Herbert Diess è uno che nell’auto elettrica ci crede davvero, a tutti i costi. Il numero uno Volkswagen già in passato si è scontrato con il board aziendale e ha prolungato il suo incarico solo dopo aver ottenuto il consenso di lanciarsi a capofitto sulla transizione ecologica. 

Proprio questa profonda riorganizzazione orientata sulle zero emissioni ha messo nuovamente Diess al centro delle polemiche. La scorsa settimana il ceo del gruppo tedesco è stato infatti aspramente criticato sull'ipotesi di dover tagliare 30.000 posti di lavoro per adeguare il complesso industriale alle necessità di un futuro sempre più elettrico. Un tema che certo non può lasciare indifferenti.

Le critiche dei sindacati

A muovere le critiche più aspre è stata Daniela Cavallo, a capo del consiglio di fabbrica e rappresentante di ben 662.000 lavoratori Volkswagen. “Mostra spesso belle foto che scatta durante le sue trasferte – ha detto la manager di origini italiane riferendosi a Diess – ma non si vedono mai semiconduttori”.

Proprio a fronte della necessità di un confronto su questi temi, Diess ha annullato un viaggio negli Usa per chiarire quanto sta accadendo. Il gruppo è stato colpito dalla crisi dei chip molto duramente e questo ha spinto a ridurre la produzione dello stabilimento di Wolfsburg a livelli che non si vedevano dagli Anni ’50.

Herbert Diess - CEO of Volkswagen Group
Diess alla presentazione della Volkswagen ID.3

“Aveva promesso di arrivare almeno alla produzione di 820.000 vetture come nel 2020 – ha spiegato Cavallo – e invece chiuderemo l’anno intorno a 400.000 a causa della mancanza di chip”. Per questo la presidente del General and Group Works Councils del gruppo chiede che Volkswagen avvii la produzione di una seconda auto elettrica a Wolfsburg ben prima del 2026 (anno in cui la fabbrica darà avvio al Trinity Project).

Il “Diess-pensiero”

Diess, con un accorato post su LinkedIn, ha provato a fare chiarezza sulla sua visione del futuro: “La prossima Golf non deve essere una Tesla. La prossima Golf non deve essere fatta in Cina. La prossima icona deve arrivare da Wolfsburg: Trinity! Non vedo l'ora di affrontare questa importante sfida insieme ai dipendenti di Wolfsburg”.

Tutto bello, ma ha poi aggiunto: “I posti di lavoro che esistono oggi saranno sicuramente meno nei prossimi 10-15 anni, soprattutto a livello dell’amministrazione del gruppo, ma anche nella produzione e nello sviluppo. Ci saranno altri lavori, nuovi e diversi. Non sono né Herbert Diess né Daniela Cavallo a deciderlo. Lo decidono i clienti acquistando nuove auto costruite a Wolfsburg. E dipende da quanto saremo competitivi nel nuovo mondo dell'auto. Cari dipendenti, spero che i vostri figli e i vostri nipoti possano avere ancora un lavoro sicuro a Wolfsburg nel 2030”.

 

Posizione in bilico

Insomma, il mondo cambia e Volkswagen deve adeguarsi. Con essa Wolfsburg, che resta una priorità per il gruppo ma che sarà costretta a qualche ridimensionamento. Il ragionamento non fa una piega, ma la domanda è: le parole spese basteranno o Diess andrà incontro a nuove critiche?

Il fatto è che potrebbe addirittura rischiare il posto. In Germania, infatti, i rappresentanti dei lavoratori hanno molto potere e possono intervenire nella nomina dei componenti del consiglio di amministrazione. Per questo la posizione di Diess è fortemente a rischio. Addirittura, è stata convocata una riunione del comitato di supervisione in cui si discuta proprio del suo futuro all’interno del gruppo.

All'incontro prenderanno parte 20 votanti. Tra questi, 10 saranno rappresentanti dei lavoratori. Gli altri saranno top manager e grandi azionisti come le famiglie Porsche e Piech, che insieme hanno il 31,4% delle azioni, il Qatar (14,6%) e lo stato della Bassa Sassonia (11,8%). Porsche e Piech hanno già detto di avere fiducia in Diess. L’esito della riunione, però, è tutt’altro che scontato.

herbert diess elon musk vw id3
Herbert Diess mostra la ID.3 a Elon Musk

E se spuntasse Musk?

Teoricamente Diess avrebbe ora due strade di fronte a sé: attendere la decisione del comitato di supervisione o magari agire in contropiede, salutando tutti a sorpresa di sua spontanea volontà. Già, ma dove potrebbe andare?

Le occasioni per un top manager del suo calibro non mancano, anche se quando si cambia gruppo ci si deve districare tra vincoli vari e clausole di non concorrenza spesso estremamente stringenti. Vista la sua vocazione per l’auto elettrica, Diess potrebbe portare la sua visione in qualche altro gruppo e accelerare lì la transizione ecologica come ha fatto con Volkswagen.

Oppure - ipotesi fantasiosa, ma solo fino a un certo punto – potrebbe finire da chi le auto elettriche le spinge da tempi non sospetti con risultati un tempo impensabili: Tesla. In fondo, Elon Musk provò ad assumere Diess già nel 2015. Allora non ci riuscì, ma non è detto che sei anni dopo, vista anche la rinsaldata amicizia tra i due, non possa esserci un ritorno di fiamma. Proprio quando l'impronta europea (e tedesca) della Casa di Palo Alto ha iniziato a farsi più forte.