Meglio una vita “piatta” ma lunga, oppure una gloriosa ma breve? Hummer, come Achille, ha scelto la seconda. Così intensa che il suo debutto non avviene sotto le luci calde di un Salone dell’auto, ma sotto il sole torrido del deserto iracheno. E’ il 1991 e gli Stati Uniti, sotto la presidenza di George Bush, attaccano l’Iraq di Saddam Hussein. A trasportare le truppe americane è proprio l’Hummer, anzi quello che in codice viene inizialmente chiamato HMMWV, acronimo illeggibile che sta per High Mobility Multipurpose Wheeled Vehicle. Tradotto (molto) alla buona suona più o meno così: veicolo dotato di ruote capace di tutto e che non si deve fermare davanti a nulla. Una definizione degna delle migliori menti del marketing, con la differenza che qui si fa tremendamente sul serio. La guerra non è mai uno scherzo e l’Esercito Americano, quando nel 1979 assegna la commessa alla AM General, mette giù una lista di richieste da togliere il sonno agli ingegneri che si occupano della progettazione.


Il veicolo bellico definitivo


Fino a quel momento, le truppe statunitensi si erano mosse - sui campi di battaglia - principalmente con la Jeep M511 e il pick-up Dodge M880. Mezzi collaudati e apprezzati dai soldati, ma ormai superati. Per il nuovo veicolo è richiesta una distanza minima da terra di almeno 40 cm, un'altezza massima totale di 183 cm e una larghezza massima di 256 cm. Misure che non sono la manifestazione della perversione di qualche Generale dell’Esercito, ma dei veri e propri vincoli per poter aviotrasportare i mezzi. Molto importanti sono anche l’abbassamento del baricentro (fondamentale per ottimizzare le prestazioni in offroad) e la capacità di guado: tra le altre cose, all’ HMMWV (che poi diventa Humvee, una volta deliberato il modello definitivo) è richiesta la capacità di sbarcare da una nave militare in un metro e mezzo di acqua salata. Le pendenze? Gli ingegneri devono arrivare (e ci arrivano) al 60% in salita e in discesa, mentre la marcia su pendenze laterali non solo è garantita fino al 40%, ma lo è anche a pieno carico e con la possibilità di fermarsi e di ripartire (anche diverse ore dopo) nelle medesime condizioni; si spiega così la notevole larghezza in rapporto all’altezza. Il tutto, garantendo comunque flessibilità e spazio a sufficienza per il trasporto delle truppe e delle merci e, se necessario, per trasformarsi in ambulanza. In quanto mezzo bellico, i guasti semplicemente non si devono verificare e di tempo per la manutenzione ce n’è ben poco, tra un blitz e uno sbarco d’emergenza.


Motore e cambio fra guidatore e passeggero


Per richieste estreme, soluzioni estreme: siccome il veicolo non deve oltrepassare il metro e 83 cm di altezza, ma deve poter superare guadi fino a 1,5 metri, i sedili vengono abbassati fin sotto le traverse laterali del telaio, mentre il gruppo motore/cambio trova spazio (in parte) fra guidatore e passeggero. Ne consegue un’imponenza unica, un’aria minacciosa, che sembrano quasi ricercate da un designer. Altro elemento di spicco - e che rimarrà sulle versioni stradali - è il posizionamento delle ruote agli angoli della macchina, per angoli di attacco di 72°, di uscita di 37,5° e di dosso di 37°. I guadi? 76 cm, che diventano 150 con lo snorkel.


Dalla guerra alla strada


Le immagini dell’operazione Desert Storm dell’Esercito Americano arrivano nelle case di tutto il mondo e gli appassionati di offroad non possono non notare - oltre all’orrore che sempre la guerra porta con sé - quel mastodontico veicolo in uso alle truppe a stelle e strisce. I top manager di AM General intuiscono quale potenziale hanno tra le mani e nel 1992 lanciano l’Hummer, versione civile dell’Humvee. Civile per modo di dire: non pensate alle coccole dei SUV moderni, l’Hummer H1 è rude ed è anche fiero di esserlo. Un po’ come il suo primo cliente: un certo Arnold Schwarznegger, all’epoca ancora solo Terminator e bodybuilder e lontano dalla carriera politica. Ecco, per girare il volante dell’Hummer non ci vogliono per forza i suoi bicipiti e deltoidi, ma quasi. In ogni caso, è la svolta: il marchio Hummer sbarca a Hollywood (e pensare che adesso tutti non vogliono altro che elettriche e ibride) e da lì a diventare “cool” è questione di attimi. La svolta dal punto di vista commerciale, invece, è del 1999, quando General Motors acquisisce da AM General (che continuerà a occuparsi della costruzione) i diritti in esclusiva sul marchio Hummer, per tutto il mondo.


Un 6.5 da 195 CV e l’impianto per gonfiare le gomme


Sì, non si tratta di un errore: il motore V8 turbodiesel da 6,5 litri dell’Hummer prima maniera è eroga solo 195 CV, per 583 Nm di coppia. Anche da questi numeri è facile capire come l’affidabilità sia stata l’obiettivo principale dei progettisti. Inutile dire che l’H1 è pesantissimo e, quindi, anche molto lento: l’ago della bilancia si ferma a 2.977 kg per la più leggera e 3.245 kg per la Station Wagon. La velocità massima? 134 km/h, per uno 0-100 km/h in 18 secondi. La vera chicca, però, si chiama Central Tire Inflation System (CTIS). Di derivazione 100% bellica, permette, anche in movimento, di gestire la pressione dei pneumatici per adattarla alle diverse condizioni del fondo.


H2 e H3, la gamma si completa e il successo è anche europeo


L’H1, per quanto adattato alle esigenze della strada, rimane sempre comunque troppo grande per le strade europee, ma anche per quelle americane. General Motors, che vuole monetizzare al massimo il “momento” dell’Hummer, progetta da zero l’H2. Larga parte della componentistica è di derivazione GM e il motore è un V8 6.0 a benzina da 322 CV; nel 1997 la cilindrata sale a 6,2 litri e la potenza a 398 CV. Nel 2005 arriva invece la più compatta della gamma (lunga comunque 4,74 metri): è l’H3, ovvero l'ultimo modello realizzato prima del fallimento e della chiusura del brand nel 2010. Nasce sulla stessa base del pick-up Chevrolet Colorado e ha motori, tutti a benzina, 3.5 da 223 CV, 3.7 da 245 CV e 5.3 V8 da 305 CV. Non si tratta certo di una gamma a misura di Europa e di Italia, ma quella Italia, pre-crisi, trova spazio anche per lui: non si può certo dire che di H3 siano piene le strade, ma in giro se ne vedono abbastanza.


La crisi globale, la bancarotta GM e la chiusura del marchio


Due soli anni dopo il debutto dell’H3, il mondo conosce una pesantissima crisi economica, scoppiata in seguito alla bolla immobiliare americana, ma che coinvolge tutto il mondo. Si innescano infatti diverse reazioni a catena, che portano, tra le altre cose, alla bancarotta di General Motors. GM che deve quindi rinunciare alle attività più lontane dal suo “core business” ed è questo il caso dell’Hummer, che improvvisamente non vende più e diventa un fardello troppo pesante da gestire per un’azienda che ha i libri in tribunale e necessita dell’intervento statale per non chiudere i battenti.

Fotogallery: Hummer, dalla guerra alla strada, fino alla chiusura