"È la tempesta perfetta". Stessa espressione, luoghi e personaggi diversi. Due big boss dell'automotive italiano descrivono così la situazione difficilissima, quasi drammatica, che attraversa il settore. 

L'onda lunga della crisi dei chip e della pandemia nei Paesi che li producono, anche se ampiamente preannunciata, si sta abbattendo in queste ore sull'industria e sulla distribuzione con la violenza di uno tsunami, tanto per restare nella similitudine meteorologica. 

Risultato? Auto introvabili o consegnate con il contagocce, dealer impotenti e stretti tra le Case in blackout e clienti che si vedono garantire le consegne a 8-9 mesi e, spesso, addirittura oltre l'anno, usato "fresco" ridotto praticamente a zero, prezzi dei componenti in aumento, mercato di settembre prevedibilmente in picchiata e previsioni piuttosto discordanti sulla fine dell'emergenza-semiconduttori.

L'inchiesta di Motor1.com

Motor1.com ha sentito presidenti e ceo di quasi tutte le Case auto presenti in Italia e i responsabili delle principali concessionarie. Molte delle dichiarazioni, rilasciate tutte off-the-record, cioè senza citazione, oltre che lucidamente descrittive sono sembrate una sorta di sfogo per una situazione davvero preoccupante.

C'è chi parla di "crisi disastrosa" e di momento "tragico", altri, magari perché la Casa-madre è geograficamente più vicina alle aree di produzione dei chip, usano toni meno apocalittici, ma non nascondono problemi e incognite. "Ci sono talmente tanti alberi che non si vede il bosco", è la metafora cui si appiglia un dealer per riassumere il clima di totale incertezza.

Occorre però evitare inutili allarmismi: tutti stanno cercando di fare il possibile, viene fatto notare, per cercare di ridurre al minimo possibile i disagi per la clientela finale.

Ma come si è arrivati a questo punto? E quali sono le cause? Andiamo per ordine.

La crisi dei chip e della logistica

La crisi dei chip arriva da lontano. Come da lontano arrivano le richieste delle Case auto ai grandi gruppi che producono semiconduttori. Il processo di ingegnerizzazione e di assemblaggio di una vettura richiede infatti tempi biblici rispetto all'evoluzione tecnologica dei dispositivi al silicio.

Morale: i chip che servono all'automotive sono i più cheap e chi li costruisce preferisce concentrare la produzione su quelli più innovativi e avanzati, destinati in genere all'elettronica di consumo (Apple, Xiaomi etc.) e per i quali i margini di profitto sono molto più alti.

iPhone car key
Un iPhone usato come chiave
La fabbrica Toyota di Tsutsumi
Uno stabilimento produttivo

Questo circolo vizioso è scattato con la pandemia, che, insieme a episodi occasionali (l'incendio della fabbrica giapponese Renesas Electronics in marzo o, più recentemente, il pallone aerostatico che ha causato un blackout a Dresda fermando gli impianti di Infineon e Robert Bosch) ha martorizzato la produzione. Un esempio? Il lockdown della Malesia, da dove arriva il 13% della fornitura globale di chip, Paese dove solo l'1% della popolazione è vaccinato

Come se non bastasse, la carenza di materie prime e l'andamento altalenante della catena di approvvigionamento, che non si è ancora riallineata del tutto dopo il blocco del Canale di Suez, aggravano ulteriormente il panorama, stimolando la più elementare delle leggi dell'economia: quella della domanda e dell'offerta.

I prezzi salgono e continueranno a salire. "in modo significativo", come ha detto Reinhard Ploss, ceo di Infineon Technologies solo poche ore fa. E in Cina sono dovute intervenire le autorità per calmierare la corsa ai rincari. Il timore è che tutta questa serie di concause possa alla fine scaricarsi sul cliente finale. 

L'automobile come bene "contingentato"

I cahiers de doléances dei top manager trasmettono in questo caso una sensazione di impotenza. Visti i ripetuti stop alla produzione determinati dallo "shortage" dei semiconduttori, le auto arrivano in Italia con il contagocce e così come sono. "Del tettino apribile su alcuni modelli neanche a parlarne,", afferma sconsolato il ceo di una Casa.

E anche nella fornitura i colli di bottiglia sono evidenti: "un piccolo componente per l'impianto a GPL prima costava due euro, adesso ne costa 30", dice un altro amministratore delegato.

C'è chi non si dà pace per l'andamento dei contratti. "A metà settembre abbiamo venduto un quarto del volume che solitamente facevamo nello stesso periodo degli anni precedenti", rivela il top executive di una Casa. Il che, rapportato al mercato, lascia presagire per le immatricolazioni di questo mese una pesante débâcle.

