Lo scoppio della guerra in Ucraina e le sanzioni già imposte o previste dalla maggioranza dei Paesi occidentali nei confronti della Russia hanno già sconvolto il mercato del petrolio e fatto salire i prezzi a livelli record che non si vedevano da giugno 2008.

Questa spirale di aumenti che vede oggi il greggio superare i 122 dollari al barile contro i 60 dollari/barile del 1° dicembre 2021, segue quelli provocati dalla pandemia e rischia di portare a quotazioni ancora più alte il petrolio (e i carburanti), spinte anche dai timori di un possibile embargo al petrolio russo su cui stanno lavorando Stati Uniti ed Europa.

Ma cosa significherebbe questo stop per l'Europa intera e per l'Italia in particolare? Cerchiamo di capirlo andando anche a vedere qual è il livello di dipendenza del nostro Paese nei confronti del petrolio russo.

La Russia è il più grande esportatore di petrolio

Se tutte le esportazioni di petrolio dalla Russia verso gli USA e i Paesi europei fosse interrotte, stima il Financial Times, alle raffinerie di tutto il mondo verrebbe a mancare un 5% delle loro forniture, mentre il totale dei prodotti raffinati subirebbe un taglio del 10%.

Il tutto perché la Russia è il terzo produttore mondiale di petrolio, con 11,3 milioni di barili al giorno contro i 17,6 milioni di barili degli Stati Uniti e i 12 milioni di barili dell'Arabia Saudita. La Russia è anche il più grande esportatore di petrolio sui mercati globali, con 7,8 milioni di barili al giorno a dicembre 2021 suddivisi in 5 milioni di greggio e condensato e 2,85 milioni di prodotti petroliferi raffinati. Di queste esportazioni russe, il 60% va ai Paesi europei membri dell'Ocse e il 20% alla Cina.

Queste forniture di petrolio russo arrivano nel Vecchio Continente soprattutto attraverso l'oleodotto Druzhba (letteralmente "Dell'amicizia") che porta in Europa 750.000 barili di petrolio al giorno. Particolarmente a rischio in questo momento, sottolinea la Iea (Agenzia internazionale dell'energia), è quel ramo dell'oleodotto che passa per l'Ucraina e rifornisce direttamente Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca.

L'Italia importa il 13% del suo petrolio dalla Russia

Qui sotto trovate invece una tabella pubblicata dalla Iea con le percentuali di petrolio russo sul totale delle importazioni dei diversi Paesi Ocse e aree geografiche (migliaia di barili al giorno, a novembre 2021). Per l'Europa abbiamo ordinato la tabella in base alla dipendenza da Mosca.

Paese/Area geografica Totale importazioni di petrolio Totale importazioni di petrolio dalla Russia Percentuale importazioni dalla Russia
Lituania 224 185 83%
Finlandia 309 246 80%
Slovacchia 148 109 74%
Polonia 878 509 58%
Ungheria 216 92 43%
Estonia 38 13 34%
Germania 2.748 835 30%
Grecia 683 200 29%
Norvegia 183 45 25%
Lettonia 37 9 24%
Belgio 1.189 278 23%
Paesi Bassi 3.184 748 23%
Repubblica Ceca 244 52 21%
Turchia 1.201 258 21%
Danimarca 189 28 15%
Francia 1.844 233 13%
Italia 1.521 204 13%
Spagna 1.677 183 11%
Regno Unito 1.567 170 11%
Portogallo 310 31 10%
Svezia 492 43 9%
Irlanda 184 11 6%
Austria 291 8 3%
Islanda 14 - 0%
Israele 359 - 0%
Lussemburgo 59 - 0%
Slovenia 75 - 0%
Svizzera 202 - 0%
Totale Europa 13.186 4.492 34%
Totale Americhe 3.678 626 17% 
Totale Oceania Asia 8,589 439 5%
Totale Paesi Ocse 21.465 5.556 26%
Decisamente alta è la percentuale di importazioni di petrolio russo sul totale delle importazioni nei Paesi europei Ocse, pari al 34% del fabbisogno continentale. Tra questi ci sono alcune nazioni che dipendono in maniera preponderante dal greggio di Putin, in particolare Lituania (83%), Finlandia (80%) e Slovacchia (74%), mentre tra i mercati principali spicca il 30% della Germania e il 23% dei Paesi Bassi.
In questa graduatoria l'Italia si pone verso la metà della classifica europea con il 13% di importazioni di petrolio dalla Russia, esattamente come la Francia e poco oltre la Spagna e il Regno Unito che stanno all'11%.