Tanto tuonò che la siccità è rimasta. La danza della pioggia cadenzata dalle varie associazioni che rappresentano la filiera automotive non ha avuto effetti nei totem della politica.
E dire che sulla legge di Bilancio si sono abbattute le consuete precipitazioni di emendamenti, ma quello che comunemente si chiama assalto alla diligenza (tanto per rimanere in clima da Far west) non ha minimamente preso in esame un settore, l’automobile, che va a tutti gli effetti considerato strategico per il Paese. E che, a seconda degli angoli prospettici, vale tra il 10 e il 20% del Pil italiano, trainando un comparto manifatturiero che è secondo in Europa solo alla Germania.
L'assalto alla diligenza
L’esame della manovra in commissione Bilancio del Senato si è chiuso ieri, come di consueto, con l’approvazione di qualche emendamento folkloristico (7 mila euro per l'esonero dal pedaggio autostradale di vigili del fuoco, forestale e protezione civile della Valle d'Aosta), con il braccio di ferro tra il Governo e la sua stessa maggioranza per definire il provvedimento omnibus e con le forze politiche pronte a rivendicare chissà quale successo ottenuto in extremis.
Così come succede ogni fine anno (ma stavolta con qualche ovvia giustificazione in più), sono state distribuite risorse ai settori più disparati: dal trasporto pubblico di Venezia (40 milioni), ai vetrai di Murano (5 milioni), al distretto tessile di Prato (10 milioni), tanto per fare qualche esempio.
Ma l’auto è rimasta in panne. Neanche lo straccio di un incentivo, né di una programmazione pluriennale (e con l'aula il 27, più il ping-pong tra le due Camere, pare impossibile una modifica dell'ultima ora, escludendo ovviamente l'esercizio provvisorio).
A nulla è valso il pressing in zona Cesarini delle associazioni di settore con argomenti importanti se non sacrosanti: perdita drammatica di competitività del sistema-Italia, mercato a passo di gambero eventualmente anche sul fonte delle vetture elettriche, proprio quelle che dovrebbero assicurare la tanto sbandierata sostenibilità ambientale, rischi pesantissimi sull’occupazione.
Parole, parole, parole
Questo disinteresse stona ancora di più se andiamo a rileggere il comunicato del Cite (Comitato interministeriale per la transizione ecologica), nel quale i tre ministri competenti (Giorgetti, Cingolani, Giovannini) assicuravano che la decisione a sorpresa dello stop alla vendita di auto endotermiche sarebbe stato accompagnato dalla messa in campo di “tutte le soluzioni funzionali alla decarbonizzazione dei trasporti in una logica di 'neutralità tecnologica' valorizzando, pertanto, non solo i veicoli elettrici ma anche le potenzialità dell’idrogeno, nonché riconoscendo - per la transizione - il ruolo imprescindibile dei biocarburanti, in cui l’Italia sta costruendo una filiera domestica all’avanguardia".
Quale occasione migliore per iniziare questo percorso strategico di “valorizzazione” della filiera se non la legge di Bilancio? Considerando poi che tra i grandi Paesi europei siamo l’unico che nel Pnrr non si degna nemmeno di citare l’automobile.
Politica folle o in folle?
Forze politiche a emissioni (normative) zero, quindi, salvo qualche raro caso di parlamentare assennato. Governo che fa l’indiano (inteso come abitante dell’omonimo sub continente). Ma perché? Miopia, pressappochismo, classificazione degli interessi in base alla convenienza elettorale, mancanza di visione strategica, falsa percezione della realtà (come a pensare – in modo totalmente errato - che le Case sono ormai di fatto tutte all’estero, guadagnano miliardi nonostante la crisi e, quindi, a noi cosa interessa?).
Forse tutto questo o forse niente di ciò. Magari, visti i continui cambiamenti di rotta, di annunci contrastanti, di promesse fatte e non mantenute, nei Palazzi romani c’è solo bisogno di schiarirsi ben bene le idee.
Noi che invece le auto le guidiamo sappiamo che vorremmo tante cose (elenco lunghissimo). Una di queste è però sacrosanta e doverosa: la certezza del diritto, delle decisioni prese, dei provvedimenti approvati. Senza di ciò uno Stato non può definirsi moderno e dalla parte dei cittadini. Sarà pure un governo di Draghi, ma in questo caso a fare fuoco e fiamme sono – giustamente – gli automobilisti e l’industria delle “macchine”.