Ci sono convenzioni, regole non scritte anche nel mondo dell'automobile. Una di queste è che la Lamborghini Miura è una delle auto più belle di tutti i tempi. Capite bene quale sia il valore scientifico di un'affermazione simile. Eppure, nessuno ha il coraggio di smentirla, soprattutto se una volta nella vita ha avuto modo di trovarsela davanti, la Miura. Ok, ormai lo avrete capito, anche chi scrive è caduto nel "tranello", intrappolato da un fascino davvero senza tempo, in grado di piacere in tutti gli angoli del mondo, nel 1966 come nel 2016. Già, anche la Miura è arrivata al traguardo dei 50, ma la crisi di mezza età non sa nemmeno cosa sia. La sua "pelle", disegnata da Marcello Gandini, non ha bisogno di lifting alcuno e il suo V12 è senza dubbio meno tonico dei V10 e V12 delle Lamborghini moderne, ma siccome delle auto ci piace "pesare" le emozioni, più che le prestazioni, la mitica Miura ha poco o nulla da invidiare alle sue discendenti.


Il design, prima di tutto


Ci perdonino Giampaolo Dallara e Giampaolo Stanzani, che sotto la carrozzeria della Miura hanno compiuto un lavoro straordinario, ma se la supercar emiliana è entrata nel mito lo deve prima di tutto alle forme disegnate da Marcello Gandini. Linee pulite e semplici, ma anche irresistibilmente sensuali, e per questo intramontabili. Il tutto, nonostante "ruotine da bicicletta". Un dettaglio trascurabile? Assolutamente no. Se a disegnare una supercar (ma anche una citycar) con cerchi di dimensioni ciclopiche son buoni tutti, o quasi, farlo con cerchi da 15" di diametro è tutta un'altra storia. Gandini ci riesce proponendo un equilibrio delle forme più unico che raro, con la carrozzeria che "fascia" l'avantreno, si restringe nella zona dell'abitacolo e torna ad allargarsi dietro, nella zona del motore: del resto c'è un V12 in posizione trasversale, da accogliere...


Cuore a 12 cilindri


Il V12, dicevamo: quello che spinge la Miura deriva dal 3.5 progettato da Giotto Bizzarrini (ex Ferrari) e montato sulla 350 GT 1965. Un'auto, quest'ultima, entrata ben presto nel dimenticatoio, ma a suo modo molto importante. Alla sua progettazione e industrializzazione provvedono infatti Giampaolo Stanzani e Giampaolo Dallara, all'epoca due giovani ingegneri molto promettenti, che dopo quell'esperienza Ferruccio Lamborghini mette a capo del settore tecnico. E' la scelta vincente. I due Giampaolo hanno infatti l'intuizione che per mettere su strada la migliore supersportiva di sempre (questo l'obiettivo posto da Ferruccio Lamborghini, senza se e senza ma) non basta realizzare una classica Gran Turismo, per quanto estrema. E' necessario rendere adatta all'uso civile un'auto da corsa. Il motore 12 cilindri di cui sopra viene portato a 4 litri e 354 CV e posizionato di traverso dietro l'abitacolo, mentre il cambio e il differenziale sono solidali al basamento del propulsore in un'unica fusione. Il telaio è costituito da lamiera piegata, saldata e forata per ridurne il peso. Il lavoro per preparare la vettura è frenetico ma il "miracolo" trova compimento al Salone dell'Automobile di Ginevra del 1966.


Il marketing di Ferruccio Lamborghini


Nel 1966, il marketing è in fase embrionale e Ferruccio Lamborghini di sicuro non lo studia sui libri. Ma ne è un perfetto interprete: il codice di progetto 400TP diventa il nome commerciale Miura. Un nome, una garanzia: Miura è infatti una razza di tori da combattimento tra le più spietate, intelligenti e tenaci. Come se non bastasse, Ferruccio Lamborghini fa il colpo di teatro: parcheggia la sua Miura arancione di fronte al casinò di Monte Carlo. Quando? Indovinate un po': nei giorni del Gran Premio di Formula 1, quando i potenziali clienti di praticamente ogni angolo mondo si radunano nel Principato. I risultati non tardano ad arrivare: la piazza del Casinò si paralizza attorno alla Miura e gli ordini schizzano in alto.


Poche evoluzioni e un grande rimpianto


Chissà cosa si sarebbe scatenato in questi anni di bolle speculative attorno alle auto d'epoca, se la Miura Roadster mostrata al Salone di Bruxelles del 1968 avesse avuto un seguito produttivo. Purtroppo, con i se e con i ma non si fa la storia. La prima vera evoluzione è dunque del 1969: si chiama P400S, viene lanciata al Salone di Torino del 1968 e vanta 376 CV. La P400S si distingue dalla "normale" per le cromature, le modifiche alla plancia e a fanali. La versione più estrema è la SV del 1971: 390 CV e addio alle "ciglia" attorno ai fari anteriori.


Lamborghini le dedica la mostra "Velocità e Colore"


Valorizzare la propria storia non è solo doveroso, ma anche intelligente, dal punto di vista commerciale prima di tutto. Automobili Lamborghini non si lascia sfuggire l'occasione e per il 50° della Miura inaugura le celebrazioni con la mostra d’arte "Velocità e Colore", in programma dal 28 aprile al 30 giugno presso il Museo storico della Casa a Sant’Agata Bolognese. Un artista "indigeno", Alfonso Borghi di Campegine (Reggio Emilia) interpreta la Miura e il marchio Lamborghini, che ha tradotto in arte l’anima, l’essenza e i colori del Toro.

Fotogallery: Lamborghini Miura, a 50 anni diventa ancora più bella