ma infinite volte più rapido ed efficiente.


Le cinque (o quattro?) generazioni in ordine cronologico


Ok, finora ci siamo mossi "a piede libero" nell'universo Audi A4, che come tutte le auto ha una sua storia ben precisa. Innanzitutto, ufficialmente le generazioni sarebbero cinque, ma la terza si può considerare più un pesante restyling della seconda che un modello a sé stante. In ogni caso, la prima, del 1994 - sigla di progetto B5 - ha il pianale in comune con la Volkswagen Passat dell'epoca e viene prodotta in due varianti di carrozzeria (berlina e station wagon, dal 1995). Con il restyling del 1997 arriva la sportiva S4 (2.7 V6 da 265 CV), mentre solo a fine carriera debutta la RS4: il motore è lo stesso della S4, spremuto fino a 381 CV. La seconda generazione, la B6, arriva nel 2000 con motori fra 1,6 e 4,2 litri di cilindrata e un range di potenza compreso fra 101 e 344 CV. La Avant debutta nel 2001, la S4 nel 2003 insieme alla Cabriolet. Nel 2005 Audi lancia la B7, che secondo la maggior parte degli addetti ai lavori (e non solo) non è nient'altro che una rivisitazione della B6: vengono aggiornati sterzo, sospensioni e motori e il single frame diventa la nuova firma del frontale. La vera novità arriva nel 2007: la B8 è una A4 progettata dal foglio bianco. I motori, da 1.8 a 4.2 litri di cilindrata, erogano da 120 a 450 CV e la gamma si arricchisce dell'apprezzatissima versione Allroad.

Fotogallery: Audi A4, c'era una volta la 80