Sulla fine "dell'incubo" non c'è accordo. Il più ottimista parla di "fine anno", la maggior parte si allinea al primo semestre del 2022. Ma non manca l'interpretazione più pessimistica: "l'anno prossimo stiamo fermi".

IHS Markit ha da poco stimato un calo della produzione mondiale di 5 milioni di unità, a meno di 76 milioni di automobili. Per il 2022 la stima è di 82,6 milioni di veicoli, ma con un calo di oltre il 9% sulle previsioni precedenti.

Le difficoltà insormontabili dei concessionari

Mettetevi nei panni dei dealer, che sono poi imprenditori privati a tutti gli effetti. Prima la pandemia e il lockdown con le concessionarie chiuse, poi la transizione verso l'elettrico da organizzare e far digerire ai clienti.

Di più: l'orizzonte temporale tracciato dalla Ue per la fine della commercializzazione dei motori endotermici, con tutti gli annessi e connessi, più il dibattito acceso ancora in corso sulla trasformazione da concessione ad agenzia del contratto che li lega alle Case.

Tesla e Samsung insieme per i chip a 5 nm
La produzione di un microchip

Ora irrompe la crisi dei chip. Ce ne è abbastanza per non riuscire a stare più sul mercato: in pochi anni da oltre 2 mila si sono ridotti a meno di mille, con margini sempre più risicati e processi di aggregazione che, almeno, tendono a rafforzarne il profilo patrimoniale. "Non sappiamo più come fare, dobbiamo mendicare per ottenere delle auto", si lamenta un big dealer. "Vedo grandi incertezze nel futuro e questo per chi fa impresa è il peggiore dei mali", commenta rassegnato un altro titolare di concessionaria.

Che poi il settore della distribuzione è quello a più diretto contatto con il cliente e "avoglia a spiegare che non è colpa nostra, che noi siamo gli incolpevoli terminali di una situazione insostenibile".

L'usato "sparito"

Verrebbe da dire: se le auto nuove sono irreperibili come un latitante, almeno ci sono quelle usate. E invece no. Le vetture di occasione Euro 6 sembrano sparite. Chi aveva bisogno, magari per esigenze di lavoro, di un veicolo "pronta consegna" se le è prontamente accaparrato, mentre  il polmone di mercato del noleggio a breve si è fermato.

Le aziende hanno infatti chiesto ai costruttori un prolungamento dei contratti, vista la quasi impossibilità di garantirsi il ricambio con il nuovo. Circostanza che determina un doppio problema: manca ossigeno all'usato e le Case, che hanno in bilancio le vetture a un determinato valore di carico, dovranno pure sopportare una minusvalenza nel conto economico perché quando le auto rientreranno avranno un valore residuo più basso.

I clienti attoniti

Alla fine della catena del valore c'è il cliente, spettatore attonito, spesso inconsapevole, di questa "tempesta perfetta". Chi va a comprare un'auto si vede appioppare tempi di consegna una volta inconcepibili: 8-9 mesi sono la normalità, ma si arriva ben oltre i 365 giorni. Ovviamente si tratta di stime generiche, che dipendono dal modello e dall'allestimento scelto.

"Ci capita di portare avanti una vendita senza problemi fino al momento della firma. Ma quando il cliente capisce che avrà a disposizione l'auto tra parecchi mesi, si alza e se ne va con la penna in mano", osserva non senza qualche esagerazione un importante dealer.

Resta il fatto che oggi acquistare un'auto (sempre con le dovute eccezioni, si intende) pare la corsa all'oro del Klondike. Le Case consegnano i modelli che possono e i dealer in continuo pressing sulle controparti tentano, con un tira-e-molla indotto dalla propria forza commerciale, di ottenere più "targhe" possibili.

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Insomma, proprio ora che con l'allentarsi delle restrizioni per la pandemia gli italiano vorrebbero tornare a comprare/noleggiare l'auto, è proprio il prodotto a mancare o a essere diventato rarefatto. La domanda c'è, l'offerta no (o quasi).

Nessuno sa con esattezza come finirà. Non è neanche la prima volta che, per ragioni di marketing o di altra natura, un bene sia complicato da trovare. C'è chi farà di necessità virtù, chi magari rimanderà l'acquisto in tempi migliori, chi sarà davvero in difficoltà.

L'importante, per una volta, è che non ci sia un esasperato ping-pong delle colpe. Inefficienze gravi e meno gravi ci saranno sicuramente state, ma l'imponderabile dramma del Covid-19 colpisce purtroppo tutti alla stessa maniera. Anche perché se questo è davvero il fondo non si potrà che risalire.