Solo chi vive in prima persona quegli anni ricorda il marchio Iso Rivolta. Eppure si tratta di uno dei nomi storici dell’automobilismo italiano, che gode per circa un ventennio di una certa fama a livello mondiale.
Un periodo florido, seppur offuscato da ristrettezze finanziarie, che inizia con scooter e moto leggere, tenta il colpaccio con l’avveniristica Isetta e si consolida sulle granturismo destinate a pochi e facoltosi gentleman driver, prima di interrompersi a causa delle turbolenze sociopolitiche degli Anni ‘70. Oggi, ad oltre quarant’anni di distanza dalla sua chiusura, il marchio del Grifone si sta riscattando nel luccicante palcoscenico delle auto storiche.
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Sede nuova, vita nuova
La Isothermos apre i battenti a Genova nel 1939, impegnata nel ramo dei termo riscaldatori, ma passa già ad un nuovo proprietario nel 1942. L’Ingegner Renzo Rivolta la sposta a Bresso, nella periferia di Milano, in un nuovo capannone che sorge nel parco della sua sontuosa residenza.
Si inizia su due ruote
Negli Anni ‘50, quando l’automobile è ancora un lusso per pochi, l’azienda cambia nome in Iso Automotoveicoli e abbandona il settore dei frigoriferi e dei termosifoni elettrici, per entrare nel campo dei veicoli a motore. Si cimenta con gli scooter e le motociclette, di piccola e media cilindrata, ai tempi gli unici mezzi di trasporto che il cittadino medio può permettersi di comprare senza vendere prima un rene.

Modelli come Isoscooter, Isomoto e Isosport ricevono una buona accoglienza sul mercato, seppur senza raggiungere le quote strabilianti di Piaggio Vespa e Innocenti Lambretta. Sono in grado anche di ottenere ottimi piazzamenti in diverse gare di durata, come ad esempio la Milano-Taranto. Il signor Rivolta però ha in mente qualcosa che potrebbe scatenare una rivoluzione nei trasporti.

Gli anni dell’Isetta
Nel 1953, per soddisfare le esigenze dei tanti che vogliono qualcosa di più di un motorino senza avere il budget sufficiente per un automobile, la Iso Automotoveicoli presenta la Isetta. Una vetturetta microscopica su quattro ruote, con le due posteriori ravvicinate rendendo superfluo il differenziale, mossa da un piccolo bicilindrico raffreddato ad aria, che si distingue subito per la sua porta d’accesso anteriore con attaccato il volante.

È un’idea che in Italia può cambiare radicalmente il parco circolante, se non fosse che la Fiat le abbia rubato l’occasione d’oro prima con l'economica 600 e poi con l’ancor più economica 500. L'Isetta ha la faccia tosta di prendere parte alla Mille Miglia e a vari rally, dando prova di robustezza e solidità, ma non riesce a esaudire le grandi speranze che la Iso ripone in lei.
Un aiuto per Monaco
Il progetto della microcar Iso, nonostante tutto, attira l’interesse di alcune industrie straniere, tra cui una malconcia BMW, che ne comprano la licenza di produzione e le fanno raggiungere il successo che le manca in patria.

La gamma Iso si allarga con i commerciali Isocarro 150C, di derivazione motociclistica, Isocarro 500, derivato dall’Isetta, e Isocarro 400. Nei cassetti ci sono i progetti per alcune vetture di piccola taglia, ma Renzo Rivolta, nonostante i pochi mezzi economici e logistici a disposizione, opta per un radicale upgrade.
Eleganza italiana e potenza americana
Negli Anni ‘60, col cambio del nome in Iso Rivolta, arriva la svolta: i progettisti di Bresso, capitanati dal validissimo Pierluigi Raggi, ricevono l’incarico di creare una sportiva di lusso ad alte prestazioni. Il commendator Rivolta ingaggia anche l'ingegner Giotto Bizzarrini, forte di un’esperienza maturata a Maranello. Con la capacità del tecnico livornese, l’estro dello stilista Giorgetto Giugiaro e la robustezza del V8 5.3 della Chevrolet Corvette, opportunamente rivisto nella testata dagli uomini del grifone, nasce la IR 300.

Munita di ponte De Dion, quattro freni a disco e cambio manuale è un’auto che subito conquista l’interesse degli appassionati e ruba un po’ di clienti a Maserati e Ferrari. È una meccanica di scarso prestigio, ma col grande vantaggio di essere prestante e molto affidabile, in grado di sostenere lunghi chilometraggi senza rogne. Una vera instant classic, ma Iso Rivolta è già pronta a mettere su strada altri modelli.

Visioni contrastanti
La casa di Bresso, sempre insieme ai V8 Chevy, presenta la sua nuova punta di diamante, la Grifo, in ben due varianti: l’elegante A3/L, disegnata da Giugiaro per Bertone e adatta all’impiego su strada, e la brutale A3/C, totalmente pensata da Bizzarrini per l’impiego agonistico.

