La corsa dei prezzi dei carburanti sembra non avere fine. Spinti da un boom delle quotazioni internazionali dal preoccupante retrogusto di “crisi energetica 2.0”, benzina e diesel entrano infatti nella terza settimana di fila in salita, con le compagnie tutte impegnate a ritoccare i listini verso l’alto.
Sotto i riflettori è finito poi anche il metano auto, da anni praticamente fermo come prezzi, protagonista di un’impennata senza precedenti. In diversi impianti si è registrato un sostanziale raddoppio del costo del pieno di gas, con le associazioni di categoria che hanno già scritto a Draghi per chiedere un intervento. Pure il Gpl non è esente da questa fiammata. Ma che sta succedendo? E cosa può essere lecito aspettarsi per il futuro? Proviamo a fare un po’ di chiarezza.
Petrolio ai massimi
La volata dei prezzi benzina e diesel è direttamente correlata a quella del petrolio, schizzato ieri ai massimi da 7 anni (alle 17.00 di oggi 82,8 dollari/barile il Brent e 79,1 dollari/barile il Wti), suggellando un progresso superiore al 50% dall’inizio dell’anno. Le cause dell’aumento sono molteplici e tutte da inquadrare nel generalizzato aumento delle materie prime energetiche post (speriamo) pandemia. Il fabbisogno di energia per alimentare la ripresa, a partire dalla Cina, ha dato infatti un enorme impulso alla domanda, con l’offerta in affanno a tenere il passo.
L’ulteriore spinta a un mercato già rialzista è poi arrivata dall’Opec+, l’organizzazione allargata dei Paesi produttori di petrolio, da cui molti si aspettavano un aumento dell’output di greggio ben superiore a quello pattuito nella riunione di ieri.

Su questo punto riavvolgiamo un momento il nastro. All’apice della pandemia, e con i prezzi del barile letteralmente azzerati, il club dei petrolieri aveva concordato un drastico taglio dell’output per risollevare i prezzi, per poi decidere man mano di riaprire i rubinetti seguendo la graduale ripresa della richiesta.
Il meccanismo però si è inceppato - vuoi per l’avidità di qualche Paese Opec, vuoi per la difficoltà di trovare un accordo - e così l’incremento della produzione è rimasto inchiodato sui 400.000 barili al giorno concordati in precedenza, mentre il mondo si aspettava una decisione più accomodante rispetto alla sua sete di petrolio. Quello che per certi versi fa riflettere è che, interpellata dalla Reuters, una fonte interna all’organizzazione ha svelato che i timori per una possibile quarta ondata della pandemia non sarebbero stati del tutto superati. Che dire, auguriamoci vivamente che si sbaglino.
Più in generale, comunque, c’è un dato da tenere sotto controllo che non lascia intravedere un ritracciamento dei prezzi in tempi brevi: il deficit di offerta di petrolio si attesterà quest’anno a circa 1,1 milioni di barili al giorno (a fronte di una domanda mondiale giornaliera di poco inferiore ai 100 mln di barili) e l’anno prossimo l’ammanco potrebbe essere di 1,4 mln b/g. Difficile con questi presupposti aspettarsi nel breve una decisa inversione di tendenza.
Come se non bastasse, tra l’altro, nelle passate settimane anche la produzione americana ha subito degli importanti rallentamenti, complici gli eventi meteorologici estremi che hanno colpito Texas e Louisiana. Così, per non farsi mancare nulla e per fornire un’ulteriore leva alla speculazione su Wti e Brent - i benchmark petroliferi di riferimento per Usa ed Europa -, che resta sempre in agguato quando il mercato si surriscalda.
Il caso metano
E il metano auto? Anche qui il discorso è intimamente legato all’impennata delle materie prime, che volenti o nolenti tutti abbiamo seguito per i riflessi sulle bollette. Lo sprint del gas, che in Europa ha raggiunto costi addirittura doppi rispetto al petrolio (fenomeno mai verificato prima), ha finito inevitabilmente per abbattersi su chi lo usa come carburante per la propria auto, con prezzi arrivati anche nell’ordine dei 2 euro al kg. Un’altra circostanza senza precedenti, che come accennato ha innescato subito una reazione delle associazioni di categoria e non solo.

Assopetroli, che riunisce gli operatori indipendenti della rete carburanti italiana, ha inviato oggi una lettera a Draghi chiedendo “un intervento-ponte come la sterilizzazione parziale dell’IVA, con un’estensione dell’aliquota al 5%” per il metano, il Gnl e il biometano destinati all’autotrazione.
E su questo punto si è mossa anche la politica, con il deputato PD, Gianluca Benamati, a sollecitare un intervento del Governo per limitare l’impatto sugli automobilisti che hanno scelto il metano, magari proprio per risparmiare. Vedremo cosa succederà, quel che è certo è che in questo momento la proverbiale economicità del gas auto è messa in discussione come mai prima d’ora.
I prezzi alla pompa
Chiudiamo con un po’ di numeri, dando uno sguardo ai prezzi dei carburanti in Italia pubblicati oggi da Quotidiano Energia, elaborati sulla base delle comunicazioni dei singoli gestori all’Osservatorio del ministero dello Sviluppo economico.
Il prezzo medio nazionale in modalità self della benzina si attesta a 1,691 euro/litro, con i diversi marchi compresi tra 1,681 e 1,704 euro/litro (media no logo a 1,676 euro/litro). Quanto al diesel, sempre in modalità self, la media è pari a 1,544 euro/litro, con le compagnie posizionate tra 1,533 e 1,558 euro/litro (no logo a 1,526 euro/litro).

Venendo al servito, per la benzina la media è di 1,828 euro/litro, con le compagnie che oscillano tra 1,765 e 1,900 euro/litro (no logo 1,726). La media del diesel è arrivata invece a 1,689 euro/litro, con i singoli player tra 1,624 e 1,763 euro/litro (no logo 1,578). Possibili ulteriori rialzi nei prossimi giorni, sulla scia di un generalizzato allineamento verso l’alto dei prezzi raccomandati delle compagnie.
Il Gpl si muove infine tra 0,727 e 0,749 euro/litro (no logo 0,731), mentre il metano si posiziona in media tra 1,168 e 1,647 euro/kg, con punte come abbiamo detto anche oltre i 2 euro (no logo 1,289).