Il Parlamento europeo ha detto “sì” al divieto di vendere nuove auto benzina, diesel e con motori a combustione dal 2035. Strasburgo, dopo giornate di trattative, si è espressa sulle nuove regole contro le emissioni dei veicoli con 339 voti favorevoli, 249 contrari e 24 astensioni.
Bocciato invece l’emendamento che proponeva di abbassare il target sulla riduzione della CO2 dal 100% al 90%, lasciando in vita una quota di motori a combustione. Approvato, al contrario, quello bipartisan a prima firma Massimiliano Salini (Ppe) che mette al riparo fino al 2036 i costruttori più piccoli, come quelli della Motor Valley, dall’aggiornamento dei limiti alle emissioni di CO2 (-15% al 2025 e -55% al 2030 rispetto al 2021).
A questo punto, dopo un veloce passaggio formale nelle commissioni competenti dell’Europarlamento, la palla passa al Consiglio europeo, che si confronterà con la Commissione Ue e l’Europarlamento durante il cosiddetto “trilogo”, per portare il Vecchio Continente a una decisione definitiva su questo tema così delicato. Ma vediamo come si è arrivati a questa storica giornata e quali saranno i prossimi passi.
Una trattativa difficile
Lo stop alle vetture endotermiche si inserisce nel pacchetto di riforme climatiche Fit for 55, presentato dall’esecutivo Ue lo scorso luglio con l’obiettivo di ridurre le emissioni totali di CO2 dell'economia europea del 55% – rispetto al 1990 – entro il 2030, per poi puntare alla totale neutralità climatica nel 2050, come previsto dal Green Deal europeo.
Ma questo è stato solo il primo step del lungo processo che ha portato alla decisione di oggi. Un voto che ha diviso non solo la politica europea, ma anche quella italiana, tra chi è favorevole al phase-out e chi, invece, è più scettico.
Fanno parte del primo schieramento gli eurodeputati del Partito democratico, che già prima del voto avevano espresso il loro appoggio al bando per bocca del segretario Enrico Letta: “Oggi a Strasburgo noi votiamo a favore del pacchetto per il clima Fit for 55”, era stato uno dei suoi tweet.
Non sono perciò mancate le polemiche: “Perché il PD non vota al Parlamento europeo l’emendamento del Partito popolare europeo che propone di ridurre dal 100% al 90% lo stop alle auto non elettriche? Serve a salvare decine di migliaia di posti di lavoro”, aveva risposto Antonio Tajani di Forza Italia, riferendosi all’emendamento presentato dall’eurodeputato Massimiliano Salini in commissione Trasporti (primo firmatario come detto anche di quello approvato per mettere al riparo la Motor Valley dai nuovi limiti fino al 2036).
Una modifica che, come accennato, non avrebbe previsto il divieto totale di immatricolare nuovi motori a combustione. Le Case avrebbero avuto così la possibilità di vendere ancora una quota di veicoli endotermici, ridotta al 10%.
Della stessa posizione era la Lega, che ha denunciato come, “senza importanti modifiche” al pacchetto, potrebbe aggravarsi “la crisi di competitività del sistema produttivo italiano ed europeo”: parola degli europarlamentari Marco Campomenosi e Marco Zanni.
D’accordo anche Raffaele Fitto, di Fratelli d’Italia, secondo il quale il Fit for 55 deve non solo “tutelare l’ambiente“, ma anche “le imprese, che producono e danno lavoro in Europa come in Italia”.
Non fermarsi, ma trovare soluzioni, è stato invece il mantra del Movimento 5 Stelle. Come spiegato a Quotidiano Energia dal parlamentare europeo Fabio Massimo Castaldo, uno dei “punti fondamentali” è “un fondo specifico per la transizione nel comparto automobilistico, al fine di affrontare qualsiasi impatto negativo sull’occupazione, oltre a norme specifiche per evitare eventuali delocalizzazioni”.

Aveva fatto discutere in precedenza anche la posizione del Governo italiano, che si è detto più volte contrario a uno stop totale a benzina e diesel, reclamando spazio per i biocarburanti. E questo nonostante il Cite avesse annunciato lo scorso dicembre che anche il nostro Paese avrebbe dato l’addio ai veicoli tradizionali dal 2035.
Il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, è tornato sulla questione nelle ultime ore, durante “Italia 2022: Persone, Lavoro, Impresa”, sostenendo che la proposta del Ppe per uno stop parziale sarebbe stata “ragionevole”. Insomma, pure nell’esecutivo non mancano visioni contrapposte sul tema.
I prossimi passi
Dopo quello di oggi all’Europarlamento, il prossimo appuntamento da segnare in calendario è il Consiglio Ambiente dell’Ue, che si terrà il 28 giugno. Un passaggio che definirà la posizione degli Stati membri nella trattativa con le altre due Istituzioni europee.
La partita potrebbe chiudersi entro l’autunno. Il destino dell’auto in Europa non è quindi deciso, ma la decisione di oggi avrà sicuramente un peso enorme sul prosieguo delle trattative.