Quest’ultima, in grado di toccare i 300 km/h, viene fatta partecipare, su insistenza di Bizzarrini, alle maggiori competizioni del periodo, incassando diverse soddisfazioni. Al Signor Rivolta però non interessano le gare, solo i risultati di vendita. S’interrompe così la collaborazione col famoso progettista che continua la produzione e lo sviluppo della A3/C da solo.
L’affermazione sulle scene
Le Iso Rivolta, grazie soprattutto alla Grifo GL, evoluzione del prototipo A3/L, diventano degli oggetti del desiderio per diversi volti noti dello spettacolo e dell’alta società, come John Lennon e l’Aga Khan.

La stessa Grifo diventa il modello di maggior successo di questo marchio. Il V8 americano, negli step da 300 e 365 CV, riesce a spingere la vettura a 260 km/h, ma più tardi gli viene affiancato un nuovo 7.0 V8 da 400 CV, con il quale la Grifo tocca la soglia dei 300 km/h. Di questa vettura vengono costruite anche alcune targa e l’unico esemplare di spider.

Di padre in figlio
Nel frattempo Piero Rivolta succede al defunto padre Renzo nella gestione della Iso Rivolta, affrontando sin da subito il rimpiazzo per l’ormai datata IR 300, che cambia nome in GT 300. Sotto la sua dirigenza arriva la prima e unica berlina della casa, la Fidia, disegnata da Giugiaro mentre è impiegato presso la carrozzeria Ghia.

Grazie al motore della Corvette si afferma come una delle poche auto di rappresentanza in grado di andare forte come una sportiva. La GT cede il testimone alla Lele, chiamata così in omaggio alla moglie di Piero. È una coupé a quattro posti la cui carrozzeria è modellata, per conto di Bertone, da Marcello Gandini.

L’ultimo atto
Negli Anni ‘70 le cose diventano difficili per la Iso Rivolta, e non solo per la piaga della crisi petrolifera che si abbatte sulle auto di lusso. L’azienda di Bresso spende molti soldi in una difficile avventura in Formula Uno, come main sponsor del team di un giovane Frank Williams, ingaggiando il pilota Arturo Merzario. Si trova costretta a sostituire i motori Chevrolet con degli analoghi Ford, perché GM pretende i pagamenti anticipati rispetto alla consegna, creando diversi grattacapi ai progettisti.

Piero tenta comunque un rilancio, producendo una moto da neve e richiamando Bizzarrini per creare la Varedo, dal nome della nuova sede dell’attività. È un prototipo disegnato da Ercole Spada che si prefigura come un’avversaria della Lamborghini Countach. Più avanti la Iso Rivolta passa di mano al finanziere Ivo Pera, che porta questo storico marchio a quotarsi alla borsa di New York. Tutti sforzi che si rendono vani, il Grifone è costretto ad arrendersi e a cessare l’attività nel 1974.

Un mancato ritorno
Nel corso degli anni successivi la famiglia Rivolta accarezza più volte il desiderio di tornare a lavorare nel mondo delle quattro ruote. Ci va quasi vicino nel 1990, quando presenta in pompa magna la Grifo 90.

Disegnata da Gandini e pensata per ospitare sotto il cofano il V8 5.7 della contemporanea Corvette, questa vettura è destinata, purtroppo, a rimanere una bellissima concept car.
Una preziosa eredità
Piero Rivolta tenta di ravvivare il marchio di famiglia con la Isigò, un quadriciclo con aspetto da simil fuoristrada e venduto in 500 esemplari, e la Isicity, derivazione elettrica del modello sopracitato, opera della carrozzeria Zagato.

In questo periodo, un gruppo di giovani di Bresso fondano il Comitato Iso Millennium, per riaccendere le luci sulla storia di questa azienda. Riescono a salvare parte dei vecchi capannoni, ma soprattutto riescono a riaccendere l’orgoglio di chi ha una Iso e l’interesse del mondo delle auto classiche. Il tutto grazie a eventi internazionali, pubblicazioni e una costante opera di sensibilizzazione rivolta alle istituzioni.
Di nuovo sotto i riflettori
Per il grande ritorno del nome Iso Rivolta in un salone dell’auto bisogna aspettare l’edizione 2017 del Salone di Tokyo, con la versione dal vivo del modello realizzato da Zagato per il videogioco Gran Turismo.

Di recente le vicende della Iso Rivolta diventano lo scenario per il romanzo di Daniel Speck “Volevamo andare lontano”, trasposto anche in TV dalla RAI. Un’occasione che permette a questo grande nome del passato di farsi conoscere alle generazioni future e di come, anche con una piccola realtà artigianale e finanze precarie, sia possibile creare automobili straordinarie.