Stretta da una parte dal sempre più forte concetto di decarbonizzazione e dall'altra dallo sviluppo della mobilità elettrica, l'industria petrolifera deve oggi cambiare, rinnovandosi in chiave "green". L'obbiettivo deve infatti essere quello di sviluppare e produrre carburanti sempre più puliti, per permettere a chi oggi è impegnato in questo settore, di rimanere protagonista anche in questo importante momento di transizione energetica.
Lo ha ribadito Claudio Spinaci, presidente dell’Unione Petrolifera, in occasione dell’assemblea annuale di stamani, l’ultima tenuta sotto questa storica sigla fondata negli Anni 40. Da oggi, infatti, la UPI diventa Unem, acronimo di Unione energie per la mobilità. “La transizione non può essere portata avanti senza un forte impegno nella ricerca – ha ribadito Spinaci – ed è per questo che abbiamo esteso il perimetro di rappresentanza alla ricerca e sviluppo dei low carbon fuels, nonché alla loro produzione, stoccaggio e distribuzione, in linea con il percorso delineato a livello europeo”.
Bio, rifiuti e poi idrogeno
Il piano che per ora non ha date di riferimento, inizia con l’implemento della produzione di biocarburante da materie prime vegetali, una strada già intrapresa considerando che già oggi ad esempio il 10% del gasolio per autotrazione distribuito è di origine bio, seguito da quello ricavato alla trasformazione di rifiuti sempre a base organica e infine dal carburante ottenuto dall’idrogeno. Una filiera neutra sotto il profilo delle emissioni, perché la CO2 prodotta nel processo di trasformazione sarà bilanciata da quella assorbita dalle piante considerando l’intero ciclo produttivo.
Ma la sostenibilità non è soltanto di tipo ambientale. Serve anche sostenibilità economica e accettabilità dei consumatori, altrimenti qualsiasi piano finisce per fallire. Bisogna rendere la mobilità quanto più democratica possibile. La soluzione della decrescita felice e della riduzione degli spostamenti non funziona, ce l'ha dimostrato il lockdown per il coronavirus. La mobilità va garantita a tutti, deve essere per tutti. Il tutto ben coadiuvato da una sempre più alta attenzione agli aspetti ambientali.

La questione delle accise
Nel ribadire come la filiera del carburante abbia sostenuto bene gli scompensi del periodo Covid a livello di produzione e distribuzione, pur avendone ricavato un danno economico dovuto sia alla minor vendita sia al contestuale crollo dei prezzi, Spinaci è tornato anche sulla questione delle accise sui carburanti e sulla proposta del Ministro Costa di allineare quelle sul gasolio a quelle sulla benzina.
“E’ abbastanza evidente che il prezzo industriale in Italia rispetto alla media dei Paesi Euro è più basso, di 2 millesimi per la benzina e di 9 millesimi per il gasolio. Il prodotto a livelli industriali è venduto a prezzi più bassi della media europea. Alla pompa però il prezzo è nettamente più alto della media, per l’esattezza di 10,8 e 13,7 centesimi rispettivamente. La componente fiscale è più alta per 11 centesimi per la benzina e 14,6 per il gasolio, la somma fa sì che oggi gli italiani paghino già 4 miliardi in più tra Iva e Accise”.

L’accisa sul gasolio in Italia, ha spiegato Spinaci, "è la più alta d’Europa, mentre sulla benzina siamo secondi solo all’Olanda che però non è tra i Paesi principali con cui ci misuriamo normalmente". In Europa, l’accisa sulla benzina è superiore a quella del gasolio di circa 13 centesimi, mentre in Italia siamo a 11 centesimi.
In Europa, ha aggiunto Spinaci, è già in discussione una riforma sulla tassazione dei prodotti energetici che dovrebbe guardare a un orizzonte di decarbonizzazione, "cosa oggi non riflessa in Italia perché i biocarburanti sono tassati come il gasolio tradizionale e quindi non incentivati. Quello che chiediamo e che le procedure siano armonizzate con quelle europee”.
Fotogallery: Carburanti, accise e la svolta Bio
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