Nella prima metà degli Anni '70, quando si è fatta incombente la necessità di sostituire la mitica E-Type, passo ormai necessario per continuare a competere ad armi pari con le altre sportive sul mercato, in Jaguar si sono trovati di fronte un problema di non facile soluzione.
Il bisogno di realizzare l’erede di un modello di così grande successo è infatti arrivato proprio negli anni in cui il mondo usciva faticosamente da una grande crisi petrolifera e la stessa Casa di Coventry affrontava il delicato passaggio sotto la nuova proprietà di British Leyland.
La prima serie
Gli sforzi dei tecnici e dei designer, guidati per l'ultima volta da Malcom Sawyer (scomparso poco prima del lancio del modello), si sono concretizzati nella XJ-S, che ha esordito di fronte al grande pubblico il 10 settembre 1975 al Salone dell’Automobile di Francoforte mentre l’arrivo sul mercato è avvenuto l’anno successivo.
La grande coupé, lunga 4,75 metri e larga 1,80, era imponente ma non priva di classe per i gusti del periodo, anche se aveva indubbiamente uno stile molto diverso da quello della E-Type, presentata del resto quasi 15 anni prima, che richiamava vagamente nelle proporzioni, nel lungo cofano e nella coda compatta e raccolta.

Dalla leggendaria progenitrice, la XJ-S riceveva però in eredità il motore V12 da 5,3 litri, che riproponeva aggiornato con l'iniezione elettronica e accreditato di una potenza di 288 CV e di una coppia di ben 400 Nm. Questo poteva essere abbinato a un cambio manuale a 4 marce oppure a un automatico a 3 rapporti che più avanti sarebbe diventato di serie.
Grazie a questi numeri, la XJ-S era in grado di scattare da 0 a 100 km/h in poco meno di 7 secondi e di raggiungere una velocità massima di 245 km/h, prestazioni di tutto rispetto che tuttavia classificavano ancora il modello tra le granturismo da passeggio più che tra le vere sportive.

Accoglienza tiepida
La prima serie della Jaguar XJ-S è rimasta sul mercato fino al 1980 ma non è riuscita a bissare il successo della sua illustre antenata. L’accoglienza da parte del pubblico è stata piuttosto fredda, sia per l'aspetto moderno ma non altrettanto iconico rispetto a quello della E-Type sia per le prestazioni.
Numeri a parte, e nonostante la Casa pubblicizzasse la XJ-S come una sportiva pura capace di competere addirittura con le contemporanee Ferrari, anche la guida non ha mai entusiasmato i puristi. Inoltre, il V12 era particolarmente assetato di benzina, una caratteristica ben poco in linea con le criticità energetiche ancora molto sentite nel periodo.

La seconda serie
Per tentare di correggere il tiro, nel 1981 è stata presentata la versione aggiornata della XJ-S, caratterizzata da un rinnovato V12, sempre 5.3, da 300 CV, più potente e più efficiente rispetto a quello precedente. Anche l’estetica è stata leggermente rivista, con l'introduzione di nuovi paraurti con profilo cromato e, soprattutto, di nuovi inserti in legno all'interno dell'abitacolo, un elemento di cui i clienti più affezionati del marchio avevano accusato la mancanza quando, sulla prima XJ-S, avevano trovato l’alluminio spazzolato in luogo della loro amata radica.
La vera rivoluzione è arrivata nel 1983, quando è stata lanciata la variante "base" con motore a 6 cilindri in linea della mitica Serie XK, in questo caso un 3.6 da 225 CV per 330 Nm di coppia abbinato ad un cambio manuale a 5 marce, che concedeva uno 0-100 km/h in 7,4 secondi e una velocità di punta di 220 km/h. Nello stesso periodo, inoltre, è arrivata la prima variante "a cielo aperto" della XJ-S: inizialmente si trattava di una sorta di "targa" con intelaiatura fissa e capote scorrevole battezzata XJ-SC a cui, nel 1988, ha fatto seguito la vera e propria XJ-S Convertible con tetto in tela ripiegabile elettricamente.


La terza serie
L’ultimo capitolo della storia della Jaguar XJS (da questo momento scritto senza più il trattino) si è aperto nel 1991, con il marchio inglese già nelle mani di Ford. Oltre a qualche ulteriore piccolo ritocco estetico, soprattutto nella parte posteriore, le novità riguardavano ancora i motori, con il 12 cilindri portato a 6 litri di cilindrata per 308 CV e il 6 cilindri a sua volta elevato fino a 4 litri e 244 CV.
Inoltre, per la prima volta è stato abbandonato lo schema a Ponte De Dion con freni entrobordo (posizionati cioè subito all'uscita del differenziale) per l’asse posteriore, passato ad uno schema più tradizionale con i freni montati sui mozzi delle ruote. La XJS è uscita definitivamente di scena il 4 aprile del 1996 dopo essere stata prodotta in 115.413 esemplari che sono stati a lungo snobbati anche dai collezionisti.
Oggi, tuttavia così come le varie serie delle berline XJ da cui deriva, la XJ-S attraversa una interessante fase di rivalutazione sul mercato delle vetture classiche, che coinvolge non soltanto i modelli V12 ma anche quelli a 6 cilindri. Gli esemplari in buone condizioni sono attualmente valutati tra i 16.000 e i 22.000 euro e fino a 26.000 per le varianti più pregiate come le convertibili, dai 24.000 ai 33.000 per quelli in perfetto stato di conservazione. Quotazioni destinate a crescere ancora con il riaccendersi dell'interesse collezionistico.

Anche da corsa
Se la storia commerciale della XJS non è stata un grande successo, lo stesso non si può dire di quella sportiva. La coupé inglese ha iniziato la propria carriera agonistica nel 1977 negli Stati Uniti, quando un esemplare è stato iscritto al Campionato Trans Am vincendo il titolo piloti con Bob Tullius, mentre l’anno successivo ha conquistato anche quello costruttori.
Nel 1982, su spinta di Tom Walkinshaw, una XJS è stata iscritta al Campionato Europeo Turismo. La vettura in questione era spinta dal propulsore V12 portato a ben 400 CV e ha sfiorato il titolo sia nell’anno del debutto sia nel 1983, mentre nel 1984, grazie anche all’adozione di una versione ancora aggiornata del motore, stavolta elaborato dalla Cosworth, la XJS ha finalmente messo il proprio sigillo sul campionato.