Il settore delle auto e delle moto d'epoca è uno dei più floridi, dal punto di vista economico. Anche se sembra proprio che le amministrazioni regionali si stiano impegnando alla grande per metterlo in crisi. Un esempio? I blocchi della circolazione causa inquinamento. Con leggi diverse da Regione a Regione che, se da una parte mirano a rendere più pulita l'aria, dall'altra causano incertezza a tonnellate.

Soprattutto se si pensa che la media delle vetture d'epoca Euro 0 ma non solo – secondo una stima dell'ASI – viene utilizzata solo per circa 1.000 km all'anno. Vediamo quindi di fare chiarezza in questo complicato intrico di norme ed enti.

Certificato di Rilevanza Storica e Collezionistica

Per essere considerato storico a tutti gli effetti e non semplicemente vecchio, un veicolo deve essere dotato di apposito CRS, ovvero di Certificato di Rilevanza Storica e Collezionistica. Questo documento, in Italia, viene rilasciato da diversi enti: i principali sono l'ASI (Automotoclub storico italiano), l'FMI e i Registri Storici Alfa Romeo, Fiat e Lancia.

Questi sono infatti riconosciuti dalla FIVA (“Fédération Internationale des Véhicules Anciens”), organismo europeo che tutela e protegge i veicoli d'interesse storico e collezionistico. Per la verità, nel nostro Paese ci sono anche altri enti che rilasciano CRS, ma c'è un problema: non sono riconosciuti ufficialmente da tutte le Regioni.

Leggi e leggine

La premessa è doverosa per addentrarci nei meandri delle leggi regionali e locali. Solitamente, i veicoli di interesse storico e collezionistico possono circolare nei weekend, durante le festività e nelle ore notturne, più o meno dalle 19.30 alle 7.30. Ma le norme variano di regione in regione e di città in città.

A Milano, ad esempio, nell'Area B che entrerà in vigore a gennaio 2019 i veicoli storici dotati di CRS possono entrare per 25 giorni, previa registrazione sul portale dedicato. Nessun problema nell'Area C, basta pagare l'ingresso. Per entrare gratis in occasione di manifestazioni o manutenzione, bisogna prima avvertire il Comune tramite un indirizzo mail.

A Roma, non si può accedere nella ZTL Fascia Verde, ma solo dal lunedì al venerdì: libero accesso nei weekend e nelle festività infrasettimanali. A Torino e nei Comuni piemontesi con più di 20.000 abitanti (come si legge sul sito della Regione) “i veicoli di interesse storico e collezionistico possono circolare solo per la partecipazione a manifestazioni o per il tragitto verso l’officina o il centro autorizzato dove farlo revisionare o rottamarlo e con la documentazione in regola”.

Limitazioni a macchia di leopardo

Leggermente più “libertina” Regione Lombardia, che concede (nei comuni di Fascia 1 e 2) la circolazione dei veicoli storici “di cui all’art. 60 del Nuovo Codice della Strada purché in possesso di un documento di riconoscimento redatto secondo le norme del Codice tecnico internazionale della Fédération Internationale des Véhicules Anciens (FIVA), rilasciato da associazioni di collezionisti di veicoli storici iscritte alla FIVA o da associazioni in possesso di equipollente riconoscimento regionale”.

In buona sostanza, l'ASI e pochi altri. In Emilia Romagna, possono circolare “veicoli di interesse storico e collezionistico, di cui all’art. 60 del Nuovo Codice della Strada, iscritti in uno dei seguenti registri: ASI, Storico Lancia, Italiano Fiat, Italiano Alfa Romeo, Storico FMI, ma limitatamente alle manifestazioni organizzate.” Come si vada dal meccanico o a fare la Revisione Periodica non è dato sapere, visto che solitamente i raduni vengono organizzati il sabato o la domenica e le attività in questione nel weekend sono facilmente chiuse.

Oltre 2 miliardi di euro

Come avrete capito, la questione è piuttosto spinosa e non c'è affatto chiarezza: le limitazioni cambiano da Regione a Regione e, spesso, perfino tra Regioni e Comuni non c'è il dialogo necessario. Il risultato è che ci si può imbattere in regole diverse anche nel giro di pochi km: un attimo prima sei nel giusto, un attimo dopo no. C'è da sperare che prima o poi si trovino delle soluzioni comuni e condivise: ne gioverebbe un settore che muove ogni anno oltre 2 miliardi di euro solo in Italia.

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