Uniti si vince, ma bisogna farlo bene e con gli strumenti giusti, finanziari e soprattutto politici. Negli ultimi anni all'interno del settore auto (ma non solo in questo settore) abbiamo assistito ad un intensificarsi di alleanze, fusioni e acquisizioni rese necessarie dalla ricerca di una maggiore redditività e di nuove economie di scala.

Sembra di contraddire il vecchio modello che vedeva nella diversità e nella concorrenza il miglior stimolo a progredire, e infatti è così. Con l'ultimo esempio di Stellantis, che ha unito due dei principali gruppi, FCA e PSA, alla ricerca di nuove sinergie sempre più globali. Ma cosa significa tutto questo per il tessuto industriale italiano?

La filiera analizza se stessa

Dopo aver analizzato, nelle settimane scorse, gli effetti della campagna incentivi sul fatturato della produzione italiana, compreso quello dei fornitori di componenti per costruttori esteri, ora l'ANFIA (l'associazione che riunisce le aziende della filiera automotive italiana) ha presentato uno studio che si focalizza sulla propensione delle imprese nostrane ad aggregarsi e le migliori soluzioni per uscire dalla crisi post-Covid, intervistando un campione di aziende associate del centro-nord.

La crisi economica (che, come hanno confermato i dati stessi della ricerca, è iniziata prima della pandemia: secondo il 38% degli interpellati il fatturato dell'indotto automobilistico denunciava già forti perdite tra il 2016 e il 2019) e l'arrivo del Coronavirus hanno rappresentato per molti un autentico colpo di grazia. Ma come superare le difficoltà?

Aggregazione vs specializzazione

La situazione italiana in questo contesto appare particolare: il grosso del tessuto imprenditoriale è infatti composto da piccole e medie imprese che negli anni hanno cercato di ritagliarsi un posto puntando non tanto alla sinergia quanto alla ricerca di una sempre maggiore specializzazione. La maggioranza del campione oggetto dello studio è infatti rappresentato da aziende con un fatturato annuo inferiore ai 25 milioni di euro e al tempo stesso per almeno il 40% da commesse estere.

E qui il primo nodo: circa tre quarti degli imprenditori intervistati non ritiene che la crescita del fatturato sia legata alla dimensione aziendale e che si possa ottenere senza bisogno di espandersi, anche se, a parziale contraddizione, l'84% crede che i grandi produttori siano più invogliati a rivolgersi a loro volta ad aziende più grandi e solide. E c'è una parte, superiore al 40%, che giudica sinergie e aggregazioni non poco attraenti e non necessarie.

I punti deboli della sinergia

A preoccupare i più reticenti sono aspetti prettamente gestionali, come il mantenimento dell'autonomia e del controllo dell'impresa, la suddivisione dei ruoli e la salvaguardia dell'occupazione.

In sintesi, i manager italiani vedono nelle fusioni il rischio di "perdere il controllo" della propria azienda e del proprio ruolo, oltre che della propria forza lavoro, preoccupato dal fatto che a molte fusioni e acquisizioni possano seguire tagli e razionalizzazioni.

ANFIA, la filiera italiana crede nelle sinergie

A questo si somma, come ha aggiunto nel corso del suo intervento Paolo Scudieri, presidente di Adler Group e di ANFIA, la convinzione che la maggior parte di queste collaborazioni siano finalizzate a progetti e sinergie a breve termine ma possano non avere sbocchi sul lungo periodo.

Gli aspetti positivi

I punti su cui più o meno tutti si trovano d'accordo sono invece la necessità di seguire l'evoluzione tecnologica (85%), anche se il 70% dichiara di non reinvestire più del 6% del fatturato annuo nella ricerca e sviluppo, mentre meno di un'azienda su 10 arriva al 10%.

ANFIA, la filiera italiana crede nelle sinergie

Ed è qui che interagire può portare i benefici migliori: quasi il 50% delle imprese considera prioritarie proprio le sinergie ottenibili in questi ambiti, piuttosto che sui prodotti stessi e sulla solidità finanziaria. In più, c'è l'opportunità di cavalcare le nuove tendenze della mobilità e della digitalizzazione, che secondo il 75% degli intervistati possono portare ad opportunità di crescita.

ANFIA, la filiera italiana crede nelle sinergie

Non è questioni di soldi, ma di politica

Cosa trattiene, dunque, le aziende della filiera nostrana dal cercare con maggior convinzione delle sinergie a cui si attribuiscono tanti vantaggi? Meno del 60% delle aziende ritiene che il limite sia anche legato alla capacità di investimento e quindi alla carenza di strumenti finanziari a disposizione delle imprese, ma il 34% mette in cima alla lista la mancanza di politiche industriali favorevoli a questo tipo di operazioni e il 71% giudica fondamentale un intervento governativo per sbloccare la situazione.

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